Decreto Trasparenza: come cambiano i contratti di lavoro
Pubblicato il 01 agosto 2022
In questo articolo:
- Ambito di applicazione (articolo 1)
- Definizioni e modalità di informazione (articoli 2 e 3)
- Modifiche alla disciplina vigente (articoli 4 e 5)
- Disposizioni per il personale in regime di diritto pubblico (articolo 6)
- Periodo di prova (articolo 7)
- Cumulo di impieghi (articolo 8)
- Prevedibilità minima del lavoro (articolo 9)
- Transizione a forme di lavoro più prevedibili, sicure e stabili (articolo 10)
- Formazione obbligatoria (articolo 11)
- Misure di tutela (articoli 12, 13, 14 e 15)
- Altre disposizioni (articoli 16 e 17)
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All'esito di un lungo e travagliato iter, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.176 del 29 luglio 2022 il cd. Decreto Trasparenza.
Il decreto legislativo 27 giugno 2022, n. 104 attua la direttiva (UE) 2019/1152 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell'Unione europea.
Il decreto, composto da 17 articoli suddivisi in 4 Capi, entra in vigore il 13 agosto 2022 e si applica ai rapporti di lavoro instaurandi nonchè a quelli già instaurati alla data del 1° agosto 2022 (termine stabilito per il recepimento della direttiva UE).
Di seguito una panoramica dei suoi contenuti.
Ambito di applicazione (articolo 1)
Il diritto all'informazione sugli elementi essenziali del rapporto di lavoro e sulle condizioni di lavoro e la relativa tutela trova applicazione per i seguenti rapporti di lavoro e contratti di lavoro:
- contratto di lavoro subordinato, compreso quello di lavoro agricolo, a tempo indeterminato, determinato e anche a tempo parziale;
- ai lavoratori impiegati con tipologie contrattuali non standard, quali contratto di lavoro somministrato, contratto di lavoro intermittente, rapporto di collaborazione con prestazione prevalentemente personale e continuativa organizzata ex art. 2, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2015, contratto di collaborazione coordinata e continuativa di cui all'articolo 409, n. 3, del codice di procedura civile, contratto di prestazione occasionale;
- ai lavoratori marittimi e ai lavoratori della pesca, salva la disciplina speciale vigente in materia;
- ai lavoratori domestici, fatta eccezione per le disposizioni di cui agli articoli 10 e 11 del decreto Trasparenza;
- ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni (articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165) e a quelli degli enti pubblici economici.
Le disposizioni non si applicano invece:
- ai rapporti di lavoro autonomo (titolo III del libro V del codice civile e decreto legislativo n. 36 del 2021) purché non integranti rapporti di collaborazione coordinata e continuativa;
- ai rapporti di lavoro caratterizzati da un tempo di lavoro predeterminato ed effettivo di durata pari o inferiore a una media di 3 ore a settimana in un periodo di riferimento di 4 settimane consecutive;
- ai rapporti di agenzia e rappresentanza commerciale;
- alle collaborazioni prestate dai familiari del titolare nell’impresa;
- al personale dipendente di amministrazioni pubbliche in servizio all’estero.
Al personale ad ordinamento pubblicistico (magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati e procuratori dello Stato, personale militare e delle Forze di polizia, etc.) non si applicano le disposizioni del Capo III, in materia di prescrizioni minime relative alle condizioni di lavoro (articoli da 7 a 11).
Definizioni e modalità di informazione (articoli 2 e 3)
L'articolo 2 stabilisce le definizioni di "programmazione del lavoro", "ore e giorni di riferimento" e "organizzazione del lavoro".
L'articolo 3 invece disciplina le modalità e la forma con le quali il datore di lavoro deve comunicare ai lavoratori le informazioni inerenti il rapporto di lavoro: in modo chiaro e trasparente, in formato cartaceo oppure elettronico.
Modifiche alla disciplina vigente (articoli 4 e 5)
Gli articoli 4 e 5 modificano la disciplina vigente.
L'articolo 4 modifica il decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 152 (Attuazione della direttiva 91/533/CEE concernente l'obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro), in particolare:
- l'articolo 1, integrando l'elenco delle informazioni che il datore di lavoro deve fornire al lavoratore, specificandone le modalità e le relative tempistiche;
- l'articolo 2, con riferimento agli obblighi informativi in caso di prestazioni di lavoro svolte all'estero;
- l'articolo 3, in merito all'obbligo di informare il lavoratore dei mutamenti del rapporto di lavoro dopo l'assunzione;
- l'articolo 4, prevedendo che il mancato o erroneo adempimento degli obblighi di comunicazione, su denuncia del lavoratore all'Ispettorato nazionale del lavoro, sia sanzionato ai sensi dell'articolo 19, comma 2, del D. Lgs. 276/2003 (sanzione amministrativa pecuniaria da 250 a 1.500 euro per ogni lavoratore interessato).
Viene poi introdotto l'articolo 1-bis che disciplina gli obblighi informativi nel caso in cui il datore di lavoro o il committente utilizzi sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati.
L'articolo 5, modifica le disposizioni in materia di obblighi di comunicazione contenute:
- nell'articolo 54-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96;
- negli articoli 15, 33 e 47 ter del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81;
- nell''articolo 9-bis del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510 convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608;
- nell'articolo 19 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276;
- nell'articolo 4-bis del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181.
Disposizioni per il personale in regime di diritto pubblico (articolo 6)
L'articolo 6 prevede che le disposizioni del Capo II (Informazioni sul rapporto di lavoro) si applichino al personale delle pubbliche amministrazioni ad ordinamento pubblicistico, compatibilmente con le disposizioni dei rispettivi ordinamenti di settore.
Periodo di prova (articolo 7)
L'articolo 7 stabilisce che il periodo di prova non può essere superiore a 6 mesi. Nel rapporto di lavoro a tempo determinato la durata dello stesso è stabilita in misura proporzionale alla durata del contratto e alle mansioni da svolgere in relazione alla natura dell'impiego.
Per le pubbliche amministrazioni continua ad applicarsi l'articolo 17 del DPR n. 487/1994.
Cumulo di impieghi (articolo 8)
L'articolo 8 prevede che il datore di lavoro non possa vietare a un lavoratore di svolgere un impiego al di fuori dell'orario di lavoro stabilito, fatte salve specifiche deroghe come la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, l'integrità del servizio pubblico e la prevenzione di conflitti di interessi.
Prevedibilità minima del lavoro (articolo 9)
L'articolo 9 dispone che non è possibile imporre al lavoratore lo svolgimento della prestazione lavorativa senza la preventiva indicazione delle ore e giorni e senza un ragionevole periodo di preavviso. In caso contrario il lavoratore ha il diritto di rifiutare di eseguire la prestazione senza subire alcun pregiudizio anche di natura disciplinare.
Il datore di lavoro che revochi un incarico o una prestazione di lavoro precedentemente programmati, senza un ragionevole periodo di preavviso, deve riconoscere al lavoratore la retribuzione inizialmente prevista per la prestazione pattuita dal contratto collettivo, ove applicabile o, in mancanza, una somma a titolo di compensazione per la mancata esecuzione dell'attività lavorativa non inferiore al 50% del compenso inizialmente pattuito per la prestazione annullata.
Tali disposizioni non si applicano ai lavoratori marittimi e ai lavoratori del settore della pesca.
Transizione a forme di lavoro più prevedibili, sicure e stabili (articolo 10)
L'articolo 10 prevede che il lavoratore con almeno 6 mesi presso lo stesso datore di lavoro o committente e che abbia completato il periodo di prova possa chiedere una forma di lavoro con condizioni più prevedibili, sicure e stabili, se disponibile.
Tali disposizioni non si applicano ai lavoratori alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, ai lavoratori marittimi e del settore della pesca ed ai lavoratori domestici.
Formazione obbligatoria (articolo 11)
L'articolo 11 prevede che i datori di lavoro siano obbligati, secondo la legge o i contratti individuali o collettivi, a erogare ai lavoratori la formazione necessaria per lo svolgimento del lavoro e che la stessa sia gratuita e si svolga durante l'orario di lavoro, ove possibile.
Misure di tutela (articoli 12, 13, 14 e 15)
L'articolo 12 prevede, per i lavoratori che lamentino la violazione dei diritti di cui al decreto Trasparenza, ferma restando la possibilità di adire l'autorità giudiziaria e amministrativa, la possibilità di:
- esperire il tentativo di conciliazione presso gli uffici territoriali dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro;
- ricorrere ai collegi di conciliazione ed arbitrato;
- ricorrere alle camere arbitrali istituite presso gli organi di certificazione.
L'articolo 13 prevede che l'adozione di comportamenti ritorsivi nei confronti dei lavoratori che abbiano presentato reclamo o abbiano promosso un procedimento, anche non giudiziario, al fine di garantire il rispetto dei diritti, comporti la sanzione amministrativa di cui all'articolo 41, comma 2, del D. Lgs. 198/2006 (da 250 a 1.500 euro). I lavoratori possono rivolgersi all'Ispettorato Nazionale del Lavoro.
L'articolo 14 dispone il divieto di licenziare o sottoporre a trattamenti pregiudizievoli i lavoratori che abbiano esercitato i diritti previsti dal decreto Trasparenza.
L'articolo 15 prevede che per il personale in regime di diritto pubblico si applichino le disposizioni dei rispettivi ordinamenti dì settore.
Altre disposizioni (articoli 16 e 17)
L'articolo 16 prevede che le disposizioni del decreto Trasparenza si applichino a tutti i rapporti di lavoro già instaurati alla data del 1° agosto 2022.
Il datore di lavoro o il committente, su richiesta scritta del lavoratore, è tenuto a fornire, aggiornare o integrare le informazioni necessarie entro 60 giorni. In caso di inadempimento, si applica la sanzione di cui all'articolo 19, comma 2, del D. Lgs. 276/2003 (da 250 a 1.500 euro per ogni lavoratore interessato).
L'articolo 17 prevede infine che dalle disposizioni del decreto non debbano derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
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