Appaltatore non organizza Committente è datore
Pubblicato il 08 febbraio 2017
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La Cassazione ha confermato la decisione con cui i giudici di merito avevano dichiarato costituito un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra un lavoratore ed una società, formalmente committente in un appalto di lavoro, condannando quest’ultima al pagamento di eventuali differenze retributive da accertarsi in un separato giudizio.
Nella sentenza era stato accertato che l’attività concretamente svolta dall’uomo, assoldato dalla società appaltatrice, presso la società committente, era quella da quest’ultima svolta ed organizzata.
L’azienda committente medesima, inoltre, era la proprietaria delle attrezzature necessarie per l’effettuazione del servizio.
Era, poi, emerso che la stessa richiedeva all’appaltatrice un certo numero di ore di lavoro, su base mensile, in funzione delle esigenze di ogni periodo, con indicazione dei turni orari, in un contesto in cui la seconda, per contro, si limitava esclusivamente ad abbinare le persone a tali ruoli.
Il personale così reclutato svolgeva le identiche mansioni svolte dai dipendenti della committente ed era inserito stabilmente e a tutti gli effetti nel ciclo produttivo di quest’ultima.
Differenza tra somministrazione e appalto di lavoro
Nel confermare le statuizioni della sentenza impugnata e rigettare le doglianze della committente/ricorrente, la Suprema corte ha evidenziato come, con estrema chiarezza e correttezza dell’iter logico e giuridico, oltre che con una compiuta disamina di tutti gli elementi istruttori, era stata correttamente evidenziata dai giudici di merito la differenza tra la somministrazione e l’appalto di lavoro, ammesso dalla nuova disciplina ad alcune condizioni.
In particolare, – si legge nel testo della sentenza di Cassazione n. 3178 del 7 febbraio 2017 - alla luce dell’articolo 29 del Decreto n. 276/2003 (poi modificato dal Decreto legislativo n. 251/04), il discrimine tra le due fattispecie risiede nell’effettivo esercizio del potere organizzativo della prestazione lavorativa e nell’organizzazione dei mezzi necessari all’impresa da parte dell’appaltatore, mentre risulta secondaria la mera sussistenza di un potere organizzativo di tipo amministrativo in capo all’appaltatore medesimo.
Nella specie, era stata esattamente riscontrata una violazione delle norme di cui all’articolo 29 del Decreto legislativo n. 276/2003 e all’articolo 1655 del Codice civile, situazione che consentiva al lavoratore interessato, ai sensi del comma 3-bis dell’articolo 29 citato, di chiedere, mediante ricorso giudiziale, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze del soggetto che ne aveva utilizzato la prestazione.
Era legittimo, in definitiva, che venisse riconosciuto il rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra il medesimo e la committente, in quanto il ruolo della società appaltatrice era risultato residuale e di carattere meramente amministrativo, mentre tutti i poteri di organizzazione erano spettati in capo alla prima.
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