Sinistri sul lavoro: ente responsabile ex 231 anche con risparmio esiguo
Pubblicato il 11 aprile 2022
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Confermata, dalla Cassazione, la sentenza con cui la Corte d'appello, nel condannare il socio amministratore ed incaricato per la sicurezza di una Snc, ritenuto responsabile del delitto di lesioni personali colpose commesso in danno di un dipendente, infortunatosi sul lavoro, aveva riconosciuto la responsabilità ex D. Lgs. n. 231/2001 della medesima società, in considerazione del reato commesso "nell'esclusivo interesse dell'ente".
La Snc si era opposta alla predetta decisione avanzando ricorso davanti alla Suprema corte, con cui aveva lamentato, tra gli altri motivi, un difetto di motivazione in ordine alla sussistenza dell'interesse quale criterio soggettivo di imputazione della responsabilità.
Gli Ermellini hanno giudicato infondata tale doglianza, per come si legge nel testo della sentenza n. 13218 del 7 aprile 2022.
La Cassazione, in primo luogo, ha evidenziato come la giurisprudenza di legittimità sia costante nel ritenere che il criterio soggettivo di imputazione debba essere indagato ex ante e consista nella prospettazione finalistica, da parte del reo-persona fisica, di arrecare un interesse all'ente mediante il compimento del reato, a nulla valendo che poi tale interesse sia stato o meno concretamente raggiunto.
Per la Corte, ciò posto, la motivazione resa dai giudici di merito non poteva ritenersi "mancante" o "apparente", né contraria ai principi giurisprudenziali in materia di responsabilità degli enti in quanto:
- il "risparmio" per l'impresa, nel quale si concretizza il criterio di imputazione oggettiva rappresentato dall'interesse, può consistere anche nella sola riduzione dei tempi di lavorazione e un tale risparmio si può realizzare anche consentendo lo spostamento simultaneo di uomini e mezzi senza delimitare le rispettive aree di azione;
- il requisito della commissione del reato nell'interesse dell'ente non richiede una sistematica violazione di norme antinfortunistiche ed è ravvisabile anche in relazione a trasgressioni isolate se altre evidenze fattuali dimostrano il collegamento finalistico tra la violazione e l'interesse dell'ente;
- nel caso in esame, la violazione delle norme in materia di prevenzione infortuni risultava essersi protratta nel tempo.
In definitiva, la circostanza che il risparmio conseguito per la mancata adozione delle misure antinfortunistiche fosse stato minimo a fronte delle spese ingenti che la società aveva affrontato per la manutenzione e la sicurezza, non assumeva rilievo nel caso concreto.
Per la Corte, infatti, non ha applicazione generale il principio secondo cui, "ove il giudice accerti l'esiguità del risparmio di spesa derivante dall'omissione delle cautele dovute", per poter affermare che il reato è stato realizzato nell'interesse dell'ente "è necessaria la prova della oggettiva prevalenza delle esigenze della produzione e del profitto su quelle della tutela dei lavoratori".
Principio, quest'ultimo, che può operare soltanto "in un contesto di generale osservanza da parte dell'impresa delle disposizioni in materia di sicurezza del lavoro" e in mancanza di altra prova che la persona fisica, omettendo di adottare determinate cautele, "abbia agito proprio allo scopo di conseguire un'utilità per la persona giuridica".
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