Soci e società di capitali: genuinità del rapporto di lavoro dipendente
Pubblicato il 08 agosto 2024
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Accade sovente che i soci delle società di capitali, specie laddove queste siano di piccole dimensioni, prestino la propria opera lavorativa a favore dell’impresa.
A differenza delle società di persone, nelle quali il rapporto di lavoro subordinato con il socio appare di complicata configurazione a causa della connaturale relazione tra l’apporto lavorativo del soggetto e l’esercizio stesso dell’impresa, le società di capitali sono caratterizzate da una propria personalità giuridica, distinguendosi nettamente dall’identità dei singoli soci.
Ciò tuttavia, non è sempre sufficiente a vagliare la legittimità dell’eventuale instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato tra il socio e la società, dovendo comunque essere verificata la sussistenza degli indici di eterodirezione e etero-organizzazione tipici del rapporto di lavoro dipendente.
Quando, allora, può essere ammesso il rapporto di lavoro dipendente con il socio di società di capitali?
Socio di capitali e gli elementi del lavoro subordinato
La genuinità del rapporto di lavoro dipendente e la qualifica di socio di società di capitali non sono esenti dalla verifica dei requisiti che caratterizzano, nel nostro ordinamento, il lavoro subordinato.
In via generale, l’attività lavorativa del socio può qualificarsi come subordinata quando l’attività resa non è contemplata tra quelle previste nell’atto costitutivo della società come prestazione accessoria e quando la stessa presenti i caratteri tipici della subordinazione.
In particolare, così come avviene per qualsivoglia altro lavoratore dipendente, il rapporto intercorrente tra il socio-lavoratore e la società deve essere caratterizzato dal vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare, dell’organo amministrativo, il quale è chiamato a disporre specifici ordini di servizio sulle attività da rendere, nonché a vigilare e controllare le prestazioni lavorative.
Invero, devono sussistere, anche in tale rapporto di lavoro, gli elementi tipici caratterizzanti la subordinazione, elaborati nel tempo dalla giurisprudenza, e riportati nella seguente tabella.
Subordinazione | |
Indici essenziali |
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Indici sussidiari |
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In particolare, per quanto attiene al socio di società di capitali, è possibile affermare che:
- il rapporto di lavoro deve concretamente essere assoggettato alle direttive dell’organo amministrativo, il quale deve operare in piena libertà e coscienza senza influenze da parte del socio stesso;
- il lavoratore è assoggettato al potere disciplinare e di controllo, la cui titolarità è in capo ad un soggetto diverso dal socio-lavoratore, anche in via indiretta;
- la prestazione lavorativa oggetto del contratto di lavoro subordinato non deve coincidere con attività proprie o correlate del socio;
- la retribuzione, contropartita della prestazione lavorativa, deve essere corrisposta nelle medesime modalità e termini già previsti per agli lavoratori subordinati;
- il socio lavoratore presta la propria opera in via continuativa e le mansioni affidate allo stesso risultano stabilmente inserite nell’organizzazione aziendale.
Soci-lavoratori e quote sociali
In ragione degli elementi e delle considerazioni assunte al paragrafo precedente, l’orientamento amministrativo e giurisprudenziale maggioritario esclude la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato tra socio e società ogni qualvolta il primo abbia, in considerazione della partecipazione al capitale sociale, poteri tali da incidere sulla nomina e revoca degli amministratori.
Poteri che, di norma, sono assicurati con la detenzione di una quota del capitale sociale sufficiente a conformare le decisioni dell’assemblea ordinaria, dovendosi ritenere incompatibile la posizione – di fatto – dominante del socio nell’ambito dell’organizzazione imprenditoriale con la situazione di istituzionale soggezione al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro.
Generalmente, dunque, è possibile affermare l’insussistenza delle caratteristiche tipiche della subordinazione, con conseguente incompatibilità del rapporto di lavoro dipendente, per il:
- socio unico della società, quale soggetto su cui ricade la concentrazione della proprietà delle quote/azioni, escludendo di fatto la possibilità di essere assoggettato alle direttive di un organo societario nominato da sé stesso;
- socio-sovrano della società, che, al pari del socio unico, è un soggetto che, in forza delle quote/azioni in suo possesso, è in grado di raggiungere – da solo – le maggioranze richieste in sede di assemblea ordinaria o straordinaria, potendo condizionare sensibilmente la nomina e/o la revoca di amministratori e sindaci o partecipare a scelte strategiche per l’impresa. Anche in questo caso, è assente la possibilità di ricollegare a una volontà “sociale” distinta la costituzione e gestione del rapporto di lavoro subordinato (messaggio INPS 17 settembre 2019, n. 3359).
NOTA BENE: Le caratteristiche sopracitate, sulla relazione tra quote/azioni sociali e la possibilità di stipulare un rapporto di lavoro subordinato, costituiscono una prima analisi inerente alla possibilità astratta di instaurazione del rapporto di lavoro dipendente. In tal senso, resta ferma la necessità di doversi accertare concretamente che le attività rese dal socio lavoratore dipendente siano contraddistinte dai caratteri tipici della subordinazione. L’onere giudiziario circa la sussistenza dei requisiti del rapporto di lavoro ex art. 2094, Cod. Civile, è in capo al soggetto che intenda far valere la genuinità del contratto instaurato.
Sul punto, si evidenza che, come chiarito dall’Istituto previdenziale nella circolare 8 agosto 1989, n. 179, la verifica sulla genuinità del rapporto di lavoro subordinato deve essere effettuata anche nei confronti di quei lavoratori legati da vincoli di coniugio, parentela o affinità con soci amministratori o soci di maggioranza di società di capitali. Invero, sebbene il rapporto di lavoro possa, generalmente, essere convalidato in quanto intercorre con la società e non con i singoli soci, è necessario prestare attenzione al concreto assetto societario.
ESEMPIO: Nel caso in cui vi siano due soli soci, entrambi parenti conviventi, o se il parente convivente del lavoratore detenga tutti i poteri sociali o la maggioranza delle azioni o delle quote sociali, il rapporto, ancorché intercorrente con la società, non è convalidabile.
Soci amministratori e rapporti di lavoro
Fermo quanto sopra ai fini della genuinità del rapporto di lavoro dipendente, laddove il socio sia anche amministratore della società è necessario, in primis, che le attività lavorative eventualmente svolte da quest’ultimo a favore della società siano distinte rispetto a quelle svolte nello svolgimento di un’attività gestoria, come quella dell’amministratore.
In particolare, "le qualità di amministratori e di lavoratore subordinato di una stessa società di capitali sono cumulabili purché si accerti l'attribuzione di mansioni diverse da quelle proprie della carica sociale ed è altresì necessario che colui che intenda far valere il rapporto di lavoro subordinato fornisca la prova del vincolo di subordinazione e cioè dell'assoggettamento, nonostante la carica sociale rivestita, al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell'organo di amministrazione della società" (Cass. n. 9273/2019).
La verifica di compatibilità del rapporto di lavoro subordinato con i vertici aziendali è stata, da ultimo, affrontata dal messaggio INPS 17 settembre 2019, n. 3359, che ha parzialmente modificato il precedente orientamento amministrativo espresso con la circolare 8 agosto 1989, n. 179.
Ripercorrendo gli orientamenti giurisprudenziali ed amministrativi:
- è ammesso il rapporto di lavoro subordinato con la carica di presidente di società, in quanto, al pari di qualsiasi altro membro del consiglio di amministrazione, può essere assoggettato alle direttive, alle decisioni ed al controllo dell'organo collegiale, ancorché il potere di rappresentanza tipico della carica di presidente non estenda automaticamente allo stesso i diversi poteri deliberativi (Cass. n. 18414/2013; Cass. n. 1793/1996);
- non è ammesso il rapporto di lavoro subordinato con l'amministratore unico della società, quale detentore del potere di esprimere, da solo, la volontà dell'ente sociale, come anche i poteri di controllo, comando e disciplina. In tal senso, appare inscindibile la posizione del lavoratore in qualità di organo direttivo della società e quella del lavoratore esecutore delle prestazioni lavorative personali (Cass. n. 24188/2006);
- è ammesso il rapporto di lavoro subordinato con l'amministratore delegato, previa verifica della portata della delega conferita dal consiglio di amministrazione (il rapporto non può essere ammesso nel caso in cui l'amministratore delegato abbia piena facoltà di agire senza il consenso del consiglio di amministrazione, ovvero abbia una delega espressa alla gestione dei rapporti di lavoro);
Ad ogni modo, al di fuori dell’accertamento meramente formale dei rapporti intercorrenti con la società, andranno verificati gli elementi tipici del rapporto di lavoro subordinato ex art. 2094, Cod. Civ., ovvero l'assoggettamento, nonostante le cariche sociali, al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell'organo amministrativo della società nel suo complesso, il quale potrà limitare la libertà d'azione e di scelta nell'esercizio della funzione e dell'attività lavorativa del dipendente.
Altresì, si terrà conto degli ulteriori elementi sintomatici tipici del rapporto di lavoro subordinato, in particolare: la periodicità e la predeterminazione della retribuzione; l'osservanza di un orario di lavoro contrattuale; l'inquadramento all'interno della specifica organizzazione aziendale; l'assenza di una pur minima organizzazione imprenditoriale; l'assenza di rischio in capo al lavoratore.
Profili contributivi e disconoscimento del rapporto di lavoro
La corretta qualificazione dell’apporto lavorativo del socio ha rilevanti implicazioni previdenziali.
Il rapporto di lavoro dipendente è assoggettato a contribuzione presso il Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti (che garantisce peraltro, a seconda del settore di appartenenza dell’impresa, diverse misure a sostegno del reddito).
L’attività abituale e prevalente dei soci lavoratori comporta l’obbligo di iscrizione presso la gestione dei lavoratori autonomi dell’INPS.
Il disconoscimento del rapporto di lavoro dipendente realizza una indebita contribuzione previdenziale presso la gestione dell’erronea qualificazione, con conseguente rimborso, senza interessi, dei versamenti effettuati nel quinquennio precedente non prescritto ed una iscrizione retroattiva, nel medesimo limite prescrizionale, presso la gestione autonomi di appartenenza.
In tal caso, le somme versate presso un’erronea gestione previdenziale potrebbero essere, a richiesta, poste in compensazione.
Laddove, invece, il versamento indebito sia avvenuto in carenza di presupposto assicurativo la relativa contribuzione è annullabile senza limite temporale, poiché manca il fondamento dell’assicurabilità.
In tal caso, laddove venga accertato il dolo nella costituzione della posizione assicurativa, la contribuzione indebitamente versata non è soggetta a rimborso. In assenza di dolo, invece, essa è rimborsabile e, perdendo la sua natura contributiva, è soggetta ad ordinaria prescrizione decennale.
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