Collaboratori CTU: chi paga il rimborso spese?
Pubblicato il 10 febbraio 2025
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L’ufficio giudiziario deve procedere alla liquidazione esclusivamente in favore del consulente tecnico d’ufficio. Non è ammesso il pagamento diretto al collaboratore, anche nei casi in cui il consulente sia privo di partita IVA.
Inoltre, ai fini fiscali, il rimborso delle spese anticipate non concorre alla determinazione del reddito imponibile del consulente, a condizione che le somme siano state erogate nell’esclusivo interesse dell’ufficio giudiziario.
Rimborso spese ai collaboratori del CTU: le indicazioni ministeriali
Con provvedimento del 2 gennaio 2025, il ministero della Giustizia, Direzione generale degli affari interni, si è occupato del tema del rimborso delle spese sostenute dagli ausiliari del magistrato quando si avvalgono della collaborazione di soggetti autorizzati dal giudice.
Il documento risponde a un quesito formulato dalla Corte d’Appello di L’Aquila in merito alla possibilità di procedere al pagamento diretto del collaboratore nei casi in cui il consulente tecnico d’ufficio non sia titolare di partita IVA.
La questione riguarda sia gli aspetti procedurali connessi all’applicazione dell’articolo 56 del D.P.R. n. 115 del 2002, sia le implicazioni fiscali dei rimborsi riconosciuti a tali professionisti.
Modalità di liquidazione delle spese per i collaboratori dei consulenti tecnici d’ufficio
Dall’analisi normativa emerge che, quando un consulente tecnico d’ufficio è autorizzato dal giudice ad avvalersi di un collaboratore per attività strumentali rispetto all’incarico ricevuto, la spesa per tale collaborazione deve essere rimborsata al consulente e non direttamente al collaboratore.
Questo principio si fonda sulle disposizioni dell’articolo 56, commi 3 e 4, del D.P.R. n. 115 del 2002, che stabiliscono che il rimborso deve essere riconosciuto al titolare dell’incarico. L’unica eccezione a questa regola si verifica quando il giudice conferisce direttamente un incarico autonomo al collaboratore; in tal caso, l’ufficio giudiziario può liquidare un compenso separato in suo favore. Questo orientamento è stato confermato dalla giurisprudenza, in particolare dalla sentenza della Cassazione n. 5204/2017.
La somma dovuta per il lavoro svolto deve essere corrisposta al consulente, che provvede successivamente a retribuire il collaboratore.
Il collaboratore, infatti, non ha ricevuto un incarico diretto dal giudice, ma opera sulla base di un’autorizzazione concessa al consulente tecnico.
Aspetti fiscali e trattamento dei rimborsi
Dal punto di vista fiscale, il provvedimento richiama una circolare ministeriale del 18 luglio 2011 e la Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate del 14 giugno 2011, che hanno fornito chiarimenti in merito alla qualificazione reddituale dei compensi percepiti da soggetti non titolari di partita IVA.
In particolare, viene ribadito che, qualora il collaboratore rientri nella categoria dei redditi assimilati al lavoro dipendente ai sensi dell’articolo 50, comma 1, lettera f) del TUIR, il compenso erogato dal consulente costituisce reddito per il collaboratore stesso e non per il consulente.
Un aspetto fondamentale riguarda il trattamento fiscale delle spese anticipate dal consulente per conto del collaboratore.
Se tali spese sono sostenute nell’interesse esclusivo dell’ufficio giudiziario, il rimborso non deve essere assoggettato a tassazione IRPEF.
Il principio è stato chiarito dall’Agenzia delle Entrate, che ha precisato che l’inclusione di tali somme nella base imponibile comporterebbe una distorsione nella determinazione del reddito del consulente. Pertanto, il rimborso analitico delle spese autorizzate dal giudice non può essere considerato reddito imponibile per il consulente.
Diversamente, i compensi corrisposti ai collaboratori dal consulente tecnico costituiranno reddito per i collaboratori stessi, che dovranno dichiararlo in base alla loro categoria fiscale di appartenenza.
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