Accordi transattivi, Iva sulle prestazioni. Chiarimenti Assonime
Pubblicato il 10 settembre 2021
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Assonime, con la circolare n. 26 del 9 settembre 2021, approfondisce la disciplina Iva da applicare alle prestazioni di servizi derivanti da accordi transattivi.
L’Associazione analizza le diverse posizioni assunte dall’Agenzia delle Entrate nelle recenti pronunce di prassi proprio sugli accordi transattivi, dove le parti si erano impegnate a risolvere le controversie insorte fra di loro riguardanti rapporti giuridici di vario genere.
L’orientamento dell’Agenzia sembrerebbe essere quello di un’applicazione generalizzata dell’Iva agli obblighi derivanti dalla transazione.
In particolare, nella circolare, si considerano le recenti risposte ad interpello, aventi ad oggetto la disciplina Iva delle somme derivanti da accordi transattivi, che però hanno destato alcune perplessità.
Si tratta, nello specifico, delle risposte:
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n. 179 del 16 marzo 2021;
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n. 212 del 26 marzo 2021;
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n. 356 del 26 marzo 2021;
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n. 401 del 10 giugno 2021.
Nelle suddette risposte ad interpello, l’Agenzia ha ritenuto che le somme pattuite tra le parti in via transattiva costituissero il corrispettivo di una prestazione di servizi imponibile ai fini dell’Iva, in virtù del fatto che tali prestazioni consistono nell’assunzione dell’impegno a non proseguire azioni contenziose già iniziate, o comunque a non iniziare tali azioni o a rinunciarvi.
Si tratta, dunque, di somme che sono state considerate quale corrispettivo di un obbligo di non fare, da assoggettare a Iva ai sensi dell’articolo 3 del DPR 633/72.
A sostegno delle proprie posizioni, l’Agenzia delle Entrate ha richiamato anche l’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 23668/2018, anche se è il caso di osservare come la posizione della giurisprudenza sul tema non sia univoco.
Rispetto a queste posizioni, invece, Assonime ha mosso alcune considerazioni critiche, basando le sue motivazioni sul fatto che l’orientamento assunto dall’Amministrazione finanziaria viene enunciato in termini assoluti, mentre la rilevanza fiscale della transazione dovrebbe essere oggetto di una “valutazione caso per caso” così da poter identificare la specifica volontà delle parti.
Secondo Assonime, infatti, l’Agenzia delle Entrate tenderebbe “a ravvisare, sempre e comunque, l’esistenza di prestazioni di servizi imponibili in presenza di transazioni”.
L’Associazione critica tale atteggiamento, evidenziando come, in sede di transazione, le parti possono pattuire diritti ed obblighi che, di per se stessi, costituiscono oggetto di prestazioni rilevanti agli effetti Iva, in particolare quando la transazione ha effetti novativi, anche se non è detto che tali effetti implichino sempre l’esistenza di operazioni imponibili ai fini dell’imposta.
Per tali ragioni, l’approccio consigliato da Assonime è quello di verificare, caso per caso, il complesso dei diritti e obblighi transati e non considerare come un’operazione soggetta ad Iva qualsiasi tipo di concessione scaturente dall’accordo transattivo, in quanto definibile come espressione di un obbligo rilevante per l’imposta.
In caso contrario, l’istituto della transazione diverrebbe antieconomico, soprattutto in presenza di soggetti senza diritto alla detrazione, con la conseguenza che si perderebbe la neutralità di effetti fiscali tra la sentenza e la transazione, a favore della prima.
Assonime auspica, a questo punto, un chiarimento ufficiale in un “documento di prassi esaustivo e di portata generale”.
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