Casa familiare. Revocata l’assegnazione alla madre se la figlia vuole stare col padre
Pubblicato il 29 settembre 2017
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La Corte di cassazione ha confermato la statuizione con cui i giudici di merito avevano revocato, nell’ambito di un giudizio di divorzio con figli, l’assegnazione alla madre della casa familiare disponendo, per contro, che la casa medesima venisse assegnata al padre sino al raggiungimento della indipendenza economica della figlia con lui convivente.
E’ stata ritenuta rilevante, ai fini della citata statuizione, la volontà manifestata dalla figlia, maggiorenne ma non ancora autosufficiente, di continuare a vivere nella casa familiare insieme al padre.
Caso esaminato
Nella vicenda in esame, quest’ultimo aveva chiesto la modifica delle condizioni di divorzio al fine di ottenere il collocamento della figlia presso di sé, con conseguente assegnazione della casa familiare e imposizione alla madre di un assegno di mantenimento in favore della ragazza.
Il Tribunale, con statuizione poi confermata anche in sede di appello, aveva accolto questa istanza ritenendo fondate le deduzioni sollevate con riferimento al rapporto fortemente conflittuale fra madre e figlia, fissando anche un assegno di mantenimento a carico della donna.
Da qui il ricorso della genitrice, la quale aveva lamentato che la Corte d’appello, dopo aver affermato la fondatezza delle censure della stessa sollevate secondo cui la maggiore età della figlia avrebbe dovuto precludere al giudice la pronuncia sul collocamento, aveva ritenuto, tuttavia, corretto revocarle l’assegnazione della casa coniugale senza nemmeno riversare tali conclusioni nel dispositivo.
Ricorso inammissibile
Per la Cassazione, tuttavia, – ordinanza n. 22746 del 28 settembre 2017 - l’impugnazione della donna era da ritenere inammissibile non cogliendo né impugnando la ratio decidendi della sentenza della Corte distrettuale.
Quest’ultima – a parere della Suprema corte - aveva disposto che alla cessazione della convivenza tra genitore e figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente, conseguente alla scelta del primo di cambiare residenza rispetto a quella già costituente casa coniugale, conseguisse la revoca dell’assegnazione della casa per carenza dei relativi presupposti.
“Tanquam non esset”, in definitiva, era stata considerata la questione circa la collocazione della ragazza.
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