Ammortamenti, reato plurimo

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Senza dubbio ogni qual volta vengono indicati in una dichiarazione dei redditi o Iva elementi passivi fittizi relativi a quote di ammortamento dell’acquisto di beni strumentali non corrispondenti a operazioni reali viene cagionato un nuovo danno erariale per l’Amministrazione finanziaria dello Stato, e, quindi, viene posta in essere la fattispecie tipica del reato di cui all’articolo 2 del Dlgs n. 74/2000. Questo è il principio sancito dalla Corte di cassazione con la sentenza 39176 della Terza sezione penale depositata il 20 ottobre scorso. Opponendosi alla tesi della difesa, secondo la quale il reato si consuma nell’anno in cui le fatture per operazioni inesistenti vengono registrate nella contabilità e recepite nella dichiarazione dei redditi per cui è irrilevante il loro utilizzo nelle dichiarazioni dei redditi per gli anni a seguire, i giudici di merito hanno, invece, ribadito che il reato di dichiarazione dei redditi fraudolenta attraverso l’uso di fatture o di altri documenti relativi ad operazioni inesistenti è integrato da ogni dichiarazione nella quale la documentazione viene utilizzata. Nel caso di frazionamento in più dichiarazioni dei redditi delle quote di ammortamento dell’importo di fatture per l’acquisto di beni strumentali, acquisto però risultato inesistente, si ripete la fattispecie criminosa, che fa scattare sempre la sanzione. I Supremi giudici ritengono, infatti, che l’ammortamento frazionato dei costi sostenuti per l’acquisto di beni strumentali discende da una libera scelta dell’azienda e, quindi, la stessa potrebbe decidere di sottrarsi alla sanzione penale conseguente al ripetersi della frode fiscale, invece di scegliere di godere dei benefici dell’illecito.
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