Codice del Terzo settore, quando l’attività è volontaria?
Pubblicato il 14 luglio 2020
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Nell’ambito degli ETS (Enti del Terzo Settore), rientrano nel concetto di attività di volontariato non solo quella direttamente rivolta allo svolgimento di una o più attività di interesse generale, costituenti l’oggetto sociale dell’ente, ma altresì l’attività relativa all’esercizio della titolarità di una carica sociale, in quanto strumentale all’implementazione dell’oggetto sociale dell’ente.
In tale prospettiva, l’esercizio di una carica sociale si può atteggiare in termini di attività di volontariato qualora risponda ai requisiti declinati nell’art. 17, co. 2 del Codice del Terzo settore, tra i quali spicca in primis la gratuità.
Lo specifica il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la nota n. 6214 del 9 luglio 2020, rispondendo ai quesiti proposti in materia di volontari e incompatibilità con qualunque forma di retribuzione.
Codice del Terzo settore, casi di incompatibilità con la figura del volontariato
L’art. 17 del Codice del Terzo settore ai commi 3 e 5 stabilisce:
- il principio di gratuità dell’attività del volontario, con eccezione del rimborso delle spese sostenute e documentate entro limiti massimi predefiniti;
- il divieto dei rimborsi forfetari;
- l’incompatibilità tra la posizione del volontario e ogni forma di prestazione lavorativa retribuita dall’ente di cui il volontario è socio, associato o tramite cui presta attività volontaria.
Le disposizioni sopra richiamate non sono applicabili con riferimento agli operatori del soccorso appartenenti alla Croce Rossa delle province autonome di Trento e Bolzano e alla Croce bianca limitatamente alla provincia di Bolzano.
Non è invece un’eccezione ai principi sopra richiamati il contenuto del comma 6-bis, il quale stabilisce che i lavoratori subordinati possano, al fine di svolgere attività di volontariato, fruire di forme di flessibilità previste da contratti e accordi collettivi. Anche in questo caso il rapporto di lavoro subordinato non deve intercorrere con l’ente tramite il quale si svolge attività volontaria, proprio in virtù dei divieti sopra richiamati.
Codice del Terzo settore, nomina dei membri dell’organo di amministrazione nelle ODV
Il documento di prassi fornisce chiarimenti anche sulle disposizioni riguardanti la nomina dei membri dell’organo di amministrazione. Riguardo tali aspetti, le disposizioni dell’art. 26, co. 2 e 5 forniscono indicazioni, sempre con riferimento alla generalità delle associazioni del Terzo settore, rispettivamente circa i requisiti soggettivi che devono essere posseduti dalla maggioranza dei componenti, nonché il profilo dei titolari del potere di designazione.
Pertanto, se la maggioranza dei componenti l’organo di amministrazione deve essere composta da persone fisiche associate o “indicate” dagli enti associati, una quota minoritaria degli stessi:
- da un lato, può non avere un legame – diretto o indiretto – con la base associativa dell’ente presso cui l’organo di amministrazione è istituito;
- dall’altro, può essere nominata – con modalità che potremmo definire “extra assembleari” – da enti estranei alla base associativa dell’ente o da particolari categorie di soggetti (lavoratori o utenti) che abbiano con l’ente uno specifico legame.
Dunque, nel silenzio del Codice, può spettare ai medesimi statuti prevedere le concrete modalità di designazione di tali quote “facoltative” di componenti.
- edotto.com – Edicola del 20 aprile 2020 - Terzo settore, nuovi modelli di bilancio – Moscioni
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