Corte Ue. Senza periodo transitorio c’è violazione del diritto

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La Corte di Giustizia Ue, con la sentenza del 12 dicembre 2013 relativa alla causa C-362/12, sostiene che l’introduzione di una nuova disposizione normativa che, con effetto retroattivo e senza preavviso, diminuisce il termine entro cui si può far richiesta di rimborso dell’imposta percepita in violazione del diritto dell'Unione è incompatibile con i principi di effettività, di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento

Il caso giunto all’attenzione della Corte riguarda la Gran Bretagna e il diritto inglese, che inizialmente prevedeva due possibili rimedi giurisdizionali per la ripetizione dell'indebito, differenziati tra di loro solo dalla decorrenza del termine entro cui proporre la domanda. In un secondo momento è stato introdotto nell’ordinamento britannico un provvedimento normativo che escludeva, retroattivamente, l'applicabilità del termine di prescrizione prolungato ai procedimenti diretti al recupero delle somme versate per un errore di diritto.

I giudici europei sono stati allora chiamati a decidere se l’aspettativa del contribuente di vedersi riconosciuto il rimborso sulla base di norme venute meno per effetto dell’introduzione di una disposizione retroattiva potesse costituire violazione del principio di effettività oltre che di quello della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento.

Di per sé, una normativa che riduce il termine entro cui proporre domanda di rimborso non può essere considerata incompatibile con il principio di effettività, mentre diverso è il discorso per quanto riguarda gli altri due principi. La certezza del diritto e la tutela del legittimo affidamento hanno una portata molto più ampia tanto che l’emanazione di una legge successiva che comprime determinati diritti deve sempre essere chiara, precisa e, se agisce retroattivamente, deve sempre prevedere l’assegnazione di un periodo transitorio. La mancanza di tale periodo porta ad un a violazione del principio di effettività.

Così per la Corte Ue, non è ammissibile “una normativa nazionale che riduce, con effetto retroattivo e senza regime transitorio, il termine nel corso del quale poteva essere richiesto il rimborso degli importi versati in violazione del diritto dell'Unione. Il fatto che esistano due mezzi di ricorso per recuperare l'imposta non elimina le conseguenze negative della soppressione di uno di tali mezzi”.
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