TFR e fallimento del datore: la Cassazione torna sull'insinuazione al passivo
Pubblicato il 29 giugno 2023
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A pochi giorni dalla recente sentenza n. 16116/2023, la Cassazione è tornata pronunciarsi sulla questione relativa al soggetto legittimato ad insinuarsi allo stato passivo per le quote di Tfr non versate, nelle ipotesi di fallimento del datore di lavoro.
Nella richiamata decisione, gli Ermellini avevano puntualizzato che la legittimazione ad insinuarsi al passivo per le quote di TFR maturate e accantonate ma non versate al Fondo di previdenza complementare spetta, di regola, al lavoratore, stante lo scioglimento del rapporto di mandato in cui si estrinseca la delegazione di pagamento al datore di lavoro.
Questo, eccetto il caso in cui, dall'istruttoria, emerga che vi sia stata una cessione del credito in favore del Fondo, al quale, nella predetta ipotesi, spetta la legittimazione attiva ai sensi dell'art. 93 legge fallimentare.
Fallimento datore, quote di TFR e insinuazione al passivo
Ebbene, con la sentenza n. 18477 del 28 giugno 2023, la Sezione Lavoro della Cassazione, dopo aver richiamato e fatto proprie le conclusioni della citata pronuncia, ha fornito ulteriori precisazioni sulla tematica.
In primo luogo, gli Ermellini hanno voluto puntualizzare la distinzione dei rapporti:
- tra lavoratore e datore di lavoro, rapporto da cui il primo trae, con una parte della propria retribuzione, le risorse per la contribuzione o il conferimento delle quote di TFR maturando;
e
- tra lavoratore e Fondo di Previdenza Complementare, rapporto di natura contrattuale per il conseguimento, da parte del lavoratore medesimo, attraverso l'investimento da parte del Fondo, di una prestazione previdenziale integrativa.
Fallimento: contratto di mandato sciolto, insinuazione al passivo del dipendente
Fatta tale premessa, la Corte ha evidenziato come il datore di lavoro assuma l'obbligo, sulla base di un mandato ricevuto dal lavoratore e salvo che non risulti dallo statuto del Fondo una cessione del credito, di accantonare e versare ad esso la contribuzione o il TFR maturando.
Fino a che si compie il versamento da parte del datore di lavoro, la contribuzione o le quote di TFR conferite, accantonate presso il datore medesimo, hanno natura retributiva; per contro, la prestazione integrativa erogata al lavoratore ha natura previdenziale.
Il mancato versamento, da parte del datore insolvente, della contribuzione o delle quote di TFR, comporta, in considerazione della risoluzione per inadempimento del mandato, il ripristino della disponibilità piena in capo al lavoratore delle risorse accantonate, di natura retributiva.
Esse, infatti, assumono natura previdenziale, soltanto all'attuazione del vincolo di destinazione, per effetto del suo adempimento.
Per finire un'ulteriore precisazione: il fallimento del datore di lavoro, mandatario del lavoratore, comporta lo scioglimento del contratto di mandato e il ripristino della titolarità, spettante di regola al lavoratore che risulta, così, legittimato ad insinuarsi allo stato passivo, salvo che - come già precisato - dall'istruttoria emerga che vi sia stata una cessione del credito in favore del fondo, cui in tal caso spetta la legittimazione attiva.
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