Confisca allargata per evasione fiscale, divieto probatorio retroattivo?

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Confisca allargata per evasione fiscale, divieto probatorio retroattivo?

Per il soggetto destinatario di un provvedimento di confisca c.d. allargata, il divieto di giustificare la legittima provenienza dei beni sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell'evasione fiscale, vale anche per i cespiti acquistati prima dell'entrata in vigore dell'art. 31 della Legge n. 161/2017 che lo ha introdotto.

Questo, fatta eccezione per i beni oggetto della confisca acquistati con entrate di denaro ricomprese nel lasso temporale tra il 29 maggio 2014 (data della pronuncia delle Sezioni Unite n. 33451/2014), e la data di entrata in vigore della Legge citata (vale a dire il 19 novembre 2017).

E' la conclusione cui sono giunte le Sezioni Unite della Corte di cassazione, per come anticipata nell'informazione provvisoria n. 14 del 26 ottobre 2023 (questione penale decisa n. 441/2023).

Applicazione divieto probatorio, il contrasto interpretativo

Le SS. UU. della Suprema corte, in particolare, hanno risposto al quesito sollevato dalla Sesta sezione penale con ordinanza di rimessione n. 24335/2023, avente ad oggetto un contrasto interpretativo rilevato per quel che concerne la prova contraria che può essere allegata dal condannato o dall'indagato nei cui confronti sia stato emesso un provvedimento di sequestro preventivo funzionale alla confisca allargata, al fine di superare la presunzione di illecita provenienza dei beni.

Ciò, alla luce della previsione introdotta dall'art. 31 della Legge n. 161/2017 - integralmente trasposta nell'attuale art. 240 - bis c.p. -  secondo cui il condannato per un reato-spia non può giustificare la legittima provenienza dei beni sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell'evasione fiscale.

Due sono gli indirizzi emersi nella giurisprudenza di legittimità in ordine alla retroattività o meno di tale disposizione e, dunque, alla sua applicabilità anche a beni acquistati prima dell'entrata in vigore della Legge:

  • secondo una prima lettura, la previsione in esame avrebbe natura di norma processuale e, come tale, non troverebbe applicazione anche nei procedimenti in corso, in relazione a ricostruzioni patrimoniali relative ad anni anteriori a quello di sua introduzione;
  • per l'altro orientamento, invece, il divieto probatorio in questione si applicherebbe anche in relazione a cespiti acquisiti prima dell'entrata in vigore della Legge.

Da qui la rimessione alle Sezioni Unite penali della seguente questione: "Se per il soggetto destinatario di un provvedimento di confisca c.d. allargata o di sequestro finalizzato a tale tipo di confisca il divieto -già stabilito dall'art. 12-sexies, comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, come sostituito dall'art. 31 della legge 17 ottobre 2017, n. 161 e oggi previsto dall'art. 240-bis, primo comma, cod. pen. -di giustificare la legittima provenienza dei beni sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell'evasione fiscale, valga anche per i cespiti acquistati prima del 19/11/2017, ossia prima del giorno di entrata in vigore dell'art. 31 della legge n. 161 del 2017".

La decisione delle Sezioni Unite penali

Come anticipato, la risposta del Supremo Collegio di legittimità è stata affermativa, con la precisazione che all'applicazione del divieto probatorio fanno eccezione i beni oggetto della confisca o del sequestro ad essa finalizzato acquistati con entrate di denaro ricomprese nel lasso temporale 29 maggio 2014 (data della pronuncia delle Sezioni Unite n. 33451/2014) - 19 novembre 2017 (data di entrata in vigore della Legge più volte menzionata).

Si resta in attesa del deposito delle motivazioni delle Sezioni Unite.

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