Sentenza d’appello annullata e divieto di reformatio in peius
Pubblicato il 31 ottobre 2017
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Sentenza annullata per motivi non meramente processuali. Divieto di reformatio rapportato all’appello
Qualora la sentenza d’appello sia stata annullata per ragioni diverse da quelle di tipo esclusivamente processuale, il divieto di reformatio in peius, che opera anche nel giudizio di rinvio, va rapportato non alla sentenza di primo grado ma a quella (di secondo grado) annullata. E’ quanto in sintesi affermato dalla Corte di Cassazione, sesta sezione penale, alle prese con un procedimento a carico di un boss dell’andrangheta.
Sentenza annullata per ragioni processuali: divieto di reformatio rapportato al primo grado
Più specificamente, è ormai principio consolidato in giurisprudenza, che il divieto di reformatio in peius esplichi la propria efficacia anche in sede di giudizio di rinvio, con la puntualizzazione tuttavia, che qualora la sentenza di secondo grado sia stata annullata per ragioni esclusivamente processuali, il parametro cui occorre fare riferimento è costituito dalle statuizioni contenute nella pronuncia del primo giudice. La ratio di detto principio consiste nel fatto che, nelle ipotesi ivi indicate, non vi è stato consolidamento di alcuna posizione di carattere sostanziale in capo all’imputato. Onde, legittimamente, il principio di divieto di reformatio in peius va declinato in rapporto a quanto statuito nella sentenza di primo grado.
Tuttavia, enuncia la Corte Suprema, non è questo il caso di specie. Invero, qui, la sequenza degli atti attraverso cui si è dipanata la celebrazione dell’iniziale processo d’appello è immune da censure di sorta, poiché il vizio che ha condotto alla caducazione della relativa sentenza, si concretizza principalmente in una violazione di carattere sostanziale, poiché preclude la ricostruzione dell’iter attraverso cui il giudice è pervenuto alla decisione cristallizzata nel dispositivo emanato e dunque incide sulle ragioni della decisione medesima.
Trattamento sanzionatorio, rapportato alla pena ridotta in appello
Ne consegue – conclude la Corte con sentenza n. 49717 del 30 ottobre 2017 – che nella fattispecie sussiste il limite derivate dalla riduzione di pena (da 14 a 12 anni di reclusione) disposta nei confronti del boss odierno ricorrente. Per cui il trattamento sanzionatorio, da determinarsi in sede di rinvio, non può essere che rapportato alla meno gravosa pena irrogata dalla Corte d’appello con sentenza poi annullata per le ragioni sopra spiegate.
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