Conversione del Decreto Lavoro, azzerati i contatori sul termine di dodici mesi
Pubblicato il 13 luglio 2023
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Con la conversione del Decreto Lavoro diventano strutturali le modifiche operate sulla disciplina dei contratti di lavoro a termine. I commi da 1 a 1-ter dell'art. 24 riscrivono l’art. 19, decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, prevedendo nuove causali per il superamento dei 12 mesi di durata del contratto a tempo determinato, fermo restando il limite complessivo di 24 mesi ed inserendo un’importante semplificazione in tema di rinnovi.
Altresì, ai sensi del comma 1-ter, ai fini del computo del termine di 12 mesi, si tiene conto solo dei contratti stipulati a decorrere dal 5 maggio 2023. Ciò, salvo diverse interpretazioni ministeriali, consentirà ai datori di lavoro di considerare, ai fini dei primi 12 mesi, esclusivamente i rapporti a termine instaurati dal 5 maggio 2023, senza includere eventuali contratti eventualmente stipulati prima di tale data ed ancora in corso.
Nuove causali del contratto a tempo determinato
Il comma 1, dell’art. 24, decreto legge 4 maggio 2023, n. 48, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 2023, n. 85, ha riscritto le causali (impossibili) contenute dall’art. 19, del T.U. sui contratti di lavoro, prevedendo che al rapporto di lavoro possa essere apposto un termine, generalmente, di durata non superiore a 12 mesi, estendibile sino al periodo di 24 mesi, in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:
- nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all’art. 51;
- in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica organizzativa o produttiva individuate dalle parti;
- in sostituzione di altri lavoratori.
ATTENZIONE: Rimane ferma la disposizione prevista dall’art. 19, comma 1-bis, D.lgs. n. 81/2015, a mente della quale in caso di stipula di un contratto di durata superiore al termine di 12 mesi ed in assenza delle condizioni di cui sopra, il contratto di lavoro si trasforma a tempo indeterminato dalla data di superamento del termine di 12 mesi.
Quanto alle causali previste dalla novella in commento appare opportuno, in attesa dei necessari orientamenti ministeriali, operare qualche considerazione.
Nulla è variato sulla possibilità di stipulare contratti a tempo determinato eccedenti i 12 mesi nelle ipotesi in cui il datore di lavoro individui esigenze di carattere sostitutivo di altri lavoratori sospesi per eventi previsti dalla legge o dal contratto collettivo quali, a titolo meramente esemplificativo: malattia, maternità, infortunio, aspettativa non retribuita, etc. Rimane esclusa la possibilità di stipulare contratti a termine in sostituzione di lavoratori in sciopero così come previsto dall’art. 20, comma 1, lett. a), decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81.
Al riguardo si rammenta che rimane ferma l’illegittimità di apposizione del termine al contratto anche nelle ipotesi di:
- assunzioni presso unità produttive nelle quali si è proceduto, entro i 6 mesi precedenti, a licenziamenti collettivi che hanno riguardato lavoratori adibiti alle medesime mansioni cui si riferisce il contratto a tempo determinato (fatta eccezione per i casi di assunzione per sostituzione di lavoratori assenti, assunzione di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità o contratti aventi una durata iniziale non superiore a 3 mesi);
- assunzioni presso unità produttive nelle quali sono in atto sospensioni o riduzioni dell’attività lavorativa con accesso agli ammortizzatori sociali, che interessano lavoratori adibiti alle mansioni a cui si riferisce il contratto a tempo determinato;
- datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi in applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza dei lavoratori.
Quanto, invece, alle due ulteriori causali che consentono di superare il termine di 12 mesi, la norma attribuisce, ai sensi della lettera a), alla contrattazione collettiva nazionale, territoriale o aziendale, comparativamente più rappresentativa sul piano nazionale, la possibilità di ricercare e stabilire ipotesi in cui sia ammesso il superamento del predetto termine.
In assenza di disposizioni da parte dei CCNL leader, la lettera b), invece, consente alle parti del rapporto di lavoro, ed entro il 30 aprile 2024, la possibilità di individuare esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva. Altresì, il tenore letterale dell’anzidetta disposizione legislativa cita espressamente che tra le condizioni in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), i “contratti collettivi applicati in azienda”. Sul punto, sebbene durante l’ultimo Festival del Lavoro, per il tramite dei due dirigenti apicali dell’INL, sia stata fornita un’interpretazione estensiva della disposizione contenuta nell’art. 19, comma 1, lett. b), che prevede la possibilità, in assenza di indicazioni da parte dei CCNL leader, di demandare anche alle OO.SS. c.d. minori, i cui contratti siano applicati in azienda, la possibilità di introdurre le ragioni giustificatrici che consentono di superare il termine di 12 mesi, chi scrive ritiene che comunque la previsione legislativa in commento sia inserita all’interno del decreto legislativo n. 81/2015 e che il termine contratti collettivi (applicati in azienda) non possa sfuggire alla chiara definizione fornita dall’art. 51 del medesimo testo di legge a mente del quale "(…) ai fini del presente decreto, per contratti collettivi si intendono i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria".
Interpretazione che potrebbe essere sostenuta anche dall’effettiva volontà del legislatore laddove, nel dossier Camera Senato del 22 giugno 2023, è possibile evincere che “La nuova disciplina (…):
- reinserisce la causale costituita da fattispecie previste dai contratti collettivi, come ivi definiti (…);
- introduce la causale – applicabile solo con atti (tra datore di lavoro e dipendente) stipulati entro il 30 aprile 2024 e solo in assenza delle suddette previsioni da parte dei contratti collettivi applicati in azienda – di esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti”.
Di converso, pur rimanendo in attesa delle interpretazioni ufficiali del Ministero, la predetta interpretazione non reggerebbe l’argomentazione logico-giuridica di inserire testualmente oltre a "in assenza delle previsioni di cui alla lettera a)", la locuzione "nei contratti collettivi applicati in azienda".
NOTA BENE: Le causali previste dalle lettere a), b), b-bis), non si applicano ai contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni, nonché ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dalle università private, incluse le filiazioni di università straniere, da istituti pubblici di ricerca, società pubbliche che promuovono la ricerca e l'innovazione ovvero enti privati di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere attività di insegnamento, di ricerca scientifica o tecnologica, di trasferimento di know-how, di supporto all'innovazione, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della stessa, ai quali continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 96.
Si rammenta che, fatte salve le disposizioni dei contratti collettivi c.d. leader, ai fini della durata massima complessiva di 24 mesi devono computarsi i soli rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, anche per effetto di una successione di contratti, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale, sicché laddove datore di lavoro e lavoratore sottoscrivano più contratti a termine per diversi inquadramenti (livello e categoria legale) ai fini del calcolo della durata massima stabilita non si procederà alla sommatoria dei periodi di vigenza dei singoli contratti ma esclusivamente di quelli aventi, ove esistenti, il medesimo inquadramento.
Proroghe e rinnovi: cosa cambia
Spostando l’attenzione sul successivo art. 21, decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, il rivisitato comma 01, prevede che il "contratto può essere prorogato o rinnovato liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente, solo in presenza delle condizioni" trattate al paragrafo precedente.
Pertanto, rispetto alla disciplina previgente, vengono liberate dalle causali le ipotesi di rinnovo di contratti a tempo determinato, fino al limite di durata complessiva di 12 mesi.
NOTA BENE: Per “rinnovo” deve intendersi la stipula di un contratto a termine ex novo avente ad oggetto lo stesso inquadramento di un precedente contratto a tempo determinato già intercorso tra il medesimo datore di lavoro e lavoratore. La “proroga”, invece, si sostanzia in un prolungamento di un contratto a termine già stipulato, sicché non vi è alcuna interruzione del rapporto lavorativo inizialmente stipulato. Si rammenta che i rinnovi non sono assoggettati ad un limite massimo (a differenza delle quattro “proroghe” consentite), sicché dovrà tenersi in considerazione solo il limite massimo di 12 mesi a-causali.
Azzeramento dei periodi fino al 4 maggio 2023
Ulteriore rilevante novità è quella contenuta dall’art. 24, comma 1-ter, decreto legge 4 maggio 2023, n. 48, secondo cui “Ai fini del computo del termine di dodici mesi previsto dall’art. 19, comma 1, e dall’art. 21, comma 01, del decreto legislativo n. 81 del 2015, come modificati dai commi 1 e 1-bis del presente articolo, si tiene conto dei soli contratti stipulati a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto”.
Stando al tenore letterale della disposizione il legislatore ha azzerato, allora, i contatori dei contratti di lavoro a tempo determinato stipulati antecedentemente al 5 maggio 2023, sostenendo che, solo al fine del computo dei 12 mesi, bisognerà tener conto dei soli contratti a termine stipulati dal 5 maggio 2023 in poi.
ATTENZIONE: La deroga non incide sul computo complessivo della durata del rapporto a tempo determinato fissata, salvo diversamente disposto dalla contrattazione collettiva, in 24 mesi. Rimane, dunque, fermo il limite di durata massima previsto dal D.lgs. n. 81/2015.
A mero titolo esemplificativo, laddove un rapporto di lavoro della durata di 12 mesi sia cessato per scadenza naturale il 30 aprile 2023, sarà possibile procedere alla stipula di un rinnovo, dal 5 maggio 2023, fino ad un massimo di ulteriori 12 mesi, senza necessità di appore una specifica causale.
In attesa degli opportuni chiarimenti ministeriali, resta in dubbio la piena operatività della deroga in commento per quanto attiene alle proroghe post 12 mesi.
Invero, prendendo a riferimento la norma (esclusivamente i contratti stipulati a decorrere dal 5 maggio 2023), si ritengono rientranti nell’ambito di applicazione della disposizione sia i nuovi contratti che i rinnovi (contratti ex novo) sottoscritti successivamente dopo tale data.
Per quanto attiene alle proroghe, invece, trattandosi di un mero prolungamento del termine inizialmente pattuito, potrebbero considerarsi escluse dal computo in commento. Tale interpretazione restrittiva, certamente più cautelativa, potrebbe, comunque, essere soggetta a diverso orientamento della prassi amministrativa considerati i seguenti due ordini di motivi. Dal Dossier Camera Senato del 22 giugno 2023 si evince che sia per le proroghe sia per i rinnovi, nel computo dei 12 mesi non si tiene conto del periodo temporale (del rapporto) previsto dai contratti stipulati prima del 5 maggio 2023. Parimenti, un’interpretazione che intenda escludere le proroghe post 5 maggio 2023 dal computo dei 12 mesi a-causali costringerebbe, senza alcuna ratio, datori di lavoro e lavoratori ad un periodo di stop & go con conseguente stipula di un rinnovo.
Ciò assunto, si propone la seguente tabella riepilogativa:
Verifica limiti contratto a tempo determinato post 5 maggio 2023 |
|
Fattispecie |
Nuovo contratto |
Contratti instaurati e conclusi entro il 4 maggio 2023, con durata complessiva pari o inferiore a 12 mesi. |
Possibile stipula di un rinnovo a-causale per ulteriori 12 mesi e nel limite massimo complessivo di 24 mesi. |
Contratti instaurati prima del 4 maggio 2023 ed in corso al 5 maggio 2023. |
Possibile proroga (salvo diverse indicazioni ministeriali) e/o rinnovo a-causale sino al limite massimo complessivo di 24 mesi. |
Contratti instaurati dal 5 maggio 2023 |
Possibile proroga e/o rinnovo a-causale per un periodo di 12 mesi. Successivamente, ed entro il limite di 24 mesi, necessità di inserimento della causale. |
QUADRO NORMATIVO Decreto legge 4 maggio 2023, n. 48, convertito, con modificazioni dalla legge 3 luglio 2023, n. 85 |
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