Bonus edilizi: arresti domiciliari al commercialista con ruolo centrale nella frode
Pubblicato il 28 ottobre 2024
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Legittimo l'arresto domiciliare del commercialista che abbia assunto un ruolo attivo e centrale nell'ambito della frode sui bonus edilizi.
Frode sul bonus 110%: domiciliari per il commercialista
Il caso esaminato
Con sentenza n. 38806 del 22 ottobre 2024, la Corte di Cassazione si è pronunciata sul ricorso presentato da un commercialista contro un’ordinanza del Tribunale del riesame, confermativa della misura cautelare degli arresti domiciliari per reati tributari e associazione a delinquere.
I reati contestati includevano l'emissione e l'uso di fatture per operazioni inesistenti e l’omissione di dichiarazioni fiscali.
L'indagine coinvolgeva anche i bonus edilizi, come il "bonus 110" e altri incentivi legati al settore edilizio.
Le accuse erano basate su indagini della Guardia di Finanza, che avevano evidenziato l’uso di società esterovestite per evadere obblighi fiscali attraverso la fatturazione di servizi mai resi o erogati con modalità elusive.
La difesa del professionista
Il professionista, a sua difesa, aveva sostenuto di aver operato unicamente come consulente, senza un ruolo diretto nella presunta frode.
Anche per quanto riguarda i bonus edilizi, l'indagato sosteneva di aver fornito solo assistenza professionale, senza però assumere un ruolo attivo nelle operazioni contestate.
La sua difesa aveva inoltre rimarcato l’assenza di precedenti penali e l’assenza di pericolo di fuga o recidiva, elementi che rendevano non necessaria la misura cautelare in esame.
La decisione della Corte di cassazione
La Cassazione ha dichiarato il ricorso del professionista inammissibile.
Il ruolo del commercialista
La Suprema corte, in particolare, ha rilevato come il Tribunale del Riesame avesse adeguatamente motivato la presenza di gravi indizi di colpevolezza, basandosi su prove concrete e razionali, tra cui intercettazioni che implicavano il ruolo attivo del professionista nella pianificazione e supporto alle operazioni fraudolente. Dalle intercettazioni, infatti, risultava che i membri dell'associazione contassero sull'indagato per predisporre falsi bilanci societari, evidenziando la sua disponibilità a gestire operazioni illecite, cosa che altri professionisti avrebbero rifiutato. Il suo contributo, in definitiva, è stato ritenuto cruciale per il funzionamento dell’organizzazione, confermandone il ruolo di organizzatore.
Sul fronte dei bonus edilizi, la Corte ha confermato che l’indagato costituiva una figura centrale nel sistema di frode, basato sull’utilizzo di società e operazioni di fatturazione volte a ottenere indebitamente vantaggi fiscali, inclusi quelli legati ai bonus edilizi.
Le indagini della Guardia di Finanza, in particolare, avevano evidenziato come questo sistema, tramite l’emissione di fatture per operazioni inesistenti e l’omissione di dichiarazioni fiscali, avesse sfruttato strutture societarie per beneficiare impropriamente di questi incentivi.
Nell'ambito dell'inchiesta, in definitiva, era emerso il ruolo rilevante del professionista, descritto come il "commercialista di fiducia" del gruppo criminale.
Il giudizio nella fase cautelare
Per la fase cautelare - ha quindi precisato la Terza sezione penale della Corte - il giudizio non richiede certezza assoluta ma deve essere basato su un quadro indiziario sufficientemente grave.
Sul punto, la Cassazione ha richiamato la consolidata giurisprudenza, secondo la quale:
In questa sede, la Corte ha ribadito che il controllo di legittimità può limitarsi solo a verificare la coerenza e logicità del provvedimento, non potendo sostituire la valutazione del merito.
L'ordinamento - si legge nella decisione - non conferisce alla Corte alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell'indagato, in ciò rientrando anche l'apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo del giudice cui è stata chiesta l'applicazione della misura, nonché al tribunale del riesame.
Alla luce di tali premesse, la Corte ha ribadito che, nel caso in esame, il giudizio sulla gravità indiziaria formulato dal Tribunale del riesame non prestava il fianco a censure di irragionevolezza.
Pericolo di reiterazione dei reati
Il Tribunale, infatti, aveva considerato il pericolo di reiterazione dei reati, evidenziando la lunga durata delle condotte illecite, protrattesi per anni. Pur formalmente incensurato, l'indagato era stato denunciato più volte, anche di recente, per reati come associazione a delinquere, sostituzione di persona e altre infrazioni tributarie. Inoltre, risultava debitore verso l’Erario per oltre dieci milioni di euro.
La misura degli arresti domiciliari è stata quindi ritenuta necessaria, data la notevole abilità dell’indagato nell’eseguire reati fiscali e le sue vaste conoscenze nel settore. Le obiezioni difensive, ciò posto, non hanno trovato accoglimento, atteso che il ricorso non aveva adeguatamente contestato tutte le motivazioni alla base della misura cautelare.
La decisione finale ha comportato l’inammissibilità del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Tabella di sintesi della decisione
Sintesi del caso | La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso di un commercialista contro l’ordinanza del Tribunale di Venezia che confermava la misura cautelare degli arresti domiciliari per reati tributari e associazione a delinquere. L'indagine riguardava una frode fiscale basata su emissione di fatture false e omesse dichiarazioni, coinvolgendo anche i bonus edilizi, tra cui il "bonus 110%". |
Questione dibattuta | La difesa contestava la misura cautelare, sostenendo l'assenza di coinvolgimento diretto del commercialista nelle operazioni illecite e l’infondatezza della necessità di tale misura, data la sua condizione di incensurato e l’assenza di pericolo di fuga o recidiva. |
Soluzione della Corte di Cassazione | La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo che il Tribunale avesse adeguatamente motivato la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza. È stato confermato il ruolo centrale del commercialista nella frode e la necessità della misura cautelare per il pericolo di reiterazione dei reati, data la durata delle condotte e i precedenti fiscali. |
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