Buoni lavoro, trasformazione del rapporto in caso di violazione dei compensi

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Buoni lavoro, trasformazione del rapporto in caso di violazione dei compensi

Utilizzare in maniera spropositata i buoni lavoro (ex voucher), ossia oltre i limiti economici previsti dalla previgente disciplina, comporta automaticamente la conversione del rapporto di lavoro in uno di tipo subordinato.

A stabilirlo è la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 32702 del 12 dicembre 2019. Nel caso di specie, la Corte d’Appello di Milano aveva disposto la reintegra di un lavoratore licenziato ingiustamente, che aveva in corso con il medesimo datore di lavoro due rapporti di lavoro: contratto di lavoro accessorio e contratto di apprendistato professionalizzante della durata di 36 mesi.

Buoni lavoro, limiti economici

La questione attiene al limite quantitativo fissato dall'art. 70 del D.Lgs. n. 276/2003, pari a 2.000 euro, riferito ai compensi percepiti per prestazioni accessorie in favore di un singolo committente nel corso dell'anno solare.

Tale limite, come più volte chiarito anche dall’INPS, è da intendersi come compenso lordo e non netto. Quindi, considerato che il valore di ogni voucher era pari a 10 euro, i 2.000 euro di compenso massimo corrispondevano a 200 vouchers, vale a dire a 200 ore che il lavoratore poteva prestare nei confronti del singolo committente nel corso di un anno solare.

Buoni lavoro, sanzioni in caso di superamento dei limiti economici

In via preliminare, la Corte di Cassazione ricorda come il primo dei due contratti (lavoro accessorio) costituiva uno strumento finalizzato a regolarizzare attività lavorative non riconducibili a tipologie contrattuali tipiche del lavoro subordinato, autonomo o ad attività professionali, ma a mere prestazioni di lavoro alle quali assicurare le tutele minime previdenziali ed assicurative, allo scopo di contrastare forme di lavoro irregolare.

Tuttavia, sottolineano gli ermellini, il lavoratore era stato sempre inserito nei turni di lavoro predisposti dalla società ed assegnato ai diversi reparti indicati dall’azienda, al pari di colleghi stabilmente assunti. Inoltre, vi era stata per tutta la durata dei successivi e consecutivi rapporti una soggezione ad orari indicati dalla società ed alle direttive impartite dalla stessa in persona dei suoi responsabili, per cui non era rinvenibile una ragione effettiva per distinguere tra due diverse tipologie contrattuali, non essendo scontato che il lavoratore avesse avuto nemmeno per il successivo rapporto di apprendistato una reale formazione.

Nel caso in esame, infatti, avendo il lavoratore prestato incontrovertibilmente 231 ore di lavoro accessorio, per un reddito imponibile di 2.310 euro, il limite era stato superato, con la conseguente trasformazione del rapporto di lavoro accessorio in rapporto di lavoro subordinato.

Infine, concludono i giudici di legittimità, il compenso doveva essere inteso come valore nominale del voucher, ossia quale somma lorda rappresentata dallo stesso.

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