Amianto, beneficio contributivo anche se la malattia non è indennizzabile
Pubblicato il 20 dicembre 2022
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Per il riconoscimento del beneficio contributivo di cui all'art. 13, comma 7, della Legge n. 257/1992 in favore dei lavoratori che abbiano contratto malattie professionali a causa dell’esposizione all’amianto documentata dall’Inail non è necessario che la malattia sia indennizzabile.
E' quanto ammesso dalla Corte di cassazione nel testo dell'ordinanza n. 37045 del 17 dicembre 2022 con cui ha fornito la corretta interpretazione della disposizione richiamata, per come inserita nel contesto delle misure previdenziali a sostegno dei lavoratori che si sono trovati direttamente o indirettamente esposti all'amianto.
La previsione in esame, in particolare, dispone che: "Ai fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche per i lavoratori, che abbiano contratto malattie professionali a causa dell'esposizione all'amianto documentate dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), il numero di settimane coperto da contribuzione obbligatoria relativa a periodi di prestazione lavorativa per il periodo di provata esposizione all'amianto è moltiplicato per il coefficiente di 1,5".
Nella vicenda posta all'attenzione della Suprema corte, un uomo si era visto respingere la domanda con cui aveva chiesto l'accertamento di aver contratto una malattia professionale da asbesto correlata, al fine di conseguire la rivalutazione dei periodi contributivi ai sensi della citata legge, a prescindere dal raggiungimento della soglia indennizzabile.
La Corte d'appello, tuttavia, aveva sostenuto che, nel sistema dell'assicurazione obbligatoria dell'INAIL, l'indennizzabilità fosse presupposto costitutivo del riconoscimento della sussistenza di una malattia professionale da parte dell'Istituto.
Di diverso avviso gli Ermellini, secondo i quali tale ultima tesi non poteva essere condivisa: il testo della legge, in primo luogo, non prevede il requisito del raggiungimento del grado indennizzabile.
Va inoltre considerato che nel medesimo testo di riferimento sono qualificate come malattie professionali anche le placche pleuriche benché alle stesse non sia attribuito un grado di inabilità indennizzabile.
L'esistenza di una malattia professionale non indennizzabile, peraltro, non esclude, ovviamente, già da un punto di vista naturalistico, il nesso tra professione espletata e malattia, né che tale nesso venga "documentato" proprio dall'INAIL.
In tale contesto, non risulta sostenibile che possano considerarsi malattie professionali solo quelle che raggiungano la soglia indennizzabile anche quando l'oggetto del diritto che discende dall'accertamento della malattia, cui si connette l'interesse del lavoratore alla richiesta, non sia un indennizzo ma un'altra posizione soggettiva, come nel caso in esame.
Il Collegio di Piazza Cavour, in definitiva, ha enunciato il seguente principio di diritto: "L'art. 13, comma 7, della Legge n. 257/1992, laddove individua, quale presupposto per il riconoscimento del beneficio contributivo, una malattia di cui l'INAIL abbia documentato l'origine da esposizione all'amianto, non richiede che la stessa malattia sia indennizzabile".
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