Fallimento datore: per il TFR insinuazione al passivo del dipendente
Pubblicato il 11 luglio 2023
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Nuova pronuncia della Corte di cassazione sulla delicata e complessa questione dell'individuazione del soggetto titolare della pretesa concorsuale nei confronti del datore di lavoro insolvente, e pertanto dichiarato fallito.
La legittimazione ad insinuarsi al passivo spetta al lavoratore o al Fondo di previdenza complementare?
Con sentenza n. 19510 del 10 luglio 2023, la Suprema corte ha ribadito i principi recentemente espressi nella recente decisione n. 16116/2023, con la quale è stato puntualizzato che la legittimazione a chiedere l'ammissione al passivo per le quote di TFR maturate e accantonate ma non versate al Fondo di previdenza complementare spetta, di regola, al lavoratore, in considerazione dello scioglimento del rapporto di mandato in cui si estrinseca la delegazione di pagamento al datore di lavoro.
Vi è tuttavia un'eccezione, che si realizza nel caso in cui, dall'istruttoria, emerga che vi sia stata una cessione del credito in favore del Fondo, al quale, nella predetta ipotesi, spetta la legittimazione attiva.
Natura previdenziale quote all'attuazione del vincolo di destinazione
Nella nuova decisione, gli Ermellini hanno poi aggiunto le medesime puntualizzazioni già espresse nella successiva pronuncia n. 18477/2023.
E così, è stato precisato che il datore di lavoro assume l'obbligo, sulla base di un mandato ricevuto dal lavoratore, di accantonare e versare ad esso la contribuzione o il TFR maturando.
Fino a quando il versamento non è compiuto, le somme accantonate hanno natura retributiva mentre diventano previdenziali all'attuazione del vincolo di destinazione.
Il mancato versamento, da parte del datore insolvente, della contribuzione o delle quote di TFR, comporta, in considerazione della risoluzione per inadempimento del mandato, il ripristino della disponibilità piena in capo al lavoratore delle risorse accantonate, di natura retributiva.
Il fallimento del datore di lavoro, mandatario del lavoratore, comporta lo scioglimento del contratto di mandato e il ripristino della titolarità, spettante di regola al lavoratore, così legittimato ad insinuarsi allo stato passivo, salvo - come sopra precisato - che vi sia stata una cessione del credito.
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