Autonome e professioniste: nuove regole per l’indennità di maternità

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Autonome e professioniste: nuove regole per l’indennità di maternità

Nel corso del question time dell’8 settembre 2021, svoltosi presso la Commissione Lavoro pubblico e privato della Camera, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro per le pari opportunità e la famiglia hanno risposto ad una interrogazione parlamentare (n. 5-05927) e fornito chiarimenti in merito all'indennità del congedo di maternità e paternità per le lavoratrici e i lavoratori iscritti alla Gestione Separata INPS e all'accesso al contributo a fondo perduto previsto dall'articolo 1 del decreto Sostegni (decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41 convertito con modificazioni dalla legge 21 maggio 2021, n. 69).

Lavoratori autonomi e indennità di maternità

Le lavoratrici iscritte alla Gestione Separata INPS (articolo 2, comma 26, legge n. 335 del 1995), ma non iscritte ad altre forme obbligatorie, hanno diritto all’indennità di maternità come disciplinata dall’articolo 64 del decreto legislativo n. 151 del 2001 e dal decreto del Ministro del lavoro 4 aprile 2002.

L’art. 1 del decreto ministeriale citato prevede che l’indennità di maternità spetta se, nei 12 mesi precedenti i 2 mesi prima della data del parto, risultano versate alle lavoratrici almeno 3 mensilità della contribuzione dovuta per legge.

L’importo, come previsto dall’articolo 4 del decreto stesso, è determinato “per ciascuna giornata del periodo indennizzabile in misura pari all'80% di 1/365 del reddito, derivante da attività di collaborazione coordinata e continuativa o libero professionale, utile ai fini contributivi, per i dodici mesi precedenti l'inizio del periodo indennizzabile”.

Inoltre, il reddito dei liberi professionisti iscritti alla Gestione separata è calcolato «prendendo a riferimento, per ciascuno dei mesi d'interesse, 1/12 del reddito risultante dalla denuncia dei redditi da attività libero professionale relativa all'anno o agli anni in cui sono ricompresi i suddetti dodici mesi»

Per i lavoratori parasubordinati iscritti alla Gestione separata viene invece preso a riferimento il reddito dei suddetti 12 mesi risultante dai versamenti contributivi riferiti al lavoratore interessato sulla base della dichiarazione del committente.

Evidenzia l’interrogante che, considerando il bassissimo fatturato realizzato dalle lavoratrici libere professioniste o collaboratrici iscritte alla Gestione separata nel 2020 o nel 2021 a causa della pandemia, le predette lavoratrici hanno percepito a titolo di indennità di maternità una cifra irrisoria o addirittura nulla.

Si è venuto pertanto a creare una situazione gravemente discriminatoria a danno di questa categoria di lavoratori che si è vista negare, a causa dell’emergenza Covid-19, un diritto ampiamente riconosciuto ai lavoratori subordinati come quello dell’indennità di maternità e paternità.

Partite IVA e contributo a fondo perduto

Un’altra importante questione rimessa alla valutazione dei Ministri è relativa al contributo a fondo perduto previsto dal decreto Sostegni.

L'articolo 1 del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41, a sostegno degli operatori economici colpiti dall'emergenza epidemiologica da COVID-19, ha riconosciuto un contributo a fondo perduto a favore dei soggetti titolari di partita IVA, residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, che svolgono attività d'impresa, arte o professione o producono reddito agrario.

Il contributo a fondo perduto spetta a condizione che l'ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell'anno 2020 sia inferiore almeno del 30% rispetto all'ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell'anno 2019.

Gli interroganti denunciano anche in questo caso una situazione di palese sfavore per le lavoratrici titolari di partita IVA che nell'anno 2019 hanno ricevuto l'indennità per la maternità obbligatoria prevista ai sensi dell'articolo 16 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 perchè il periodo di maternità non può essere considerato ai fini del calcolo del fatturato in quanto legato non ad un documento contabile emesso a seguito di una prestazione effettuata, ma ad una indennità.

Pertanto, risultando il fatturato 2019 di molto ridotto a causa dell'esclusione del periodo di maternità obbligatoria, si fa presente come sia di fatto impossibile per tali lavoratori dimostrare una perdita del 30% che invece si sarebbe potuta dimostrare se avessero lavorato, e dunque fatturato, nei 5 mesi di maternità.

Una situazione che tra l’altro non si presenta per i padri lavoratori per cui è previsto un periodo di congedo obbligatorio di 10 giorni.

Anche in tale ipotesi siamo di fronte a una forte discriminazione.

Riforma sugli ammortizzatori sociali e intervento correttivo

Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro per le pari opportunità e la famiglia, rispondendo all’interrogazione parlamentare n. 5-05927, hanno condiviso i rilievi suesposti richiamando la necessità di un intervento correttivo della disciplina di legge che preveda eventualmente una misura minima inderogabile per l'indennità di maternità per le lavoratrici autonome.

Una tale misura aiuterebbe le lavoratrici autonome più giovani consentendo loro di beneficiare di un'indennità adeguata.

I Ministri ricordano infine che la prossima riforma sugli ammortizzatori sociali conterrà misure di rafforzamento specificamente dirette alla tutela in caso di maternità delle lavoratrici autonome e professioniste.

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