Gestione Separata INPS anche per professionisti che non versano il contributo soggettivo
Pubblicato il 17 dicembre 2018
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Sono obbligati ad iscriversi alla Gestione Separata INPS (L. n. 335/1995), e versare quindi la relativa contribuzione alla cassa dell’Istituto previdenziale, anche quei professionisti che – pur essendo tenuti ad iscriversi all’Albo di categoria – non versano il corrispondente contributo soggettivo alla Cassa previdenziale di appartenenza. Stiamo parlando, ad esempio, di ingegneri, architetti e avvocati che, nell’esercitare la propria attività professionale, versano alle rispettive casse previdenziali esclusivamente il contributo integrativo (e non anche il contributo soggettivo), senza obbligo di iscrizione.
Ciò ha prodotto negli ultimi anni numerose controversie tra l’INPS e la compagine dei professionisti. Ultimo intervento della giurisprudenza, che sembra chiarire definitivamente la posizione tra la pubblica amministrazione ed i professionisti sono le sentenze n. 32506/2018 e 32508/2018 della Corte di Cassazione. Ecco nel dettaglio la decisione degli ermellini.
Iscrizione alla Gestione Separata INPS
Innanzitutto, appare utile comprendere chi sono i soggetti tenuti ad iscriversi alla Gestione Separata INPS, e perché nasce questa nuova forma di contribuzione. Ebbene, la predetta gestione nasce dalla L. n. 335/1995 (c.d. Riforma Dini), avente l’obiettivo di assicurare una tutela previdenziale a tutte quelle categorie di lavoratori fino ad allora escluse, scoperte dal punto di vista previdenziale, e dunque con il rischio di non percepire alcun trattamento previdenziale alla pensione.
In particolare, l’art. 2, co. 26 dispone l’iscrizione alla Gestione Separata:
- di tutte le categorie residuali di liberi professionisti, per i quali non è stata prevista una specifica cassa previdenziale; nella fattispecie devono, quindi, essere ricompresi anche i professionisti con cassa previdenziale, nel caso in cui, ai sensi del suo regolamento, l'attività non sia iscrivibile;
- della quasi totalità delle forme di collaborazione coordinata e continuativa, che fino ad allora non avevano mai beneficiato di alcuna disciplina specifica, né giuridica, né previdenziale;
- della categoria dei venditori a domicilio, ex art. 36, L. 426/71.
Con successive disposizioni di legge sono stati assicurati alla Gestione anche altri lavoratori, quali:
- spedizionieri doganali non dipendenti;
- beneficiari di borse di studio per la frequenza ai corsi di dottorato di ricerca;
- amministratori locali;
- associati in partecipazione;
- medici con contratto di formazione specialistica.
Iscrizione alla gestione separata. Ambito oggettivo
Con particolare riferimento ai liberi professionisti titolari di Partita Iva, ma non iscritti ad alcuna cassa professionale, l’iscrizione alla Gestione Separata è dettata dalla definizione contenuta all’art. 53, co. 1 del Tuir che ne identifica i requisiti, vale a dire:
- contenuto artistico o professionale dell’attività di lavoro autonomo, secondo la definizione data dal TUIR;
- autonomia del lavoro: l’attività deve essere svolta senza vincoli di subordinazione, decidendo autonomamente tempi, modalità e mezzi necessari per l’esecuzione;
- abitualità e professionalità del lavoro: questa condizione si ritiene realizzata quando il soggetto pone in essere una pluralità di atti coordinati e finalizzati ad un risultato, soprattutto se svolti nei confronti di una pluralità di soggetti. Non occorre che tale attività sia esclusiva né prevalente, basta solo che sia abituale;
- natura non di impresa: l’attività di lavoro autonomo si caratterizza per la personalità della prestazione e per la prevalenza del fattore “lavoro” sul capitale, mentre nell’attività condotta sotto forma di impresa prevale il fattore “organizzazione” delle risorse produttive (beni, servizi e risorse umane). Si consideri, comunque, che ai fini fiscali (quindi previdenziali) non si considera esercizio di arte e professione lo svolgimento delle attività elencate nell’art. 55 del TUIR (ex art. 51 – Redditi d’impresa). Viceversa, sono sicuramente da inquadrare nel lavoro autonomo le attività protette da appositi albi professionali o che comunque richiedono un titolo abilitante per il loro esercizio;
- infine, esercizio in forma associata mediante la riunione di persone fisiche in associazioni senza personalità giuridica. Tale possibilità è espressamente prevista dall’art. 53, c. 1 del TUIR: ai fini fiscali, tali associazioni sono equiparate alle società semplici (art. 5, c. 3, lett. c del TUIR) e ciascun professionista dichiara singolarmente la propria quota di partecipazione nel modello unico.
La sentenza
Tornando alla sentenza in questione, gli ermellini - per risolvere una diatriba oramai decennale - prendono il via dalle motivazioni per cui è nata la Gestione Separata INPS, e lo fanno richiamando la sentenza 3240/2010 a Sezioni Unite.
Tale sentenza precisa che la Gestione Separata INPS serve non solo a lavoratori che non ne erano prima beneficiari, ma anche a specifiche attività escluse in precedenza.
Inoltre, affinché scatti l’iscrizione alla Gestione Separata INPS (dunque la conseguente obbligazione contributiva) è sufficiente:
- la mera percezione di un reddito;
- la compatibilità dell’iscrizione di un lavoratore a due gestioni previdenziali.
Infatti, l’art. 49, co. 16, della L. n. 449/1997 prevede un’aliquota specifica della gestione separata per chi è già iscritto ad altra forma di previdenza obbligatoria.
In definitiva, il professionista che svolge una duplice attività lavorativa è tenuto automaticamente anche alla duplice iscrizione. L'adempimento viene meno solo se il reddito prodotto dall’attività professionale predetta è già integralmente oggetto di obbligo assicurativo gestito dalla cassa di riferimento.
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