Senza alterazione di sistemi non è falsa attestazione di presenza: reintegra

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Senza alterazione di sistemi non è falsa attestazione di presenza: reintegra

Illegittimo il licenziamento del dipendente per falsa attestazione della presenza in servizio laddove non risulti che si sia realizzata alcuna alterazione dei sistemi di rilevamento.

Con sentenza n. 34107 del 6 dicembre 2023, la Corte di cassazione ha confermato la decisione con cui la Corte d'appello aveva disposto l'annullamento del licenziamento disciplinare comminato ad un dipendente pubblico, addetto agli impianti di irrigazione di un'Agenzia Regionale.

Questi, bagnatosi in occasione di un intervento di controllo su lavori precedentemente svolti, era stato autorizzato dal suo superiore ad allontanarsi dal posto di lavoro per cambiarsi gli indumenti, utilizzando l'auto aziendale in sua dotazione.

Durante il percorso per andare a casa, lo stesso si era fermato presso il mercato di zona.

In tale frangente, era stato ripreso in una foto, poi pubblicata su Facebook, e che successivamente aveva raccolto l'indignazione degli utenti del social media.

Al dipendente, ciò posto, era stata contestata la falsa attestazione della presenza in servizio, con conseguente irrogazione del licenziamento in considerazione degli addebiti di alterazione dolosa dei mezzi aziendali di controllo e di compimento di atti con dolo o colpa grave e danno per l'Azienda, visto il pregiudizio al prestigio dell'ente, derivato dalla pubblicazione su Facebook.

Il licenziamento - che in primo grado era stato ritenuto legittimo - era stato annullato in sede di appello.

Nessuna alterazione dei sistemi di rilevamento? No al licenziamento

La Corte di gravame, in particolare, aveva escluso che la fattispecie in esame potesse esser ricondotta all'art. 55-quater del D. Lgs. n. 165/2001 e, quindi, all'alterazione dolosa dei mezzi di rilevamento delle presenze.

Il lavoratore, infatti, non aveva cercato di occultare il proprio allontanamento, né aveva in concreto alterato i sistemi aziendali.

La relativa condotta, pertanto, non poteva essere ricondotta a quella degli atti implicanti dolo o colpa grave con danno per l'azienda, ma, per il principio di specialità, a quella dell'abbandono non autorizzato del posto di lavoro, rispetto alla quale il CCNL di riferimento applicava sanzioni conservative.

Tali conclusioni sono state confermate anche dalla Corte di legittimità.

Abbandono non autorizzato, sanzione conservativa

Per gli Ermellini, la soluzione prospettata dalla Corte territoriale appariva corretta: non era stata realizzata alcuna alterazione dei sistemi di rilevamento.

Il lavoratore, ossia, non aveva per nulla interferito con i predetti sistemi e, anzi, era ben difficile ritenere che il suo allontanamento non rientrasse nel tempo di lavoro, essendo stato cagionato proprio dallo svolgimento della prestazione ed essendovi per giunta l'autorizzazione del responsabile del settore.

Del resto, il fatto che il prestatore avesse approfittato dell'uscita per fare anche la spesa era altra cosa rispetto all'alterazione dei sistemi di rilevamento.

A ben vedere, la violazione commessa era semmai sanzionabile, come previsto dal CCNL, con una misura conservativa e non con il licenziamento.

Si era trattato, infatti, solo dell'abbandono non autorizzato del lavoro per quei minuti della spesa al mercato, nel contesto di un allontanamento verso casa in sé non illegittimo perché cagionato dalla necessità di cambiarsi gli abiti perché bagnati in seguito alla prestazione lavorativa.

Andava anche esclusa, in tale contesto, la violazione dei parametri di proporzionalità: la sottrazione di pochi minuti per fare la spesa non poteva avere l'effetto di comportare la totale perdita del legame fiduciario e potesse comportare addirittura il licenziamento.

Per quel che riguarda, infine, la ripresa fotografica dell'auto aziendale da parte di un terzo estraneo e la successiva pubblicazione in facebook, andava considerato che si era trattato di circostanze del tutto imprevedibili e sostanzialmente eccezionali, rispetto alle conseguenze proprie del comportamento tenuto, tali da esprimere una causalità sopravvenuta e non imputabile all'agente.

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