Avvocati di società in house: i compensi extra possono essere revocati

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Società in house: è legittimo che un contratto collettivo aziendale possa modificare in pejus il trattamento economico dei dipendenti eliminando benefici non insorti in forza del contratto individuale, bensì sulla base di attribuzioni individualmente ed unilateralmente effettuate dall’organo amministrativo di vertice dell’impresa.

Il principio di irriducibilità della retribuzione, infatti, si applica esclusivamente ai trattamenti concordati in sede contrattuale e non a quelli concessi unilateralmente dall’azienda.

Revoca del beneficio economico per avvocato di società in house: legittima?

Il caso esaminato

Con ordinanza n. 6422 del 11 marzo 2025, la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, è stata chiamata a pronunciarsi su un contenzioso riguardante il trattamento economico di un avvocato dipendente di una società in house.

Il professionista aveva richiesto il riconoscimento di un beneficio economico connesso agli onorari incassati dall'azienda per le attività legali svolte.

Tale trattamento, originariamente previsto da una delibera del 1988 emanata da un ente pubblico, era stato mantenuto nel tempo anche dopo la trasformazione dell'ente in società per azioni.

La delibera dell'1988, in particolare, prevedeva l’attribuzione agli avvocati aziendali delle somme recuperate da terzi, a titolo di competenze ed onorari.

Tuttavia, un accordo collettivo aziendale sottoscritto il 30 novembre 2011 aveva disposto la revoca del trattamento in questione, ovvero di tutti i trattamenti economici che non traevano origine dalla contrattazione collettiva.

Sulla base di questa disposizione, l’azienda aveva interrotto i versamenti a partire dall’aprile del 2011 e accantonato le somme corrispondenti.

Motivazioni del ricorso  

Il ricorrente aveva impugnato la decisione della Corte d’Appello, sostenendo che la cessazione del beneficio fosse illegittima.

Da un lato, affermava che il trattamento economico in questione dovesse essere considerato un diritto acquisito e, in quanto tale, non revocabile unilateralmente dall’azienda.

Dall'altro, contestava l’interpretazione dell’accordo collettivo del 2011, argomentando che la previsione dell’“azzeramento” dei trattamenti individuali non potesse avere efficacia immediata, ma rappresentasse piuttosto un obiettivo programmatico destinato a trovare attuazione in un momento successivo.

Decisione della Corte di Cassazione  

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendo che il trattamento economico non costituisse un diritto acquisito e che la sua eliminazione fosse legittima.

Secondo i giudici, il beneficio era stato riconosciuto esclusivamente attraverso atti unilaterali dell’azienda e non aveva trovato collocazione all’interno di un contratto individuale né poteva essere considerato un uso aziendale consolidato.

La contrattazione collettiva del 2011 aveva previsto l’abolizione immediata di tutti i trattamenti non previsti dai contratti collettivi, senza che fosse necessario alcun ulteriore intervento attuativo.

Esclusione del principio di irriducibilità della retribuzione

Inoltre, la Corte ha chiarito che il principio di irriducibilità della retribuzione, sancito dall’articolo 2103 del Codice Civile, non trovava applicazione nel caso specifico e non era pertinente.

Nella specie, infatti, il trattamento non era stato concordato al momento dell’assunzione né derivava da successiva pattuizione tra le parti del rapporto, o da uso aziendale, oppure ancora da disposizione collettiva di qualsiasi livello.

Inefficacia del riferimento al “diritto acquisito”

Un ulteriore elemento di rilievo nella sentenza riguarda il riferimento a “diritto acquisito” contenuto in una delibera aziendale del 2011.

La Corte ha ritenuto che tale espressione non avesse valore vincolante, trattandosi di un atto unilaterale privo di effetti obbligatori.

Inoltre, ha confermato la correttezza dell’interpretazione dell’accordo collettivo del 2011, evidenziando come l’“azzeramento” dei trattamenti individuali non fosse una mera intenzione futura, ma un effetto immediato e direttamente operativo.

Modificabilità dei trattamenti economici unilaterali

Nella propria disamina, la Suprema Corte ha affermato con chiarezza che un accordo collettivo aziendale può legittimamente modificare o eliminare benefici economici, a condizione che questi non derivino da contratti individuali o da usi aziendali consolidati.

Nel caso specifico, il trattamento retributivo in questione era stato riconosciuto esclusivamente attraverso decisioni unilaterali del datore di lavoro, senza che fosse mai stato formalizzato in un contratto. Di conseguenza, la sua soppressione non ha violato alcun principio di stabilità della retribuzione.

Applicazione delle norme del diritto privato alle società in house

Un altro aspetto analizzato nella sentenza riguarda la distinzione tra pubblico impiego e lavoro nelle società in house.

Sebbene il ricorrente fosse originariamente dipendente di un ente pubblico, la Corte ha sottolineato che la trasformazione dell’ente in società per azioni ha comportato l’applicazione delle regole del diritto privato.

Di conseguenza, il rapporto di lavoro era disciplinato dalle norme del Codice Civile e dalle leggi sul lavoro subordinato nell’impresa, senza che potessero essere invocati principi propri del pubblico impiego.

Validità dell’accordo collettivo del 2011

L’interpretazione dell’accordo collettivo del 2011 ha inoltre confermato che le parti sociali avevano concordato l’eliminazione immediata dei trattamenti economici individuali non derivanti da contrattazione collettiva.

La formulazione testuale dell’accordo e il contesto in cui era stato adottato indicavano con chiarezza la volontà di procedere all'abolizione di tali trattamenti senza necessità di ulteriori passaggi normativi o negoziali.

L’argomentazione del ricorrente, secondo cui l’azzeramento avrebbe dovuto avvenire in modo graduale e solo in concomitanza con eventuali aumenti salariali, è stata respinta poiché priva di fondamento giuridico.

Tabella di sintesi della decisione

Sintesi del Caso Un avvocato dipendente di una società in house ha richiesto il riconoscimento di un trattamento economico legato agli onorari incassati dall'azienda. Tale beneficio era stato inizialmente riconosciuto da un ente pubblico nel 1988 e mantenuto anche dopo la trasformazione dell’ente in società per azioni. Tuttavia, un accordo collettivo del 2011 ha disposto l’eliminazione dei trattamenti economici individuali non previsti dalla contrattazione collettiva.
Questione Dibattuta Il ricorrente ha sostenuto che il beneficio costituisse un diritto acquisito e non potesse essere revocato unilateralmente. Inoltre, ha contestato l’interpretazione dell’accordo collettivo del 2011, affermando che l’eliminazione del trattamento economico non fosse immediata, ma solo un obiettivo programmatico da attuare in futuro.
Soluzione della Corte di Cassazione La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendo che il trattamento economico derivasse da atti unilaterali dell’azienda e non fosse un diritto acquisito. Ha confermato che l’accordo collettivo del 2011 prevedeva l’eliminazione immediata del beneficio, senza necessità di ulteriori passaggi attuativi. Inoltre, ha chiarito che il principio di irriducibilità della retribuzione non si applica ai trattamenti concessi unilateralmente dal datore di lavoro.
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