Cessione d'azienda in crisi: nessuna deroga al passaggio dei lavoratori
Pubblicato il 07 febbraio 2022
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La Corte di cassazione è stata chiamata a pronunciarsi in ordine alla domanda di corresponsione del TFR avanzata nei confronti dell'INPS dal dipendente di una società ceduta, in concordato preventivo, il quale era stato poi riassunto dal cessionario sulla base di accordo sindacale.
In sede di appello, la Corte territoriale aveva ritenuto che sussistessero tutti i presupposti per il riconoscimento del diritto del lavoratore a ricevere dall'Istituto di previdenza la quota di TFR maturata per lo svolgimento dell'attività lavorativa alle dipendenze della società ceduta.
Questo, sul rilievo della cessazione del relativo rapporto di lavoro e dell'accordo sindacale sottoscritto, ai sensi dell'art. 47, comma 5, Legge n. 428/1990 all'esito della cessione della predetta società, accordo derogativo dell'art. 2112 cod.civ. e da cui era stata fatta derivare novazione del rapporto di lavoro dell'assicurato con la società cessionaria.
La decisione era stata impugnata dell'INPS, secondo il quale l'accordo sindacale di specie era inidoneo a derogare al disposto dell'art. 2112 cod.civ., comportante la prosecuzione del rapporto di lavoro, senza soluzione di continuità, con la società cessionaria.
Da qui, l'ulteriore corollario per cui, non essendo mai cessato il rapporto di lavoro, il lavoratore non aveva ancora conseguito il diritto a percepire il TFR che presuppone la predetta cessazione.
L'accordo sindacale non può derogare all'art. 2112 c.c.
Con ordinanza n. 3411 del 3 febbraio 2022, la Cassazione ha accolto le ragioni dell'istituto ricorrente: deve radicalmente escludersi - si legge nella decisione - che un accordo sindacale stipulato in concomitanza con un trasferimento d'azienda possa in alcun modo derogare al principio posto dall'art. 2112, comma 1, c.c.
Ciò, a prescindere dal fatto che l'azienda oggetto di trasferimento sia di proprietà di un'impresa che versi in situazione di "crisi aziendale", oppure si trovi sottoposta ad "amministrazione straordinaria".
Secondo gli Ermellini, infatti, l'obbligo di interpretazione conforme rispetto al diritto dell'Unione europea, induce a ritenere che l'accordo sindacale possa disporre solo modifiche (anche in peius) all'assetto economico-normativo in precedenza acquisito dai singoli lavoratori, ma non anche derogare al passaggio automatico dei lavoratori all'impresa cessionaria.
In definitiva, la sentenza di secondo grado è stata annullata e la Corte, decidendo nel merito, ha rigettato l'originaria domanda del lavoratore nei confronti dell'INPS.
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