Esercizio del potere di controllo dei soci nella s.r.l.
Pubblicato il 27 ottobre 2016
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Ampia prerogativa all'iniziativa individuale
L’art. 2476 c.c. assume un ruolo centrale per la definizione di alcuni meccanismi di governance che caratterizzano una s.r.l. La norma rappresenta il principio su cui si basa il sistema di tutela dei diritti della minoranza, che riconosce ai soci non amministratori un potere di controllo sull’andamento della gestione, come strumento propedeutico alla tutela del socio sia nei confronti degli amministratori per accertare la loro responsabilità verso la società sia quando agisce per ottenere il risarcimento di un danno direttamente subito (azione individuale).
Le prerogative affidate all’iniziativa individuale del socio si inseriscono in un contesto organizzativo, rappresentato dalla rilevanza del ruolo rivestito dallo stesso nell’attività dell’impresa, in linea con i principi ispiratori della riforma del diritto societario (Legge 13 ottobre 2001, n. 366), recepiti dal decreto di attuazione D.lgs. n. 6 del 17 gennaio 2003.
In tale contesto il legislatore per “pareggiare” il potere attribuito alla maggioranza ha dato ai soci di minoranza alcuni strumenti che si possono definire di “partecipazione” e di “uscita”: i primi consentono al socio di incidere sulle scelte della società e su coloro che concretamente le adottano, i secondi sono relativi alla facoltà di liberarsi del vincolo sociale (diritto di recesso).
Il potere di controllo
Nell'ambito dei poteri di controllo dei soci si può distinguere un diritto all'informazione ed uno di consultazione, che consentono di esprimere tutto ciò che ne deriva da tale status, ovvero il diritto di voto e il potere di rilevare tutti gli elementi necessari all’attivazione degli opportuni meccanismi sanzionatori nella ipotesi di uno scorretto svolgimento della gestione d'impresa.
La disposizione in commento si colloca all’interno della disciplina sulla responsabilità degli amministratori, che, da un lato, definisce i presupposti sui quali essa si fonda (art. 2476, 1° comma, c.c.) e, dall’altro lato, riconosce la legittimazione di ciascun socio di esercitare l'azione sociale di responsabilità unitamente all’opportunità di richiedere un provvedimento cautelare di revoca degli amministratori, nel caso di “gravi irregolarità” (art. 2476, 3° comma, c.c.).
Solo a seguito di una preventiva ed adeguata attività di informazione sull’andamento della gestione e sulle operazioni compiute dagli amministratori, il socio può valutare adeguatamente l’opportunità di agire.
Ogni azione intrapresa in assenza di idonee informazioni risulterebbe azzardata, stante la posizione di svantaggio rispetto agli amministratori che naturalmente dispongono invece di tutte le informazioni.
I diritti di controllo riconosciuti dall’art. 2476, 2° comma
I poteri di controllo riconosciuti ai soci non amministratori consentono a questi ultimi di seguire direttamente lo svolgimento degli affari sociali a tutela del loro interesse al buon funzionamento della gestione dell'impresa.
Agli amministratori invece si attribuisce un “potere-dovere” di controllo che è connaturato nelle funzioni di gestione e che pertanto non necessita di un’apposita disposizione normativa che lo legittimi.
L’obbligo di agire in modo informato, gravante in capo agli amministratori, trova fondamento nelle norme relative alla responsabilità connessa al ruolo da essi ricoperto, che impone un dovere di diligente vigilanza sull’operato dell’organo amministrativo in generale e sulla condotta degli amministratori in particolare.
Ne consegue che mentre per i soci non amministratori il potere di controllo è facoltativo essendo un diritto posto nel loro esclusivo interesse, per gli amministratori, invece, informarsi in merito all’andamento dell’attività di gestione e prendere visione dei documenti sociali costituisce un dovere il cui esercizio è necessario per essere esenti da responsabilità.
Nel casi in cui vige il sistema dell’amministrazione disgiuntiva (che attribuisce la gestione al singolo amministratore con potere di veto ex art. 2257 c.c.), ciascun amministratore avrà il potere-dovere di informarsi sulle operazioni che gli altri stanno per compiere, anche allo scopo di esercitare tempestivamente il diritto di opposizione che gli spetta.
Nell’ipotesi di amministrazione congiuntiva (che può contemplare il consenso unanime di tutti gli amministratori in base a quanto disposto dall’art. 2258 c.c.), l’amministratore dovrà invece informarsi dei progetti degli altri per decidere se prestare o meno il proprio consenso.
Dall’art. 2476, 2° comma c.c. si evince che nella struttura della s.r.l. il controllo diretto dei soci sull’amministrazione non è più subordinato all’assenza dell’organo di controllo interno, come disponeva il previgente art. 2489 c.c., ma è previsto in ogni caso.
Quindi in presenza dell’organo di controllo, il potere esercitato dai soci si affianca a quello esercitato dai sindaci, dal quale però si differenzia sotto taluni aspetti, in particolare il collegio sindacale ha degli obblighi di controllo disposti per legge, inoltre mentre i sindaci svolgono la loro funzione per verificare il buon andamento della gestione nell’interesse generale della società, dei soci e dei terzi, l’esercizio dei poteri di controllo dei soci va ricondotto al loro interesse individuale.
Le diverse forme di controllo consentite al socio
Il potere di controllo previsto dall’art. 2476, 2° comma, c.c. si esercita attraverso l’esercizio di due diritti distinti già prima menzionati, il diritto all’informazione e il diritto alla consultazione.
Il diritto all’informazione legittima il socio a richiedere agli amministratori notizie che riguardano gli affari della società ovvero tutto ciò che attiene al patrimonio e alla gestione dell’impresa, i fatti fondamentali per la determinazione e la ripartizione degli utili, ma anche i rapporti giuridici ed economici interni alla compagine sociale o della società nei confronti dei terzi.
E' possibile ricondurre al concetto di “affari della società”, le operazioni compiute o in corso di svolgimento o di prossima attuazione che riguardano ad esempio:
- gli impieghi dell’attivo patrimoniale;
- le relazioni commerciali;
- le partecipazioni;
- le concessioni di prestiti;
- i compensi agli amministratori;
- le retribuzioni dei dipendenti;
- le informazioni relative ai rapporti giuridici e commerciali con le società controllate.
Non vi sono particolari requisiti formali per tali richieste che possono essere effettuate in assemblea o anche al di fuori della stessa, in qualunque momento della vita sociale, in forma orale o scritta, e può avere ad oggetto sia l’andamento generale della gestione che notizie circostanziate sui singoli affari.
Un altro diritto è quello alla consultazione il cui contenuto è stato significativamente ampliato dalla riforma del diritto societario.
I soci possono esaminare il contenuto dei libri sociali obbligatori previsti dall’art. 2478 c.c. (libro delle decisioni dei soci, libro delle decisioni degli amministratori e libro delle decisioni del collegio sindacale nominato ai sensi dell’art. 2477 c.c.) e l’intera documentazione amministrativo-contabile in cui sono esposti i fatti della società.
I soci possono consultare anche tutti i documenti relativi all’amministrazione, le scritture contabili, tra i quali il libro giornale, degli inventari, i registri Iva o in osservanza di altre disposizioni di legge (ad esempio registro infortuni o della produzione di energia elettrica), fatture, estratti conto ed evidenze dei rapporti bancari, prospetti e calcoli di ogni genere, corrispondenza, verbali di accertamento fiscale, di contestazione, di comminazioni di sanzioni, atti giudiziari ed amministrativi che riguardano la società, memorie e pareri di professionisti, contratti e accordi commerciali stipulati dalla società, ecc..
Con la consultazione della documentazione aziendale il socio si può rendere conto dell’andamento della gestione attraverso il confronto fra quanto si è indirettamente appreso mediante l’esercizio del diritto all’informazione e quanto risulta dall’esame diretto dei documenti, a prescindere dalle notizie ricevute dagli amministratori che potrebbero essere non corrette.
I soci nell'esercizio di tale diritto possono anche essere affiancati da un professionista di fiducia anche con conferimento a quest’ultimo di una specifica delega, tenendo conto che, indipendentemente dalla modalità con cui si svolge, l’ispezione deve essere circoscritta ai soli documenti sociali, nel senso che non può entrare nel merito dei controlli che sono riservati ed effettuati dai sindaci.
Il diritto di ispezionare i documenti non è condizionato da un punto di vista temporale, ma può essere esercitato in ogni momento della vita sociale.
Estrazione della documentazione
Un aspetto rilevante connesso al diritto di consultazione è la facoltà di estrarre copia dei documenti sociali esaminati.
In assenza di un’espressa previsione legislativa a tale riguardo, non è risultato semplice stabilire se al socio potesse essere concessa o meno tale ulteriore prerogativa, in quanto ritenuta in contrasto con il legittimo interesse della società alla riservatezza dei documenti.
A sostegno di una iniziale lettura che negava al socio il diritto all’estrazione delle copie, veniva richiamata quale principale argomentazione, la scelta del legislatore della riforma di eliminare una simile previsione dal contenuto letterale delle norme relative alle s.r.l., tenendo conto che tale facoltà è stata mantenuta sia nell’ambito della s.p.a., come espressamente previsto dall’art. 2422 c.c., sia in tema di fusione di società, in base all’art. 2501-septies c.c.
Secondo l’attuale tesi sostenuta dalla dottrina e dalla giurisprudenza maggioritaria, privare i soci della possibilità di estrarre copia dei documenti sociali renderebbe il diritto di ispezione incompleto e sarebbe in contrasto con i principi individuati dalla riforma.
Le differenti modalità di esercizio del potere di controllo finora descritte, relative all’informazione ed alla consultazione, pur presentando contenuti differenti, perseguono scopi complementari.
Da un lato, infatti, il diritto di ottenere informazioni su determinati affari potrebbe risultare inefficace a causa della reticenza degli amministratori o potrebbe essere soddisfatto solo attraverso la diretta consultazione dei documenti sociali, dall’altro lato, lo strumento della mera consultazione potrebbe non fornire al socio informazioni sufficienti, implicando la necessità di richiedere specifiche notizie e/o chiarimenti agli amministratori.
Il socio, pertanto, potrà decidere se avvalersi dell’uno o dell’altro ovvero se attuarli entrambi senza la necessità di stabilire alcuna priorità dell’uno rispetto all’altro.
Limiti all’esercizio del potere di controllo
Pur estendendosi su ogni aspetto della gestione il potere-diritto di controllo dei soci incontra quale limite quello che tende ad eliminare un eventuale utilizzo improprio dello stesso.
Va tenuto in considerazione il rispetto del principio di correttezza (art. 1175 c.c.) e di buona fede (art. 1375 c.c.), il quale impone che il socio debba valutare la sua ingerenza nell’attività sociale in misura proporzionata all’effettiva tutela dell’interesse protetto, evitando che essa si traduca in un pregiudizio per la società.
Il potere di controllo individuale non deve consistere in un ostacolo dell’attività di gestione degli amministratori e in questa prospettiva, il principio di correttezza si intende violato quando vengono richieste informazioni, chiarimenti e/o ispezioni di cui non si ha effettivamente bisogno, ma servono solo ad ostacolare lo svolgimento dell’attività sociale.
Gli amministratori possono comunque legittimamente rifiutarsi di fornire informazioni o di consentire la consultazione dei documenti ogni qualvolta la richiesta del socio sia palesemente motivata da fini emulativi o ostruzionistici e, quando vengono superati i confini della correttezza e della buona fede, il socio sarà responsabile per il pregiudizio che potrebbe recare alla società.
Un ulteriore limite posto ai poteri di controllo è rappresentato dal “dovere di segretezza”, che implica per il socio l’obbligo di tutelare l’interesse della società non divulgando a terzi le notizie a lui fornite.
Nell’ambito dei possibili limiti apponibili all’esercizio del controllo individuale risulta controverso stabilire se sia ammissibile la derogabilità di tali prerogative attribuite ai soci sia in senso restrittivo che in senso espansivo mediante lo statuto.
Il nodo della questione risiede nella circostanza che l’art. 2476, 2° comma, c.c. non riproducendo un’esplicita previsione di “nullità di ogni patto contrario”, come era invece previsto dal previgente art. 2489, 2° comma, c.c., sembra contenere una presunzione di derogabilità.
La dottrina tuttavia è prevalentemente orientata a limitare gli spazi di intervento dell’autonomia contrattuale che possano incidere sul contenuto dei diritti di controllo o sulla legittimazione al suo esercizio, sostenendo l’inderogabilità della disciplina legale, indipendentemente dalla connotazione in senso capitalistico o prevalentemente personalistico dell’assetto statutario assunto dalla società e dalla presenza, obbligatoria o facoltativa, dell’organo di controllo.
I diritti di controllo nei confronti del singolo socio non sono in nessun caso sopprimibili o comprimibili e in concreto tale limite si traduce nella nullità delle deroghe statutarie, che - in contrasto con quanto disposto dalla disciplina legislativa - possano escludere del tutto l’esercizio dei diritti di informazione e consultazione, circoscrivere la legittimazione all’esercizio del controllo, restringere l’ambito di applicazione consentendo ad esempio la consultazione solo di alcuni documenti.
Sempre sulla derogabilità del potere di controllo individuale si rileva inoltre che tale presupposto non possa comunque escludere in capo al socio una soglia minima di prerogative, che anzi necessita di essere garantita e modulata in relazione alla struttura assunta in concreto dalla società.
Ad esempio, ove è presente un organo di controllo obbligatorio o anche facoltativo, ma dotato dei requisiti e dei poteri propri del collegio sindacale della s.p.a., ai soci deve essere comunque attribuito il diritto di consultare i libri sociali (ex art. 2422 c.c.) e il diritto di informazione in sede assembleare, tenendo conto delle maggiori competenze attribuite ai soci di una s.r.l. in virtù di quanto disposto dall’art. 2479 c.c.
Se invece non vi è un organo di controllo dotato dei predetti requisiti, ai soci devono essere riconosciuti i diritti di informazione e di controllo attribuiti al socio accomandante di una s.a.s., in base all’art. 2320, 3° comma, c.c., il quale dispone che “In ogni caso essi hanno diritto di avere comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite, e di controllarne l’esattezza, consultando i libri e gli altri documenti della società”.
Non sussistono dubbi interpretativi invece in ordine alla facoltà riconosciuta ai soci di ampliare statutariamente i suddetti diritti.
In particolare lo statuto può prevedere l'introduzione di una clausola che prevede l'obbligo degli amministratori all'informazione periodica sugli affari della società o anche la legittimazione dei soci a compiere tutti gli atti di ispezione agli impianti e ai magazzini o di accertamento delle consistenze di cassa, che non rientrano tra le prerogative riconosciute ai soci dalla legge.
Rifiuto delle richieste di informazioni e responsabilità degli amministratori
Il diritto all’informazione e alla consultazione permette al socio di essere informato sulle vicende societarie determinate dal comportamento degli amministratori, che come detto devono essere i primi a non ostacolare l'esercizio dei suddetti diritti informando i soci e consentendo un agevole accesso alla documentazione.
Gli amministratori sono i responsabili dell’effettiva acquisizione dell’informazione e della veridicità delle notizie fornite, la loro non collaborazione è ritenuta ammissibile solo in presenza di un abuso del diritto di controllo da parte del socio, come avviene nel caso di richieste di informazioni già note, del tutto irrilevanti o con finalità di mero disturbo.
Un rifiuto ingiustificato alla richiesta di informazioni e alla consultazione dei documenti può determinare una serie di conseguenze rilevanti per gli amministratori dal punto di vista sanzionatorio, qualificandosi come un comportamento illecito.
Tale comportamento in quanto potenzialmente illecito potrebbe legittimare il ricorso all’azione di responsabilità da parte del socio ex art. 2476, 3° comma, c.c., nonché integrare la fattispecie di grave irregolarità che consente la richiesta di provvedimento urgente di revoca degli amministratori se potrebbe sussistere un danno riferibile all’illegittimo rifiuto.
Un comportamento potenzialmente illecito potrebbe provocare un danno diretto al patrimonio del socio (indipendentemente dal pregiudizio arrecato alla società) e dunque consentire di tentare l’azione di responsabilità.
Un rifiuto ingiustificato alla richiesta di informazioni potrebbe integrare la fattispecie illecita dell’impedito controllo, che può assumere connotazioni di rilievo amministrativo o penale, in base a quanto stabilito rispettivamente dal 1° e 2° comma dell’art. 2625 c.c., il quale prevede che gli amministratori che occultando documenti o con altri idonei artifici, impediscono o comunque ostacolano lo svolgimento delle attività di controllo legalmente attribuite ai soci o ad altri organi sociali, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria fino a 10.329 euro. Se la condotta ha cagionato un danno ai soci, si applica la reclusione fino ad un anno e si procede a querela della persona offesa” (ex art. 120 c.p.).
Si evince che la sussistenza del danno procurato ai soci a seguito del comportamento illegittimo degli amministratori rappresenta elemento costitutivo della fattispecie di rilevanza penale nonché l’elemento di differenziazione rispetto all’illecito amministrativo.
Quadro Normativo |
Articolo 2476 - 2625 c.c. Legge n. 366 del 13 ottobre 2001 Decreto Legislativo n. 6 del 17 gennaio 2003 Sentenza Tribunale di Bologna del 15 marzo 2015 Sentenza Tribunale di Milano del 27 marzo 2014 |
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