Scommesse: il monopolio pubblico è compatibile con le norme comunitarie solo se persegue la tutela del consumatore

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Il Tar della Lombardia, sede di Brescia, con sentenza n. 321 del 23 febbraio 2011, ha accolto il ricorso presentato dal legale rappresentante di una Srl che gestiva un centro di trasmissione dati nella propria sede operativa italiana proponendosi come intermediario nella raccolta e nella trasmissione di scommesse per conto di una società austriaca.

Il ricorrente, in particolare, si era opposto a due ordinanze con cui il Questore di Cremona aveva, da una parte, ingiunto l'immediata sospensione dell'attività di raccolta di scommesse in mancanza della licenza di pubblica sicurezza, dall'altra negato la licenza per lo svolgimento dell'attività di intermediazione nella raccolta di scommesse. Le doglianze del ricorrente erano incentrate sul contrasto tra la normativa nazionale, ispirata al monopolio statale delle scommesse, e il diritto comunitario.

Doglianze accolte dai giudici amministrativi i quali, pur sottolineando come “la giurisprudenza comunitaria attribuisce agli Stati la possibilità di scegliere tra il monopolio pubblico sulle scommesse e un regime di concorrenza tra gli operatori presenti sul mercato”, evidenziano che il riconoscimento di questa discrezionalità è comunque sempre accompagnato dall'avvertenza che “la scelta non deve essere sproporzionata rispetto allo scopo perseguito”. In particolare, lo scopo che il diritto comunitario considera adeguato è la tutela del consumatore e non l'incremento delle entrate fiscali.

E nel caso della normativa nazionale, il Tar lombardo ha ravvisato la non compatibilità della normativa sulle scommesse rispetto al diritto comunitario proprio per la previsione di un monopolio pubblico che non persegue effettivamente obiettivi di prevenzione, bensì di entrate pubbliche. Sono quindi da considerare illegittime e vanno disapplicate le relative restrizioni alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi.
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