Trasferimenti immobiliari a seguito di negoziazione familiare, con o senza l’autentica?

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Trasferimenti immobiliari a seguito di negoziazione familiare, con o senza l’autentica?

L'avvocato della parte è l'unico soggetto abilitato ad autenticare l'accordo raggiunto dai coniugi che si separano in regime di negoziazione assistita, accordo contenente le certificazioni di cui all'articolo 5 del Decreto legge n. 132/14, compresa la certificazione dell'autografia delle sottoscrizioni effettuata ai sensi del comma 2 dell’articolo citato.

Pertanto, in considerazione dell'equipollenza tra l'accordo di separazione in regime di negoziazione assistita autorizzato dal Pubblico ministero e il verbale di separazione consensuale sottoscritto in Tribunale ed omologato, deve ritenersi che anche il primo possa essere trascritto, “considerata l'identità della fonte pattizia e le medesime finalità di tutela perseguite”.

E’ sulla scorta di tali considerazioni che il Tribunale di Roma, con decreto del 17 marzo 2017, ha ordinato al Conservatore dei Registri Immobiliari di Roma di procedere alla trascrizione, senza riserva, dell'accordo di separazione consensuale sottoscritto da due coniugi a seguito della procedura di negoziazione assistita, accordo che era stato autorizzato dal PM e che prevedeva, al posto della corresponsione di un assegno mensile a favore della moglie, il trasferimento, a questa, della metà indivisa della casa coniugale.

Ai sensi di questa statuizione, che sostanzialmente ribadisce quanto era già stato sostenuto in un decreto del Tribunale di Pordenone emesso appena il giorno precedente (16 marzo 2017), l’accordo di negoziazione assistita familiare, contenente trasferimenti di beni immobili, può accedere alla trascrizione e, quindi, alla pubblicità immobiliare, anche se rechi la sola certificazione dell'autografia delle firme eseguita dagli avvocati delle parti, e non anche l'autentica del notaio o di altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato.

Quella appena enunciata è un’interpretazione che ha suscitato notevole interesse tra gli addetti ai lavori e che è stata salutata con peculiare soddisfazione da parte dell’Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori (AIAF) e dell’Associazione italiana giovani avvocati (AIGA).

Questione controversa

Tuttavia, la stessa si discosta dal diverso ed opposto orientamento, espresso da altra parte della giurisprudenza di merito, secondo cui l’accordo di trasferimento immobiliare raggiunto in sede di negoziazione familiare, necessiterebbe di un’ulteriore autentica da parte del notaio o dell’ufficiale giudiziario, in assenza della quale lo stesso non sarebbe di per sé trascrivibile (tribunali di Genova, Napoli e Catania).

Di seguito, una disamina sulle due contrastanti letture.

Tribunale di Roma: equiparazione tra accordo autorizzato e verbale omologato

Nella vicenda in cui si è pronunciato il Tribunale capitolino, due ex coniugi avevano proposto reclamo avverso la trascrizione eseguita “con riserva” da parte del Conservatore dei registri di Roma, il quale aveva appunto espresso la propria riserva, nutrendo dubbi sulla validità di una copia la cui conformità all'originale era attestata da un soggetto non abilitato per legge alla custodia dell'atto stesso.

Alla fattispecie – aveva sottolineato lo stesso Conservatore costituitosi in giudizio – avrebbe dovuto applicarsi l'articolo 5, comma 3, del D.L. 132/2014 che testualmente dispone "se con l'accordo le parti concludono uno dei contratti e compiono uno degli atti soggetti a trascrizione, per procedere alla trascrizione dello stesso l sottoscrizione del processo verbale d'accordo deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato".

A suo parere, ossia, l'equiparazione dell'accordo autorizzato dal Pubblico ministero con la sentenza omologata sarebbe da intendere esclusivamente con riferimento alle condizioni che regolano la separazione o lo scioglimento del matrimonio.

Di diverso avviso il Tribunale romano, secondo cui, sulla particolare questione, esisterebbe, in realtà, un vuoto legislativo conseguente unicamente “dalla mancata armonizzazione tra la normativa codicistica e quella del recente decreto sulla negoziazione assistita”.

Analogamente, del resto, anche l'articolo 155 del Codice civile, nella formulazione vigente prima delle modifiche operate con la Legge n. 54/2006 e per effetto dell'intervento additivo operato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 454/1989, aveva affermato la trascrivibilità del provvedimento con cui, nel giudizio di separazione personale, al coniuge affidatario della prole era attribuito il diritto di abitazione nella casa familiare, e ciò al dichiarato scopo di rendere, in tal modo, validamente opponibile ai terzi detto vincolo che, poiché gravante su di un bene immobile, doveva soggiacere al relativo regime pubblicitario.

In ogni caso, il potere di autenticazione dell'accordo raggiunto in regime di negoziazione assistita comporterebbe, per l'avvocato, la possibilità di attestazione che la copie è conforme al documento originale, sottoscritto dalle parti e dagli avvocati.

Ne consegue – a detta del Collegio romano - l'irrilevanza del fatto che detti accordi non siano depositati presso il Tribunale, in quanto la procedura prevista dalla Legge sulla negoziazione assistita ha introdotto uno strumento nuovo, che va necessariamente coordinato con la normativa previgente.

Tribunale di Pordenone: non è necessaria un’ulteriore autenticazione

Di analogo tenore, come sopra anticipato, l’altra recente statuizione del Tribunale di Pordenone (decreto del 16 marzo 2017), secondo cui l’accordo di negoziazione assistita con cui due coniugi pervengono alla definizione della propria separazione personale, con contestuale cessione di un bene immobile, se munito del nulla osta o dell’autorizzazione del Procuratore della Repubblica, produce gli stessi effetti dei provvedimenti giudiziali, tra i quali non può non essere ricompreso anche quello di costituire titolo per la trascrizione, senza che a tal fine siano necessarie ulteriori autenticazioni da parte di un pubblico ufficiale.

Esigere, infatti, l’intervento di un’ulteriore figura professionale, contrasterebbe con la finalità di assicurare una maggiore funzionalità ed efficacia della giustizia civile, espressamente enunciata nel preambolo del Decreto legge n. 132/2014 sulla negoziazione assistita, addossando alle parti “ulteriori formalità e costi aggiuntivi”.

Questo, con effetti completamente “disincentivanti” nei confronti della negoziazione medesima, “incompatibili con i dichiarati intenti di semplificazione ed efficienza perseguiti dal legislatore”.

Anche in questo caso si trattava di una vicenda in cui due coniugi avevano sottoscritto una convenzione di negoziazione, tra le cui condizioni era contenuto il trasferimento, tra loro, della quota di proprietà di un bene immobile.

L’accordo era stato depositato presso la locale Procura, ottenendo il prescritto nullaosta non essendo presenti figli minori o soggetti a questi equiparati, nonché annotato dall’Ufficiale dello stato civile.

Tuttavia, una volta che lo stesso era stato presentato presso la Conservatoria dei registri immobiliari, era stata rifiutata la trascrizione della cessione dell'immobile ed erano stati sollevati dubbi circa l’idoneità del titolo, asseritamente privo di valida autenticazione ai fini della trascrivibilità.

Con la pronuncia in oggetto, il Tribunale friulano ha, quindi, ordinato al Conservatore dei registri immobiliari, di procedere alla citata trascrizione, ritenendo accertato che, in materia di famiglia ex articolo 6 del Decreto legge n. 132/2014, non è richiesta, né è necessaria, l’ulteriore autenticazione delle sottoscrizioni da parte di un pubblico ufficiale a ciò autorizzato.

Orientamento contrapposto

Il diverso ed opposto orientamento è stato, per contro, affermato dal Tribunale di Genova con decreto del 29 marzo 2016.

In questo ultimo provvedimento si è ritenuto che il citato articolo 5 del D.L. n. 132/2014 costituisca “disposizione” riguardante, in generale, tutti gli aspetti esecutivi collegati al raggiungimento di un accordo a seguito della negoziazione assistita.

Avrebbe, pertanto, portata generale, e non limitata per materie, la previsione circa la richiesta autenticazione delle sottoscrizioni sul verbale di accordo di cui al comma 3 dell’articolo 5 medesimo.

Difatti, la certificazione dell'autografia delle sottoscrizioni da parte degli avvocati è finalizzata esclusivamente ai fini della successiva trasmissione all'ufficiale di stato civile per i conseguenti adempimenti anagrafici, mentre un analogo potere certificativo non viene riconosciuto ai difensori ai fini delle trascrizioni immobiliari.

Ragionando diversamente - continua la pronuncia - si realizzerebbe l’unico caso in tutto l'ordinamento nel quale al difensore sarebbe attribuito un potere certificativo per le attività negoziali, che non è riconosciuto né per le ordinarie formalità di trascrizione dall'articolo 2657 del Codice civile e neppure è contemplato nella disciplina sulla “mediaconciliazione”.

Sulla stessa linea anche il Tribunale di Catania (provvedimento del 12 novembre 2015) e quello di Napoli (decreto del 20 gennaio 2016) i quali hanno entrambi evidenziato come “se con l'accordo di negoziazione assistita in materia familiare, le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti soggetti a trascrizione, per procedere alla pubblicità immobiliare, le sottoscrizioni dell'accordo devono essere autenticate da un notaio o da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato”.

In particolare, il Tribunale siciliano ha sottolineato come, da un lato, il nulla osta del Pm non è equivalente alla funzione svolta dal notaio, dall’altro, l'accordo munito del nulla osta non è assimilabile a una sentenza, non promanando da un organo giurisdizionale.

Per quello partenopeo, infine, non sarebbe idonea a tale scopo nemmeno l'autenticazione del segretario comunale, in quanto non conforme al disposto dell'articolo 21 del DPR n. 445/2000, “in relazione all'articolo 5, comma 3, della Legge sulla mediazione assistita”.

La posizione degli avvocati

Come anticipato, le conclusioni a cui è giunto il Tribunale di Pordenone e, quindi, il Tribunale di Roma, sono state accolte con particolare favore dagli avvocati e, in particolar modo, dell’AIAF e dall’AIGA.

Per l’associazione dei legali familiaristi, le argomentazioni in oggetto sarebbero “chiarissime ed in sintonia con quanto dispone l’istituto della negoziazione” stessa, in materia familiare.

Sostenere il contrario – si legge in un comunicato dell’AIAF del 20 marzo 2017 – vorrebbe dire “svilire e/o svuotare di contenuto tale importantissimo ed innovativo istituto che attribuisce grande rilievo e grande responsabilità al ruolo dell’Avvocatura”.

Per i giovani avvocati dell’AIGA, la notizia della decisione del Tribunale di Pordenone avrebbe portata addirittura “dirompente”, estromettendo, di fatto, la figura del notaio.

La pronuncia – secondo quanto affermato dal presidente dell’Associazione, Michele Vaira, in un comunicato, anch’esso datato 20 marzo – “aprirebbe la strada ad una nuova consapevolezza degli avvocati, ed attesta la sussistenza di tutte le condizioni per riconoscere ai legali potestà certificative, nell’interesse della concorrenza e quindi dei cittadini”.

E di recente è anche il consigliere del Consiglio Nazionale Forense, nonché coordinatrice della Commissione Diritto di Famiglia di quest’ultimo, Avv. Maria Masi, ad aver sottolineato che i citati provvedimenti del Tribunale di Pordenone e di Roma rappresentino, per gli avvocati, la conferma “che la difesa tecnica è garanzia dell’assolvimento di tutti gli adempimenti che la legge prevede”.

Oggi più che mai” – ha precisato l’esponente del Cnf - “non solo è opportuno, per quanto detto, ma è lecito e soprattutto conforme al diritto, l’accordo ad effetto traslativo o costitutivo immediato definito dalle parti, in sede di separazione e divorzio e in questo ambito l’Avvocatura, non solo è certamente idonea al ruolo “ridefinito” ma è anche più che mai pronta ad assumersi oneri e responsabilità, come, peraltro oggi già assume nei procedimenti di negoziazione assistita”.

Precisazioni da Fadernotai: provvedimenti di Roma e Pordenone errati in punto di diritto

Di diverso ed opposto avviso Federnotai, anche esso intervenuto sulla controversa questione con alcune prime note di commento del 23 marzo 2017, in cui i citati decreti dei due Tribunali di Pordenone e di Roma sono stati definiti, in questo caso, come provvedimenti “errati in punto di diritto”.

In primo luogo, il sindacato dei notai ha precisato che il Tribunale di Pordenone non ha affatto riconosciuto l’idoneità dell’autentica dell’avvocato ai fini della trascrizione, bensì, per contro, che l’accordo assistito di separazione può essere trascritto senza bisogno di autentica, in quanto equiparato dalla legge agli atti dell’autorità giudiziaria.

E anche la decisione del Tribunale di Roma – è stato sottolineato – è sostanzialmente fondata sulla equiparazione normativa tra l’accordo assistito di separazione e il verbale di separazione omologato dal Tribunale.

Non si tratterebbe, ossia, di nessuna “vittoria” dell’Avvocatura sul notaio, bensì “solo la conferma che, per la trascrizione degli accordi di cui all’art. 6 d.l. 132/2014 non occorre l’autentica”.

Per Federnotai, in realtà, l’errore, in cui i tribunali sono incorsi, sarebbe consistito “nel ritenere che l’equiparazione normativa tra l’accordo assistito e i provvedimenti giudiziali di separazione non riguardi soltanto gli effetti dell’atto, ma si estenda anche alla forma dello stesso ai fini della pubblicità immobiliare”.

Quadro normativo

Decreto Legge n. 132 del 12 Settembre 2014,

Tribunale di Roma - decreto del 17 Marzo 2017

Tribunale di Pordenone - decreto del 16 Marzo 2017

articolo 155 del Codice Civile

Legge n. 54/2006

Corte Costituzionale - sentenza n. 454/1989

Tribunale di Genova - decreto del 29 marzo 2016

Tribunale di Catania - ordinanza del 12 novembre 2015

Tribunale di Napoli - decreto del 20 gennaio 2016

DPR n. 445/2000

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