Specifici inviti dell’Agenzia per adempiere all’invio dei modelli degli studi di settore

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Con la corposa circolare n. 8/E del 16 marzo 2012, il Fisco illustra le principali novità normative in materia di studi di settore, introdotte con i D.L. n. 98, n. 138 e n. 201 del 2011, oltre che a rispondere ad alcuni quesiti. Corredano il testo numerose precisazioni: su integrazioni degli studi, sull’uso dell’accertamento induttivo, sugli appositi inviti dell’Agenzia, sull’inasprimento delle sanzioni, sul regime premiale.

 

La necessità di chiarire i numerosi recenti interventi effettuati dal legislatore in materia di studi di settore ha condotto l’Agenzia delle entrate ad emanare la voluminosa circolare n. 8/E, con cui vengono esaminate le disposizioni dei decreti legge n. 98, n. 138 e n. 201 del 2011, per le parti attinenti i cambiamenti operati sugli strumenti degli studi.


Il D.L. 98/2011 e le integrazioni – Ad opera del D.L. n. 98/2011, è stata ammessa la possibilità di integrare gli studi di settore vigenti, al fine di considerare gli andamenti economici e dei mercati, entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello per il quale entrano in vigore le integrazioni stesse. Sul punto, si precisa che la novità si rende operativa già per il periodo di imposta 2011, rendendo possibile la modifica e l’integrazione di studi di settore già approvati.


Per quanto riguarda la recente modifica effettuata dall’articolo 5 del D.L. n. 16/2012, in corso di approvazione in legge, che ha dato un mese in più di tempo (30 aprile 2012) per la pubblicazione delle integrazioni relative all’annualità 2011, l’Agenzia rende noto che sarà emanata apposita circolare.


Invito specifico dell’Agenzia – Al fine di dare impulso ai contribuenti potenzialmente interessati, è assegnata facoltà all’Agenzia delle entrate di inviare apposita comunicazione contenente l’invito ad adempiere agli obblighi dichiarativi. In ordine a tale invito si specifica che:


- si tratta di invito avente diversa natura da quelli previsti dagli articoli 32 del D.P.R. n. 600/1973 e 51 del D.P.R. n. 633/1972, in quanto si fonda sui dati indicati in dichiarazione e non sulle risultanze dei controlli effettuati;


- può essere inviato successivamente ai termini di scadenza della presentazione di Unico;


- non preclude la possibilità che il contribuente regolarizzi il comportamento omissivo, ai fini dell’applicazione dell’aumento delle sanzioni disposto con il D.L. n. 98/2011;


- non vige un obbligo, a carico dell’Agenzia, di effettuare tale invio (tale affermazione genera dei dubbi: può, infatti, ravvisarsi un discrimine tra chi riceve l’invito, e si adegua, e colui che non lo riceve, il quale non avrà la possibilità di adempiere all’obbligo).


Sanzioni – La circolare fornisce ulteriori chiarimenti circa le modifiche apportate dalle lettere b), e), f) e g) del comma 28, articolo 23, D.L. n. 98 del 2011, alle sanzioni applicabili in materia di studi di settore, facendo espresso richiamo a quanto specificato nel precedente documento di prassi n. 41 del 2011.


Innanzitutto, in caso di omessa presentazione del modello dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, si applica la sanzione prevista dall’art. 8, D.Lgs. n. 471/1997, nella sua misura massima ossia 2.065 euro. La sua applicazione decorre dalle violazioni commesse a partire dal 6 luglio 2011.


Con riferimento all’Irpef, ai sensi della riscrittura del comma 2-bis.1, articolo 1, D.Lgs. n. 471/1997, in caso di omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, la misura della sanzione minima e massima prevista per dichiarazione infedele, viene elevata del 50 per cento (la minima da 100 passa a 150% e la massima da 200 passa a 300%). Si precisa che l’aumento della sanzione si applica se:


- l’adempimento è dovuto;


- il contribuente non ha adempiuto anche dopo lo specifico invito dell'Agenzia delle Entrate;


- il maggior reddito d’impresa ovvero di lavoro autonomo, accertato a seguito dell’applicazione degli studi di settore, risulta superiore al 10 per cento del reddito d’impresa dichiarato.


Le stesse argomentazioni valgono per l’Irap.


Discorso simile può essere fatto per l’Iva: se dalla dichiarazione IVA presentata risulta un’imposta inferiore a quella dovuta ovvero un’eccedenza detraibile o rimborsabile superiore a quella spettante, opera l’incremento della sanzione minima e massima nelle percentuali suddette.


Ravvedimento – Sul tema, due sono i chiarimenti offerti:


- l’incremento del 50% della sanzione non si applica qualora il contribuente presenti lo studio di settore oltre i termini previsti per il ravvedimento ma prima dell’inizio di attività di controllo (quindi, per impulso del contribuente stesso): andrà incontro alle sanzioni ordinariamente previste per la specifica violazione commessa;


- ove il contribuente si ravveda all’omessa presentazione, presentando la dichiarazione integrativa nei termini fissati dall’articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997, si applicano le sanzioni ridotte, sanando le violazioni commesse.


Accertamento induttivo – Precisazioni vengono fornite in relazione alla nuova ipotesi prevista dall’art. 39, comma 2, lett. d-ter), D.P.R. n. 600 del 1973, che assegna il potere all’Amministrazione finanziaria di  servirsi dell’accertamento induttivo


per l’omessa o infedele indicazione dei dati previsti nei modelli
per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini degli studi di settore,


nonché per false o inesistenti cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore indicate nei modelli.


L’ipotesi suddetta trova applicazione solamente agli accertamenti notificati prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 16/2012
(2 marzo 2012): infatti, il decreto fiscale ha disposto che l’infedele comunicazione della modulistica degli studi di settore rileva qualora vi sia una differenza superiore al 15 per cento, o comunque ad euro 50.000, tra i ricavi o compensi stimati applicando gli studi di settore sulla base dei dati corretti e quelli stimati sulla base dei dati indicati in dichiarazione.


L’approfondimento di tale aspetto arriverà con la pubblicazione di una nuova circolare dell’Agenzia.


In questa sede, si ricorda che le condizioni per ricorrere all’induttivo sono:


- accertamento del maggior reddito d’impresa ovvero di arte o professione, a seguito della corretta applicazione degli studi di settore, superiore al 10 per cento del reddito d'impresa o di lavoro autonomo dichiarato


- l’assoggettazione effettiva del contribuente agli studi di settore.


La circolare n. 8 afferma che la norma trova applicazione per gli atti notificati prima del 2 marzo 2012; viene poi posta una limitazione per gli anni pregressi, sostenendo che, per il principio di trasparenza e collaborazione tra Amministrazione finanziaria e contribuenti, gli uffici procederanno ad accertamento induttivo per omissioni infedeltà dichiarative, a partire dai controlli delle dichiarazioni relative al periodo d’imposta 2010. 


Qualora il contribuente spontaneamente proceda a dichiarare i corretti dati ai fini degli studi di settore, gli uffici, se vi fosse interesse, possono effettuare accertamenti di
tipo analitico o analitico presuntivo evitando il ricorso a metodi di accertamento del tipo induttivo “puro”.


Congruità – La circolare in rassegna analizza la protezione dai poteri accertativi degli uffici per il contribuente risultato congruo alle risultanze degli studi di settore, con riferimento alle annualità antecedenti il 2011 in quanto, successivamente, si applicano le novità introdotte dal D.L. n. 201/2011.


Pertanto, il contribuente congruo può essere assoggettato ad accertamento di tipo presuntivo (art. 39, comma 1, lettera d), secondo periodo, D.P.R n. 600 del 1973, e art. 54, comma 2, ultimo periodo, D.P.R. n. 633 del 1972) al verificarsi di almeno una delle seguenti condizioni:


- ammontare delle attività non dichiarate, derivante dalla ricostruzione di tipo presuntivo,  superiore al 40% dell’ammontare dei ricavi/compensi dichiarati;


– ammontare delle attività non dichiarate, derivante dalla ricostruzione presuntiva, superiore, in valore assoluto, a 50.000 euro.


Inoltre, in relazione ad un’annualità di imposta, il contribuente non deve risultare congruo, anche a seguito di adeguamento, agli studi di settore anche per l’annualità precedente oggetto di controllo.


La disposizione esoneratrice dagli accertamenti presuntivi non risulta applicabile al contribuente che nel periodo d’imposta precedente a quello di controllo, sia interessato da una causa di esclusione o di inapplicabilità; infatti questo,
ai fini della predetta verifica della congruità per il periodo anteriore, non può essere considerato “assimilato” ad un periodo d’imposta con ricavi o compensi “congrui”.


Novità del D.L. 201/2011 – L’articolo 10, ai commi da 9 a 13, di tale decreto ha posto limiti all’accertamento dell’AF per i soggetti che risultano congrui e coerenti in base agli studi di settore.


In breve, per coloro che abbiano espletato gli obblighi dichiarativi dei dati ai fini degli studi di settore, risultando coerenti, e siano potenzialmente accertabili, si dispone il seguente regime premiale:


→ sono preclusi gli accertamenti di tipo “analitico – presuntivo


→ la determinazione sintetica del reddito complessivo è ammessa solo a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un terzo quello dichiarato (in luogo della misura ordinaria di un quinto)


→ è disposta la riduzione di un anno del termine di decadenza per l’attività di accertamento sia Irpef che Iva.


Sono esclusi i contribuenti che presentano cause di inapplicabilità o di esclusione dagli studi.


Nel valore di riferimento della congruità, occorre considerare, oltre l’analisi della congruità, l’analisi di normalità economica e i correttivi per la crisi (Gerico).


Per effetto dell’introduzione di tale regime, risulta
abolito il “premio di congruità” previsto dallart. 10, comma 4-bis e art. 10-ter della Legge n. 146/98, ossia le disposizioni che stabilivano, in caso di congruità allo studio di settore o di adesione all’invito a comparire:


l’esonero dagli accertamenti basati su presunzioni semplici


a condizione che l’ammontare delle attività non dichiarate fosse, fino ad un massimo di euro 50.000, pari o inferiore al 40% dei ricavi o compensi dichiarati o definiti.


La sua applicazione vige solo per le attività di accertamento relative alle annualità antecedenti al 2011.


Diverso uso degli studi di settore - Per effetto dell’articolo 6, Decreto Ministro dell’Economia e delle Finanze 28 dicembre 2011, per i seguenti soggetti:


– società cooperative a mutualità prevalente;


– soggetti IAS;


– soggetti che esercitano in maniera prevalente l’attività contraddistinta dal codice 64.92.01 – “Attività dei consorzi di garanzia collettiva fidi” o dal codice 66.19.40 – “Attività di Bancoposta”;


viene stabilito, con riferimento al periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2011, il diverso utilizzo dei risultati derivanti dall’applicazione degli studi di settore.


Infatti i risultati dell’applicazione degli studi di settore non possono essere utilizzati per l’azione di accertamento, di cui all'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, bensì possono essere utilizzati esclusivamente per la selezione delle posizioni soggettive da sottoporre a controllo con le ordinarie metodologie.


RISPOSTE A QUESITI


I più meritevoli di essere evidenziati sono i seguenti.

Prosecuzione dell’attività

Per i soggetti che iniziano un’attività che costituisce “mera prosecuzione” di una precedente, come può avvenire per la scissione, devono applicarsi gli studi di settore anche se il soggetto di cui si prosegue l’attività ne era escluso per una delle cause previste dal comma 4, articolo 10, L. 146 del 1998. La verifica del superamento della soglia, euro 5.164.569, per determinare l’esclusione dagli studi, va eseguita ragguagliando i ricavi conseguiti nel primo periodo d’imposta alla durata di svolgimento dell’attività.

 

Imprese in liquidazione

Relativamente agli adempimenti dichiarativi di imprese individuali poste in liquidazione sono fornite le seguenti puntualizzazioni:

- in merito alla dichiarazione che la società è tenuta a presentare per il periodo ante liquidazione (a cura del liquidatore), ai soli fini di comunicare il reddito d’impresa e quindi senza liquidazione delle imposte, si conferma l’adempimento dell’obbligo relativo all’invio del modello studi indicando nel quadro del reddito d’impresa il codice di esclusione 2 (periodo di cessazione dell’attività);

- in merito alla dichiarazione attinente il primo periodo di liquidazione, anch’essa effettuata solo per comunicare il reddito d’impresa e quindi senza liquidazione delle imposte, si fa presente che deve essere inviato il relativo modello studi indicando nel quadro del reddito d’impresa il codice di esclusione 5 (periodo di non normale svolgimento dell’attività, in quanto l’impresa è in liquidazione ordinaria);

- con riferimento alla dichiarazione ordinaria comprendente tutti i redditi percepiti dal contribuente nel periodo d’imposta, per i quali devono essere liquidate le imposte, non deve essere inviato alcun modello relativo agli studi di settore né ai parametri e neppure l’allegato INE, in quanto tali dati sono già stati a conoscenza dell’Agenzia delle entrate a mezzo delle dichiarazioni precedenti.

 

Società in perdita

Qualora una società dichiari una perdita fiscale per tre periodi d’imposta consecutivi, è esclusa l’applicazione delle norme sulle società di comodo, con riferimento ai periodi d’imposta in cui il soggetto risulti congruo e coerente ai fini degli studi di settore.

 

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