Tar Lazio: sì a consulenze gratuite in favore della Pa
Pubblicato il 03 ottobre 2019
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E’ possibile che una consulenza professionale in favore di una Pubblica amministrazione abbia carattere gratuito?
Secondo il Tar del Lazio sì, posto che nel nostro ordinamento non si rinviene alcun divieto in tal senso.
In detto contesto - spiegano i giudici regionali - non può ritenersi che le norme sull’equo compenso vi siano di ostacolo.
Detta ultima disciplina, infatti, deve intendersi nel senso che, laddove sia stabilito un compenso in denaro, esso non può che essere equo.
Niente impedisce, però, al professionista (senza incorrere in alcuna violazione, neppure del Codice deontologico) di prestare la propria consulenza senza pretendere ed ottenere alcun corrispettivo in denaro.
Il consulente, infatti, può comunque trarre vantaggi di natura diversa, in termini di arricchimento professionale legato alla partecipazione ad eventuali tavoli, allo studio di particolari problematiche ed altro, nonché quale possibilità di far valere tutto ciò all’interno del proprio curriculum vitae.
Avviso MEF per consulenza a titolo gratuito: legittimo
E’ sulla base di questi assunti che il Tar del Lazio, con sentenza n. 11411 del 30 settembre 2019, ha ritenuto legittimo un avviso pubblico del ministero dell’Economia e delle Finanze di febbraio 2019, con cui era stata formulata una manifestazione di interesse per il conferimento di incarichi di consulenza a titolo gratuito sul diritto nazionale ed europeo societario, bancario e dei mercati e intermediari finanziari.
L’avviso era diretto ad esponenti del mondo accademico e professionisti e, tra i requisiti di ammissione, richiedeva una “consolidata e qualificata esperienza accademica e/o professionale documentabile (di almeno 5 anni), anche in ambito europeo o internazionale, negli ambiti tematici del diritto societario, bancario, pubblico dell’economia o dei mercati finanziari o dei principi contabili e bilanci societari; lingua inglese fluente”.
La consulenza avrebbe avuto una durata biennale, senza possibilità di rinnovo, ma con facoltà, per il professionista, di recedere, con preavviso di 30 giorni, fermo restando l’obbligo, per lo stesso, di portare a termine un eventuale studio che avesse iniziato.
Contro l’avviso aveva promosso ricorso un avvocato che, pur avendo esperienza ultratrentennale nelle materie in questione, aveva rappresentato di non avervi aderito in considerazione del carattere gratuito dell’incarico.
Tra le doglianze rappresentate dal ricorrente, vi era un'asserita violazione della normativa sul diritto all’equo compenso.
Disciplina questa che, a parere dei giudici amministrativi, era stata “erroneamente invocata” dal professionista, in quanto applicabile solo qualora fosse stato stabilito un compenso in denaro.
Consulenza occasionale? No rapporto di lavoro autonomo né appalto di servizi
Nella decisione, il Tribunale regionale ha sottolineato come, in ragione del carattere eventuale ed occasionale della consulenza, la prestazione richiesta non poteva qualificarsi come contratto di lavoro autonomo: non era prevista l’instaurazione di alcun rapporto di lavoro né alcuna fornitura di servizio professionale.
E non si sarebbe trattato nemmeno di un appalto di servizi sottoposto alla disciplina del Codice dei Contratti pubblici, posta l’assenza della previsione del numero ben definito di incarichi da conferire, dell’individuazione puntuale dell’oggetto e della consistenza di ciascun incarico, nonché di una selezione vera e propria, con una graduatoria finale.
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