Cooperazione fiscale internazionale Legittime le richieste non generiche

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Cooperazione fiscale internazionale Legittime le richieste non generiche

La “prevedibile pertinenza” delle informazioni richieste da uno Stato membro ad un altro Stato membro costituisce condizione fondamentale affinché la richiesta di informazioni venga considerata idonea a innescare in capo allo Stato membro interpellato l’obbligo di rispondervi e, di conseguenza, rappresenta una condizione di legittimità della decisione di ingiunzione rivolta da tale Stato membro ad un amministrato e della misura sanzionatoria inflitta a quest’ultimo per inosservanza di tale decisione.

In altri termini, nessun contribuente può rifiutarsi di collaborare e fornire le informazioni richieste da una amministrazione fiscale estera quando la domanda riguarda dati che hanno una “prevedibile pertinenza” ai fini fiscali.

Questo è uno dei principi che è stato sancito dalla Corte di Giustizia Ue con la sentenza C-682/15 del 16 maggio 2017, emanata a seguito della richiesta, avanzata dall'amministrazione tributaria francese all'amministrazione tributaria lussemburghese, di informazioni sulla situazione fiscale di una società lussemburghese controllante di una francese.

La richiesta di informazioni fiscali

Nello specifico, il fisco francese aveva presentato ai “colleghi” lussemburghesi una richiesta di informazioni sulla base della direttiva 2011/16/Ue, volta a conoscere una serie di dati di natura tributaria della società. Si trattava per la prima volta dell'applicazione della normativa che sta alla base dello scambio di informazioni (automatico, spontaneo e su richiesta) all'interno dell'Unione europea.

Ne consegue che la pronuncia della Corte assume una notevole valenza, fissando i confini dello scambio su richiesta e, quindi, distinguendo le istanze che sono considerate lecite, in quanto caratterizzate da una “prevedibile pertinenza” fiscale, da quelle che invece sono vietate (cosiddette «fishing expeditions»).

Conclusioni della Corte Ue

La sentenza relativa alla causa C-682/15 – ribadendo l'importanza dello scambio di informazioni ai fini della lotta contro l'evasione fiscale – afferma che non può essere considerata illegittima l'irrogazione della sanzione comminata a seguito del rifiuto di soddisfare le informazioni richieste nell'ambito della cooperazione tra gli Stati Ue, a condizione che al destinatario sia riconosciuta la possibilità di contestare la legittimità della pretesa.

La sentenza va però oltre il diritto del contribuente di contestare la legittimità della richiesta di informazioni con un ricorso giurisdizionale effettivo, interessandosi anche dei presupposti alla base della richiesta stessa.

Per la Corte, dunque, l'amministrazione finanziaria di uno Stato membro può formulare richieste di informazioni ad altro Stato membro, purchè queste richieste non siano generiche. Pertanto, sia per la legittimità del provvedimento, che per l'irrogazione della sanzione, le notizie richieste devono risultare strettamente connesse con l'indagine tributaria.

Analogamente gli Stati membri devono garantire il pieno rispetto del diritto di difesa. Infatti, è riconosciuta al contribuente la possibilità di contestare la pretesa e di manifestare le proprie osservazioni sugli elementi posti a fondamento dell'atto amministrativo, salvaguardando comunque la riservatezza degli atti oggetto d'indagine, ricorrendo al giudice nazionale. Riguardo a quest'ultimo, si deve garantire anche che il giudice nazionale sia competente a modificare quantitativamente la sanzione inflitta e a verificare la legittimità di tale decisione.

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