Sinistri sul lavoro. Risarcimento solo se il datore è in colpa

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Nel testo della decisione n. 6002 del 17 aprile 2012, la Corte di cassazione ha sottolineato come, in materia di infortuni sul lavoro, per escludere l’indennizzabilità del sinistro non basta l’atto colpevole del lavoratore, e cioè l’atto volontario posto in essere con imprudenza, negligenza o imperizia, se lo stesso sia motivato comunque da finalità produttive; questo, infatti, non vale ad interrompere il nesso fra l'infortunio e l'attività lavorativa, sempre che non sia del tutto arbitrario ed abnorme, in quanto determinato da "impulsi puramente personali'".

In ogni caso – continua la Corte – se tali condizioni sono sufficienti per riconoscere l’indennizzabilità del sinistro, e, quindi, la responsabilità del datore di lavoro per rischio professionale, “non appaiono certo sufficienti ad affermare la tutela risarcitoria del lavoratore, che presuppone la responsabilità per colpa del datore di lavoro”.

Ed infatti, l'articolo 2087 del Codice civile sulla tutela delle condizioni di lavoro non configura una ipotesi di responsabilità oggettiva, e non basta, a tal fine, che si dia prova che il comportamento del lavoratore, per quanto incongruo rispetto alle stesse direttive del datore di lavoro, sia, comunque, inerente all'attività lavorativa, risultando, per contro, necessario “che il comportamento del datore di lavoro sia qualificato da uno specifico disvalore”.
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