Trasferimento azienda in crisi con passaggio di dipendenti
Pubblicato il 04 giugno 2020
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In caso di trasferimento che riguardi aziende delle quali sia stato accertato lo stato di crisi aziendale ovvero per le quali sia stata disposta l'amministrazione straordinaria, nell’ipotesi di continuazione o di mancata cessazione dell'attività, l'accordo sindacale siglato può prevedere deroghe all'art. 2112 c.c. concernenti le condizioni di lavoro, fermo restando il trasferimento dei rapporti di lavoro al cessionario.
Trasferimento d’azienda e mantenimento dell’occupazione
E’ questo il principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione nelle conclusioni della recente sentenza n. 10415 del 1° giugno 2020.
In particolare, l’accordo sindacale in oggetto è quello previsto, in tema di trasferimento d’azienda, dall'art. 47 della Legge n. 428/1990, comma 4-bis, nel caso si convenga per il mantenimento, anche parziale, dell'occupazione.
Nella vicenda di specie, la Sezione lavoro della Cassazione ha respinto le doglianze promosse da due società, rispettivamente cessionaria e cedente in un’operazione di trasferimento d’azienda, contro la statuizione di merito che aveva ritenuto illegittimo il licenziamento intimato ad un dipendente all’esito di una procedura di licenziamento collettivo.
Nella decisione, la Corte d’appello aveva ordinato di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro, condannando altresì entrambe le società, in solido, al pagamento di una indennità risarcitoria, oltre contributi, accessori e spese.
Secondo i giudici di gravame, la controversia non esulava dall'ambito di applicazione del rito di impugnativa dei licenziamenti previsto dalla Legge n. 92/2012 (cosiddetto “rito Fornero”).
Inoltre, al momento della cessazione del rapporto, il recesso esercitato nei confronti del lavoratore in oggetto, occupato obbligatoriamente, era viziato in quanto il numero dei rimanenti lavoratori occupati obbligatoriamente era inferiore alla quota di riserva, con conseguente applicabilità della tutela reintegratoria cosiddetta “attenuata”.
Licenziamenti collettivi e quota di riserva
Le ricorrenti si erano rivolte alla Suprema corte lamentando l’erroneità della statuizione di merito sull’assunto che la società cedente beneficiava della sospensione degli obblighi occupazionali e, pertanto, non era tenuta a rispettare la quota di riserva.
Di diverso avviso gli Ermellini, i quali hanno precisato come la sospensione degli obblighi di assunzione consenta all'azienda di non assumere lavoratori per mantenere o per reintegrare la quota obbligatoria prevista dalla legge - e, quindi, di trovarsi legittimamente al di sotto della stessa quota di riserva - senza però, per questo, legittimarla ad effettuare licenziamenti nell'ambito dei lavoratori disabili.
La Suprema corte, con l’occasione, ha anche ribadito il principio già enunciato in sede di legittimità secondo cui, nel caso di licenziamento collettivo, la violazione della quota di riserva rientra nell'ipotesi di violazione dei criteri di scelta, in quanto assunti in contrasto con espressa previsione legale.
Ciò con conseguente applicazione della tutela reintegratoria, “quale opzione interpretativa rispettosa del dettato normativo e conforme alla finalità della disciplina - anche sovranazionale - in materia, posta a speciale protezione del disabile".
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