Stalking. Episodi criminosi anche in luoghi pubblici
Pubblicato il 09 dicembre 2015
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Con sentenza n. 48332 depositata il 7 dicembre 2015, la Corte di Cassazione, quinta sezione penale, ha confermato la condanna di un imputato – respingendone il ricorso – per i reati di atti persecutori ex art. 612 bis c.p., lesioni e violenza privata ai danni di una donna con cui aveva avuto una breve relazione, di cui non aveva accettato la fine.
Avverso la propria condanna – nello specifico, per il reato di atti persecutori – l'imputato deduceva l'insussistenza di elementi oggettivi a suo carico, da cui dedurre la propria responsabilità in ordine ai fatti contestati. Invero, secondo la difesa, la sporadicità degli episodi non sarebbe stata idonea ad integrare la condotta abituale in contestazione.
Ma secondo la Cassazione, tale deduzione trova smentita nelle stesse risultanze istruttorie di merito, in cui risultano denunciati plurimi episodi criminosi posti in essere dall'imputato, realizzati - con protrazione in un arco temporale significativo - mediante minacce, invio di messaggi oltraggiosi sull'utenza cellulare della donna, scritti sulla chat, lesioni, molestie al citofono.
Atti e comportamenti dunque - tutti determinati dalla fine della relazione sentimentale con la vittima - correttamente ritenuti integranti, secondo la Corte Suprema, il reato di "stalking", tenuto conto dell'abitualità della condotta e della produzione, in dipendenza di tale condotta, di un perdurante e grave stato di ansia e paura.
Stalking. Bastano due sole condotte di violenza o molestia
E quanto all'abitualità, la Corte richiama un principio più volte espresso, secondo cui per integrare il delitto ex art. 612 bis c.p. sono sufficienti anche due sole condotte di violenza o molestia, come tali, idonee a costituire la reiterazione richiesta dalla norma incriminatrice.
Stato di ansia e paura non interdice i locali pubblici
Nè risulta significativa, secondo gli ermellini, la circostanza per cui alcuni degli episodi contestati si sarebbero verificati in luoghi tali da escludere la compromissione della sfera privata, in quanto ricreativi ed aperti al pubblico.
Il comportamento molesto, infatti, ben può trovare attuazione – secondo la Corte – anche in detti luoghi ed in ogni caso, la presenza di un perdurante e grave stato di ansia e paura non esclude che la vittima possa continuare a frequentare locali pubblici.
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