Sezioni Unite: il credito sopravvive alla cancellazione della società
Pubblicato il 18 luglio 2025
In questo articolo:
Condividi l'articolo:
La cancellazione della società non estingue automaticamente i crediti, che possono essere fatti valere dai soci con prova del subentro.
Cancellazione società e diritto a ripetizione indebito: il chiarimento delle Sezioni Unite
Con la sentenza n. 19750 depositata il 16 luglio 2025, le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione sono intervenute per dirimere un contrasto giurisprudenziale, relativo agli effetti della cancellazione della società dal registro delle imprese sul diritto di credito in capo alla società estinta, con particolare riferimento alla legittimazione dei soci a far valere in giudizio tali diritti.
Il caso esaminato
Il caso trae origine da un rapporto di conto corrente bancario acceso da una società di capitali successivamente cancellata dal registro delle imprese.
Dopo la chiusura del conto, l’ex legale rappresentante della società aveva agito in giudizio per ottenere la ripetizione di somme indebitamente addebitate a titolo di interessi anatocistici e altre spese non dovute.
La domanda di ripetizione si fondava sul principio per cui, una volta chiuso il conto corrente e determinato il saldo finale, il cliente può chiedere la restituzione degli importi indebitamente addebitati.
Tuttavia, nel corso del giudizio era emersa una criticità rilevante: la legittimazione ad agire in nome della società ormai estinta.
Il ruolo della società estinta e della mandataria processuale
La procura alle liti risultava essere stata conferita dalla società già cancellata, sollevando dubbi in merito alla validità del mandato e alla continuità processuale.
Andava chiarito, ossia, se la cancellazione della società avesse comportato l’estinzione del diritto di credito e l’inammissibilità dell’azione o, al contrario, se il processo potesse proseguire a istanza dei soci o del rappresentante che agisce in loro nome.
Le questioni giuridiche all'esame delle SU
La Prima Sezione civile della Corte di Cassazione, chiamata a decidere sul ricorso, ha trasmesso gli atti alla Prima Presidente che ha disposto l’assegnazione del caso alle Sezioni Unite.
Il contrasto giurisprudenziale da risolvere
Alle Sezioni Unite, nel dettaglio, è stato chiesto di chiarire se, a seguito della cancellazione della società dal registro delle imprese, si possa ritenere che vi sia una rinuncia tacita ai crediti non inseriti nel bilancio finale di liquidazione.
Da chiarire anche se tale rinuncia debba essere considerata automatica e comportare l’estinzione della società, anche quando sia ancora in corso un giudizio volto all’accertamento di quei crediti.
Una parte della giurisprudenza riteneva infatti che la cancellazione implicasse una rinuncia tacita e automatica a tali crediti, con conseguente estinzione.
Altra giurisprudenza, invece, affermava che i rapporti attivi sopravvivono alla cancellazione e possono essere fatti valere dai soci, purché sia dimostrato il subentro nella titolarità del credito.
Le questioni rimesse alle SU
Di seguito le questioni di diritto rimesse all'apprezzamento delle SU:
- la cancellazione di una società comporta l’estinzione dei suoi rapporti giuridici attivi?
- i soci possono agire o proseguire in giudizio per far valere un credito già esistente in capo alla società?
- il diritto alla ripetizione di indebito per addebiti bancari illegittimi può sopravvivere alla cessazione del rapporto di conto corrente e della società?
I principi espressi dalle Sezioni Unite
Con la sentenza n. 19750/2025, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno fornito un chiarimento rilevante in tema di effetti della cancellazione di una società dal registro delle imprese.
In primo luogo, hanno evidenziato che l’estinzione di una società, derivante dalla sua cancellazione dal registro delle imprese, non comporta automaticamente l’estinzione dei crediti ancora vantati dalla stessa. Tali crediti, in altri termini, non si considerano rinunciati per il solo fatto della cancellazione. Al contrario, essi possono essere fatti valere dai soci, a condizione che questi ultimi dimostrino in modo specifico sia la sussistenza del diritto di credito, sia il loro effettivo subentro nella relativa titolarità. Il trasferimento dei crediti ai soci, pertanto, non è presunto, né automatico, ma richiede un onere probatorio preciso in capo a chi agisce in giudizio.
Non si può ritenere che il credito sia estinto solo perché non iscritto nel bilancio finale di liquidazione: tale omissione, infatti, non equivale a rinuncia, né può fondare una presunzione in tal senso.
L’eventuale estinzione del credito può derivare solo da una manifestazione inequivoca di volontà del creditore – anche implicita ma concludente – di rimettere il debito, purché tale volontà sia stata comunicata al debitore. In tale scenario, affinché la remissione sia efficace, è necessario che il debitore non abbia, nel termine congruo, espresso la volontà di non volerne profittare.
Inoltre, qualora un ex socio agisca in giudizio per il recupero del credito, o prosegua un’azione iniziata dalla società prima della cancellazione, spetta al debitore convenuto allegare e provare la sussistenza degli elementi che giustifichino l’estinzione del credito.
In sintesi, la Cassazione afferma che la cancellazione della società non estingue i diritti patrimoniali attivi, salvo specifica prova contraria fornita nei modi previsti.
Il principio di diritto
Nel dispositivo finale, la Corte ha enunciato il seguente principio di diritto:
"L'estinzione della società, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non comporta anche l'estinzione dei crediti della stessa, i quali costituiscono oggetto di trasferimento in favore dei soci, salvo che il creditore abbia inequivocamente manifestato, anche attraverso un comportamento concludente, la volontà di rimettere il debito, comunicandola al debitore, e sempre che quest'ultimo non abbia dichiarato, in un congruo termine, di non volerne profittare: a tal fine, non risulta tuttavia sufficiente la mancata iscrizione del credito nel bilancio di liquidazione, la quale non giustifica di per sé la presunzione dell'avvenuta rinunzia allo stesso, incombendo al debitore convenuto in giudizio dall'ex-socio, o nei confronti del quale quest'ultimo intenda proseguire un giudizio promosso dalla società, l'onere di allegare e provare la sussistenza dei presupposti necessari per l'estinzione del credito".
Tabella di sintesi della decisione
| Sintesi del caso | Una società di capitali, dopo aver chiuso un conto corrente bancario, è stata cancellata dal registro delle imprese. L’ex legale rappresentante ha agito in giudizio per ottenere la ripetizione di somme indebitamente addebitate dalla banca (interessi anatocistici e spese non dovute). Durante il giudizio è sorta la questione della legittimazione ad agire in nome di una società ormai estinta. |
| Questione dibattuta | Se la cancellazione della società comporti automaticamente la rinuncia ai crediti non inseriti nel bilancio finale di liquidazione e l’estinzione dei rapporti attivi, anche se oggetto di giudizio pendente, e se i soci possano legittimamente agire per farli valere. |
| Soluzione della Cassazione | Le Sezioni Unite hanno stabilito che la cancellazione non estingue automaticamente i crediti della società, né implica la loro rinuncia. I soci possono far valere tali crediti solo se dimostrano di esserne subentrati nella titolarità. L’omessa indicazione nel bilancio finale non equivale a rinuncia, e la prova della remissione del debito spetta al debitore. |
Ricevi GRATIS la nostra newsletter
Ogni giorno sarai aggiornato con le notizie più importanti, documenti originali, anteprime e anticipazioni, informazioni sui contratti e scadenze.
Richiedila subitoCondividi l'articolo: