Vittorio Emanuele di Savoia: diritto all'oblio negato

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Vittorio Emanuele di Savoia: diritto all'oblio negato

Il diritto di oblio sulle proprie vicende personali che fa capo ad ogni persona, si deve, invero, confrontare con il diritto della collettività ad essere formata ed aggiornata sui fatti da cui dipende la formazione dei propri convincimenti, anche se da questo derivi discredito alla persona che è titolare di quel diritto.

Sulla scorta di detta argomentazione, la Corte di Cassazione, quinta sezione penale, ha assolto un giornalista dal reato di diffamazione ai danni di Vittorio Emanuele di Savoia, per aver riesumato, mediante la pubblicazione di un articolo apparso in un noto quotidiano, l’uccisione di un soggetto avvenuto nel lontano 1978 nel corso di una sparatoria ove lo stesso Savoia era coinvolto (ma da cui, tuttavia, ne era uscito assolto). Il presente articolo - lamentava “l’erede al trono” rivendicando il proprio diritto all'oblio - presentava carattere diffamatorio, non contenendo alcun riferimento alla sua assoluzione, ed anzi, affermando la sua responsabilità per detenzione e porto abusivo di armi da fuoco.

Interesse pubblico alla riesumazione e contenuto non diffamatorio

Censura tuttavia disattesa dalla Corte Suprema che, oltre a rimarcare l’interesse pubblico alla riesumazione della vicenda (stante il contesto temporale in cui ciò era avvenuto), dà conto di come l’articolo “incriminato” non avesse in realtà attribuito alcuna volontà omicidiaria a Vittorio Emanuele. Nessuna diffamazione risulta dunque ravvisabile.

In ogni caso – si legge ancora nella sentenza n. 38747 del 3 agosto 2017 – il fatto che sia stato escluso un suo coinvolgimento penale nell'accaduto, non lo esime da ulteriori profili di responsabilità (specie civile ed etica), posto che l’uccisione di cui il giornalista narra, avvenne nel corso di una sparatoria a cui il Savoia partecipò al di fuori di ogni ipotesi di legittima difesa.

In conclusione, Vittorio Emanuele non può certo dolersi, a detta della Corte, per la riesumazione di un fatto - oltretutto veritiero ed esposto secondo modalità non diffamatorie - sen'altro idoneo alla formazione della pubblica opinione (il che, in tal caso, prevale sul diritto all'oblio). 

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