Srl, responsabilità solidale del socio per ingerenza dolosa
Pubblicato il 16 dicembre 2025
In questo articolo:
- La responsabilità del socio di Srl per ingerenza gestoria
- Il caso esaminato dalla Corte
- La norma tra eccezione e sistema
- Presupposto oggettivo: l’ingerenza qualificata
- Presupposto soggettivo: il dolo come limite invalicabile
- Continuità giurisprudenziale e consolidamento dell’indirizzo
- Il principio di diritto
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Nelle Srl, la responsabilità solidale del socio con gli amministratori richiede, oltre all’ingerenza gestoria, l’accertamento di uno stato soggettivo doloso, non essendo sufficiente una mera negligenza, inerzia o mancato esercizio dei poteri di controllo.
La responsabilità del socio di Srl per ingerenza gestoria
La Corte di Cassazione. con ordinanza n. 32545 del 13 dicembre 2025, interviene nuovamente sull’art. 2476, comma 8, c.c., fornendo una ricostruzione sistematicae della responsabilità del socio non amministratore per danni da mala gestio.
La decisione si segnala non solo per la chiarezza del principio di diritto enunciato, ma soprattutto per lo sforzo di collocare la norma nel quadro tipologico della Srl riformata, chiarendone funzione, limiti e ratio.
Il caso esaminato dalla Corte
Il Fallimento di una Srl aveva agito in responsabilità contro amministratori e socio, imputando a quest’ultimo di aver consapevolmente autorizzato e indirizzato operazioni gestorie rivelatesi gravemente dannose (affitto d’azienda a condizioni antieconomiche, cessioni di crediti prive di base giuridica, operazioni di scissione e retrocessione).
La Corte d’appello aveva riconosciuto la responsabilità solidale del socio; quest’ultimo ricorreva in sede di legittimità.
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del socio, confermando la sua responsabilità in solido con gli amministratori, in quanto il socio aveva consapevolmente autorizzato e indirizzato le operazioni dannose, configurando così un'ingerenza gestoria dolosa, in linea con l'interpretazione restrittiva dell'art. 2476, comma 8, c.c.
La norma tra eccezione e sistema
La Corte muove dall'assunto secondo cui l’art. 2476, comma 8, c.c. - in tema di responsabilità dei soci per ingerenza - costituisce una deroga consapevole al paradigma tradizionale delle società di capitali, fondato sulla netta distinzione tra soci e amministratori.
L'articolo in esame sancisce espressamente che: "sono altresì solidalmente responsabili con gli amministratori, ai sensi dei precedenti commi, i soci che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi".
Tale deroga trova giustificazione nella trasformazione della Srl operata dalla riforma del 2003, che ha accentuato il ruolo del socio, ampliandone i poteri amministrativi e di controllo.
Tuttavia – ed è questo il passaggio centrale – l’ampliamento dei poteri non implica una generalizzata estensione delle responsabilità: la norma non introduce una responsabilità “da posizione”, ma una responsabilità "da comportamento", ancorata a un’effettiva ingerenza gestoria.
Presupposto oggettivo: l’ingerenza qualificata
Sul piano oggettivo, la Cassazione ribadisce che la responsabilità del socio richiede il compimento, diretto o mediato, di "atti di gestione propriamente detti", ovvero l’autorizzazione o induzione degli amministratori al loro compimento.
Restano invece estranee all’ambito applicativo della norma le decisioni che, pur potenzialmente pregiudizievoli, rientrano nella sfera tipica delle competenze assembleari, salvo che si traducano in un concreto condizionamento dell’attività gestoria.
La Corte valorizza così il criterio della "eadem causa obligandi", individuata non nella qualità soggettiva di socio, ma nel concorso in un’attività tipicamente amministrativa.
Presupposto soggettivo: il dolo come limite invalicabile
È però sul versante soggettivo che la pronuncia assume particolare rilievo teorico. L’interpretazione dell’avverbio “intenzionalmente” viene ricondotta, in modo netto, alla "categoria del dolo", con esclusione di qualsiasi forma di colpa.
Il socio risponde solo se ha agito con "consapevolezza e volontà di ingerirsi nella gestione", rappresentandosi l’atto e decidendo di porlo in essere.
La scelta ermeneutica appare coerente sia con il dato letterale sia con l’impianto sistematico: un’estensione della responsabilità anche a condotte colpose finirebbe per alterare l’equilibrio tra organi sociali, trasformando i penetranti poteri di controllo del socio in una fonte di responsabilità generalizzata per omissione o disattenzione.
Continuità giurisprudenziale e consolidamento dell’indirizzo
L’ordinanza n. 32545/2025 si pone in continuità con Cass. n. 22169/2025, contribuendo al "consolidamento di un orientamento restrittivo", che circoscrive l’ambito applicativo dell’art. 2476, comma 8, c.c. alle sole ipotesi di effettiva e dolosa sostituzione del socio all’amministratore.
La soluzione adottata, pur condivisibile, non è priva di implicazioni problematiche. L’elevata soglia probatoria richiesta per l’accertamento del dolo rischia di rendere "particolarmente onerosa" l’azione di responsabilità nei confronti dei soci di controllo, soprattutto nelle Srl caratterizzate da assetti proprietari concentrati e da un’influenza “informale” sulle scelte gestionali.
Resta affidato alla giurisprudenza di merito il compito di evitare che la rigorosa delimitazione soggettiva si traduca in un’indebita area di irresponsabilità.
La pronuncia in esame, in conclusione, rappresenta un importante contributo alla definizione dogmatica della responsabilità del socio di Srl, riaffermandone la natura eccezionale e tipizzata: il socio risponde non perché è socio, ma perché, con dolo, diventa gestore.
In tal senso, l’art. 2476, comma 8, c.c. si conferma norma di confine, destinata a operare solo quando l’ingerenza travalica il ruolo proprietario e incide direttamente sulla funzione amministrativa.
Il principio di diritto
Di seguito il principio di diritto enunciato nel testo dell'ordinanza n. 32545:
"In tema di società a responsabilità limitata, la responsabilità solidale del socio con gli amministratori, di cui all’art. 2476, ottavo comma, cod. civ., si determina, a livello oggettivo, con l’accertamento del compimento da parte del socio dell’atto di gestione rivelatosi dannoso o con la consapevole autorizzazione o induzione da parte sua al relativo compimento da parte dell’organo amministrativo e, a livello soggettivo, con l’accertamento della piena e preordinata consapevolezza da parte del socio del compimento dell’atto stesso, qualificabile come stato soggettivo doloso e non già meramente colposo.”
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