Atto di pignoramento da Equitalia, niente fede privilegiata
Pubblicato il 10 novembre 2017
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E’ infondata l’affermazione per cui l’atto di pignoramento da parte dell’agente di riscossione (Equitalia) fa piena fede fino a querela di falso, dell’attività compiuta per la sua redazione, inclusa l’allegazione dei documenti ivi menzionati. Trattasi, difatti, di un atto avente natura esecutiva, ossia, di un atto processuale di parte; mentre la fidefacienza di cui all’art. 2700 c.c. è riservata ai soli atti pubblici.
E’ quanto, in sintesi, affermato dalla Corte di Cassazione, terza sezione civile, respingendo il ricorso di Equitalia, avverso la pronuncia di merito che – nell’accogliere l’opposizione agli atti esecutivi della contribuente interessata – aveva dichiarato la nullità di un atto di pignoramento presso terzi emesso dal medesimo ente di riscossione, per omessa indicazione dei crediti per cui si procedeva.
Dinanzi alla pronuncia di nullità, Equitalia faceva tuttavia presente che l’effettiva allegazione, nell’atto di pignoramento, delle cartelle di pagamento per cui si procedeva, non potesse essere messa in discussione, stante la fede privilegiata di cui avrebbero goduto i fatti accertati dal funzionario (il solo elenco delle cartelle attestato dal responsabile della procedura, in altri termini, era da ritenersi sufficiente, senza necessità di allegare le cartelle stesse).
Atto di pignoramento, pur in esecuzione esattoriale, non è atto pubblico
La Corte Suprema ha tuttavia respinto detta censura, sulla scorta del principio per cui, l’atto di pignoramento presso terzi eseguito dall’agente di riscossione ai sensi dell’art. 72 bis D.p.r. n. 602/1973 in sede di esecuzione esattoriale, sebbene preordinato alla riscossione coattiva dei crediti erariali, non acquisisce per ciò stesso la natura di atto pubblico ai sensi e per gli effetti degli artt. 2699 e 2700 c.c., conservando invece quella di atto processuale di parte.
Attestazioni del funzionario, non assistite da pubblica fede
Ne consegue – proseguono gli Ermellini con sentenza n. 26519 del 9 novembre 2017 – che l’attestazione ivi contenuta, circa le attività svolte dal funzionario che ha materialmente predisposto l’atto (nella specie, concernente l’allegazione di un elenco contenente l’indicazione delle cartelle di pagamento relative ai crediti posti in riscossione), non è assistita da pubblica fede e non fa piena prova fino a querela di falso, a differenza di quanto invece avviene, qualora l’agente di riscossione eserciti le funzioni dell’ufficiale giudiziario, ad esempio notificando l’atto medesimo.
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