Tempo di viaggio: è orario di lavoro e va retribuito?
Pubblicato il 16 aprile 2024
In questo articolo:
Condividi l'articolo:
Il luogo di lavoro è un elemento fondamentale del contratto di lavoro subordinato.
Il decreto trasparenza (articolo 4, decreto legislativo 27 giugno 2022, n. 104 che modifica l’articolo 1 del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 152) annovera, tra le informazioni sul rapporto di lavoro che il datore di lavoro, pubblico e privato, è tenuto a comunicare al lavoratore “b) il luogo di lavoro. In mancanza di un luogo di lavoro fisso o predominante, il datore di lavoro comunica che il lavoratore è occupato in luoghi diversi, o è libero di determinare il proprio luogo di lavoro” e “la sede o il domicilio del datore di lavoro”.
Tale obbligo di informazione è assolto mediante la consegna al lavoratore, all'atto dell'assunzione e prima dell'inizio dell'attività lavorativa, o del contratto individuale di lavoro redatto per iscritto o della copia della comunicazione obbligatoria di instaurazione del rapporto di lavoro al Centro per l’impiego.
Se non contenute in tali documenti, le informazioni devono essere in ogni caso rese per iscritto al lavoratore entro i 7 giorni successivi all'inizio della prestazione lavorativa.
Regole diverse sono invece previste relativamente alle informazioni da rendere in merito alla programmazione dell'orario normale di lavoro e alle eventuali condizioni relative al lavoro straordinario e alla sua retribuzione, per le quali il legislatore, a seguito delle semplificazioni del decreto lavoro, ritiene che l’onere informativo possa ritenersi assolto con l’indicazione del riferimento normativo e/o della contrattazione collettiva, anche aziendale.
Il tempo che il lavoratore impiega per raggiungere la sede di lavoro o il luogo dove svolgere l’attività lavorativa, il cd. tempo di viaggio, può essere considerato orario di lavoro?
Secondo la regola generale, no, ma sono previste delle eccezioni.
Tempo di viaggio e orario di lavoro: cosa dice il legislatore
Il D.Lgs. n. 66/2003, all’articolo 8, comma 3, ha stabilito il seguente principio generale “Salvo diverse disposizioni dei contratti collettivi, rimangono non retribuiti o computati come lavoro ai fini del superamento dei limiti di durata (n.d.a. dell’orario di lavoro) i periodi di cui all'articolo 5 regio decreto 10 settembre 1923, n. 1955, e successivi atti applicativi, e dell'articolo 4 del regio decreto 10 settembre 1923, n. 1956, e successive integrazioni”.
L’articolo 5 del citato regio decreto 10 settembre 1923, n. 1955 esclude dalla nozione di lavoro effettivo il tempo impiegato per recarsi al posto di lavoro. E l'articolo 4 del regio decreto 10 settembre 1923, n. 1956 dispone che non si considerano come lavoro effettivo e non sono compresi nella durata massima normale della giornata di lavoro “il tempo per l'andata al campo o al posto di lavoro e quello per il ritorno, in conformità delle consuetudini locali”.
Pertanto è principio generale vigente che il tempo necessario giornalmente per raggiungere la sede di lavoro non è considerabile lavoro effettivo e non può essere retribuito.
Ma a tale regola generale, che (si ricorda) non trova applicazione per le attività e per i lavoratori a cui non applica la disciplina dell’orario di lavoro di cui al D.Lgs. n. 66/2003 (articolo 2), il legislatore pone un’eccezione: che vi siano diverse disposizioni nei contratti collettivi nazionali o, in loro assenza, nei contratti collettivi territoriali o aziendali stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (articolo 17).
Tempo di viaggio e orario di lavoro: cosa dispone la contrattazione collettiva
Il recente CCNL Terziario - Confesercenti (Accordo integrativo del 28 Marzo 2024, Ipotesi di Accordo del 22 Marzo 2024) nel disporre che la durata normale del lavoro effettivo, per la generalità delle aziende che applicano il contratto, è fissata in 40 ore settimanali, salvo specifiche deroghe, ha stabilito che “per lavoro effettivo si intende ogni lavoro che richiede un’applicazione assidua e continuativa; non sono considerati come lavoro effettivo il tempo per recarsi al posto di lavoro, i riposi intermedi presi sia all’interno che all’esterno dell’azienda, le soste comprese tra l’inizio e la fine dell’orario di lavoro giornaliero”.
Diversamente il CCNL Metalmeccanica pmi - Cifa (CCNL 1° luglio 2020) che, con una disposizione di miglior favore, ha stabilito che il tempo di viaggio, vale a dire “le ore di viaggio coincidenti con il normale orario di lavoro, fino ad un massimo di 8 ore, sono retribuite con la normale retribuzione, quelle eccedenti sono compensate con l'85% della normale retribuzione”.
Tempo di viaggio e orario di lavoro: chiarimenti del Ministero del lavoro
Sul tempo di viaggio si è espresso anche il Ministero del lavoro con gli interpelli n. 13 e 15 del 2010
A conferma dell’orientamento giurisprudenziale prevalente, il Dicastero ha fornito i seguenti chiarimenti.
Trasferta e computo delle ore di viaggio (interpello 15/2010)
Al quesito posto in merito alla possibilità di considerare come orario di lavoro le ore di viaggio per le trasferte e il loro eventuale trattamento economico, il Ministero del lavoro, con interpello n. 15 del 2 aprile 2010, ha risposto che il tempo impiegato dal lavoratore per raggiungere la sede di lavoro durante la trasferta non costituisce esplicazione dell’attività lavorativa ed il disagio che deriva al lavoratore è assorbito dall’indennità di trasferta.
Pertanto, in caso di trasferta, le ore di viaggio non possono essere computate nell’orario di lavoro e il trattamento economico che ne deriva non può che essere di natura indennitaria, nei limiti di quanto disposto dall’art. 51, comma 5, del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR).
Il Ministero ricorda che è consentito alla contrattazione collettiva di disporre una differente disciplina delle trasferte che stabilisca in quali casi il tempo di viaggio possa essere considerato come servizio a tutti gli effetti in quanto modalità di espletamento delle prestazioni lavorative e aggiunge che “sembra opportuno valutare le eventuali deroghe anche alla luce di quanto disposto dalla Cassazione con la sentenza n. 5701 del 22 marzo 2004 da ultimo citata, nella quale l’evidente apertura nel considerare le ore di viaggio quale esplicazione dell’attività lavorativa risiede nella funzionalità del tempo impiegato per il viaggio rispetto alla prestazione.”.
Orario di lavoro e tempo impiegato per recarsi al lavoro (Interpello n. 13/2010)
Il Ministero del lavoro, in pari data (interpello n. 13 del 2 aprile 2010), ha risposto ad un quesito dell’Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE), in merito all’esatto inquadramento, nell’ambito della disciplina dell’orario di lavoro, del tempo impiegato dai lavoratori per raggiungere il posto di lavoro.
Più nel dettaglio, con riferimento alle ipotesi in cui il datore di lavoro consente ai lavoratori occupati in diversi cantieri di recarsi in un “punto di raccolta” (solitamente presso la sede legale o il magazzino dell’azienda) al fine di usufruire dei mezzi aziendali per raggiungere un determinato cantiere, l’ANCE chiedeva di sapere se il tempo di percorrenza per giungere al punto di raccolta dovesse essere computato nell’orario di lavoro.
Il Ministero del lavoro ha chiarito che occorre attribuire rilevanza al principio di funzionalità sulla scorta
- della previsione normativa contenuta nell’art. 8 del D.Lgs. n. 66/2003 – secondo cui il tempo impiegato dal lavoratore per recarsi sul posto di lavoro deve ritenersi escluso dal concetto di orario di lavoro –
- delle decisioni della giurisprudenza di legittimità (Cass., sez. lav., n. 5775 del 11 aprile 2003 e Cass., sez. lav., n. 5701 del 22 marzo 2004) secondo cui “il tempo impiegato per raggiungere il luogo di lavoro rientra nell’attività lavorativa vera e propria – e va quindi sommato al normale orario di lavoro come straordinario – allorché sia funzionale rispetto alla prestazione” la quale al contempo ha spiegato che “sussiste il carattere di funzionalità nel caso in cui il dipendente, obbligato a presentarsi presso la sede aziendale, sia poi di volta in volta inviato in diverse località per svolgervi la sua prestazione lavorativa”. .
Ove l’accesso al punto di raccolta costituisca, evidenzia il Dicastero, una mera comodità per il lavoratore (potendo questi recarsi in cantiere anche con mezzi propri), l’orario di lavoro decorre dal momento in cui il lavoratore è a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività presso il cantiere.
Viceversa, se è richiesto al lavoratore di recarsi al “punto di raccolta” per utilizzare un particolare mezzo di trasporto o per reperire la strumentazione necessaria o, comunque, di porsi a disposizione del datore di lavoro presso detto “punto di raccolta” entro un determinato momento (ad esempio per esigenze organizzative datoriali), è a partire da quest’ultimo che deve computarsi l’orario di lavoro.”.
Ricevi GRATIS la nostra newsletter
Ogni giorno sarai aggiornato con le notizie più importanti, documenti originali, anteprime e anticipazioni, informazioni sui contratti e scadenze.
Richiedila subitoCondividi l'articolo: