Familiari e lavoro dipendente, la svolta dell’INPS
Pubblicato il 24 dicembre 2015
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L’INPS, con messaggio n. 7068 del 20 novembre 2015, ha fornito indicazioni in merito alle modalità di svolgimento delle verifiche ispettive nel settore dell’agricoltura.
Nell’ottica di garantire l’uniformità dell’attività ispettiva, le indicazioni riprendono, in gran parte, le istruzioni diramate dal Ministero del Lavoro, in ordine alle procedure e ai contenuti degli accertamenti ispettivi.
Il messaggio, se pur riguardante il settore dell’agricoltura, contiene passaggi di valenza generale, ai quali, pertanto, può essere conferita valenza trasversale, non limitata al settore merceologico agricolo.
A tale riguardo, vengono in rilievo le tecniche di accertamento ispettivo nei confronti di imprenditori legati da vincoli familiari con il personale dipendente.
La circolare INPS n. 179/89
Per il personale ispettivo dell’INPS il punto di riferimento in materia è costituito dalla circolare n. 179, emanata dall’Istituto nel lontano 1989. Tale circolare rubricata “Accertamenti e valutazione della sussistenza del rapporto di lavoro subordinato” sancisce, tra l’altro, una sorta di presunzione di non genuinità dei rapporti di lavoro subordinati instaurati dalla parte datoriale con familiari o affini conviventi. Invero, a detta dell’INPS, le prestazioni lavorative eseguite dai predetti familiari conviventi si presumono gratuite e non ricollegabili ad un rapporto di lavoro, essendo a tale fine non necessaria la verifica volta a disconoscere il rapporto di lavoro.
In assenza del requisito della convivenza, invece, l’Istituto qualifica come oneroso il rapporto di lavoro: resterebbe perciò salva la possibilità per il personale ispettivo di procedere ad accertamenti, volti a saggiare la genuinità del rapporto di lavoro.
Per le società di persone, invece, la presunzione di gratuità risulterebbe condizionata dall’entità dell’apporto di capitale dei vari soci: la subordinazione, infatti, verrebbe esclusa de plano solo qualora il lavoratore sia legato da vincoli familiari con il socio di maggioranza, ovvero con l’amministratore unico della società.
Ebbene, per vincere la presunzione di gratuità occorre che il soggetto che invoca l’esistenza del rapporto subordinato fornisca prova precisa e rigorosa circa l’esistenza dei requisiti della subordinazione e dell’onerosità delle rispettive prestazioni. L’assunto de quo viene spesso applicato nei rapporti instaurati nell’ambito di imprese individuali, di società di persone e di attività non rientranti nel concetto di impresa (es. studi professionali, i quali tuttavia sembra che soffrano di un vuoto di tutele, atteso che il familiare non appare iscrivibile neppure come collaboratore familiare).
La circolare del Ministero del Lavoro n. 10478 del 10 giugno 2013
Il Ministero del Lavoro ha assunto sull’argomento una posizione ufficiale con circolare n. 10478 del 10 giugno 2013, nella quale viene sostanzialmente garantita ai familiari, che svolgono attività non occasionale in favore del coniuge, parente o affine, la possibilità di instaurare rapporti subordinati, senza incorrere in provvedimenti di disconoscimento del rapporto di lavoro.
Infatti, nel momento in cui la circolare prescinde dal requisito della convivenza, inverte l’onere della prova e pone a carico dell’organo ispettivo il compito di dimostrare la non sussistenza della subordinazione: in ragione di ciò si restringono significativamente i margini della presunzione di gratuità e conseguentemente si allargano le maglie della subordinazione, che, per l’effetto, potrà essere addotta e riconosciuta sic et simpliciter, anche tra soggetti legati da vincoli familiari.
L’assunto, in altre parole, sembra prendere le distanze dal principio, sotteso alla circolare n. 179 del 1989 dell’INPS e più volte affermato dalla Corte di Cassazione, per cui l’onere di dimostrare l’esistenza della subordinazione spetterebbe solo ed esclusivamente al soggetto che ne invoca gli effetti, sia esso il lavoratore, il datore di lavoro ovvero l’organo ispettivo (Cass. civ. Sez. lavoro, 20/04/2011, n. 9043; Cass. civ. Sez. lavoro, 02/08/2010, n. 17992). A ben vedere, l’istruzione ministeriale grava il personale ispettivo di una prova negativa, che confligge con il principio negativa non sunt probanda (i fatti negativi non vanno provati) e che rischia di evocare una probatio diabolica. Infatti, la valutazione circa la sussistenza o meno del rapporto di lavoro subordinato tra familiari, difficilmente potrebbe basarsi sulle dichiarazioni testimoniali di coloro che risultano titolari delle posizioni soggettive nascenti del rapporto oggetto di dimostrazione. È evidente, infatti, che tali soggetti, nella prospettiva di fruire delle relative prestazioni previdenziali, hanno specifico interesse al fatto che tale requisito venga ritenuto sussistente. L’accertamento dovrebbe semmai coinvolgere soggetti terzi soggetti, che spesso non hanno contezza dei contenuti del rapporto di lavoro altrui.
Il messaggio INPS n. 7068 del 20 novembre 2015
La divaricazione tra la posizione espressa dall’INPS e quella enunciata del Ministero del Lavoro sembra attenuarsi proprio a seguito del messaggio n. 7068 cit., nel quale viene stabilito che “particolare cura va riposta nella raccolta degli elementi probatori a sostegno dell’annullamento di rapporti di lavoro dipendente, agricoli e non agricoli, costituiti fittiziamente al solo scopo di percepire prestazioni indebite, dal momento che accertamenti di natura induttiva o improntati sull’analisi del comportamento aziendale nel suo complesso, senza precisi riferimenti al singolo rapporto annullato, sono difficilmente sostenibili in sede di contenzioso”.
In tale contesto sembra rilevante l’affermazione per cui l’accertamento dovrà essere meticoloso anche “nella fotografia degli assetti societari e familiari che hanno dato luogo alla costituzione di rapporti di lavoro dipendente tra componenti dello stesso nucleo familiare, in contrasto con il principio della gratuità di tali prestazioni di lavoro e del relativo onere della prova contraria, al fine di evitare gli annullamenti motivati esclusivamente da rapporti di parentela”.
In quest’ultima asserzione sembra che si annidi un’intima contraddizione, atteso che proprio il principio della prova contraria (per cui la subordinazione va dimostrata dal soggetto che la invoca) escluderebbe la necessità di procedere ad accurate verifiche volte a negare la subordinazione addotta dai familiari dell’imprenditore, stante, per l’appunto, l’operatività del principio di gratuità delle prestazioni di lavoro rese dai predetti soggetti.
In ogni caso, sembra che il messaggio n. 7068 cit. costituisca una segnale di cesura rispetto al contenuto della circolare n. 179 cit., allineandosi per altro verso alle posizioni espresse dal Ministero del Lavoro con circolare n. 10478 cit.. In prossimità dell’Ispettorato Nazionale, un passo, in sostanza, verso un’unificazione di indirizzi operativi, più o meno condivisibili, ma che comunque avrebbero il merito di garantire la certezza dei rapporti.
Le considerazioni espresse sono frutto esclusivo dell’opinione degli autori e non impegnano l’amministrazione di appartenenza
Ogni riferimento a fatti e/o persone è puramente casuale
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