Salario minimo adeguato: dai dati (eloquenti) alle prossime azioni del Governo
Pubblicato il 11 aprile 2024
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È stata una seduta ricca di sorprese quella che si è svolta in Aula alla Camera dei deputati nella giornata del 10 aprile 2024.
La cronaca parlamentare ci restituisce un quadro, più o meno completo, degli intendimenti sul Governo in ordine ai temi core del momento per datori di lavoro e professionisti.
Tra questi vi sono anche il salario minimo adeguato e la parità retributiva di genere, temi con riferimento ai quali la Camera dei deputati ha approvato la mozione D'Alessio ed altri (la n. 1-00269), come riformulata e il Governo ha risposto all’interrogazione a risposta immediata in Assemblea (la n. 3-01136) presentata dall’On. Mari.
Salari in Italia e negli altri Paesi UE
Partiamo da alcuni dati molto eloquenti.
Come emerge dalla mozione D'Alessio, la crisi da Covid-19 e la guerra in Ucraina hanno aggravato ulteriormente le disuguaglianze di reddito preesistenti in Italia.
Nel 2022 il quintile più ricco della popolazione ha guadagnato oltre cinque volte e mezzo di più rispetto al quintile più povero.
L’aumento medio dei salari in Italia negli ultimi 30 anni si attesta intorno all'1% contro un media dei Paesi Ocse pari al 32,5%.
I dati Inps ci raccontano che, nel 2021, il 43,2% dei giovani under 35 ha guadagnato meno di 10.000 euro lordi e il 39,8% (di cui il 50,9% donne) dei lavoratori under35 ha avuto contratto part time.
L’Istat poi ci dice che, nel 2022, l’aumento nominale dei salari del 3,1% non ha retto l'inflazione media del 5,9%, determinando una diminuizione del 2,8% dei salari reali.
Nel 2022, oltre 944.000 famiglie con reddito da lavoro dipendente vivevano in condizioni di povertà assoluta.
L’Ocse ha rilevato che, nel 2022, la retribuzione media annua lorda in Italia, corretta per il potere d'acquisto, è stata inferiore del 17% rispetto a quella francese e del 31% rispetto a quella tedesca, nonostante il numero medio di ore lavorate risultasse superiore.
Salari in Italia e precarietà contrattuale
I dati illustrati sono complessivamente confermati dall’interrogazione parlamentare (la n. 3-01136) che, in aggiunta, attingendo da uno studio della Cgil, evidenzia che 5,7 milioni di lavoratori dipendenti percepiscono una retribuzione media inferiore a 11 mila euro lordi annui e a questi vanno aggiunti oltre 2 milioni di dipendenti con salari medi inferiori ai 17 mila euro annui per effetto della precarietà contrattuale.
Sul minore salario medio in Italia, si legge nell'interrogazione, incidono fattori come: una maggior quota delle professioni non qualificate, l'alta incidenza del part time involontario, con una percentuale del 57,9%, la più alta di tutta l'Eurozona, e del lavoro a termine che incide per il 16,9%.
Nel 2022 oltre la metà dei rapporti di lavoro cessati ha avuto una durata fino a 90 giorni. Il salario medio dei circa 17 milioni di lavoratori dipendenti del settore privato con almeno una giornata retribuita nell'anno si è attestato a 22.839 mila euro lordi annui di cui il 59,7% ha salari medi inferiori alla media generale ed è composto da oltre 7,9 milioni di dipendenti discontinui e da oltre 2,2 milioni di lavoratori part time.
Venendo poi alle retribuzioni nette nel 2022, la situazione è la seguente:
- 5,7 milioni di lavoratrici e lavoratori hanno guadagnato l'equivalente mensile di 850 euro;
- 2 milioni di dipendenti arrivano a 1.200 euro al mese.
Livelli salariali che sono stati erosi complessivamente del 13,8% dall'inflazione 2022 e 2023.
Gli allunghi della UE e i ritardi della contrattazione collettiva
La direttiva (UE) 2022/2041 del 19 ottobre 2022, forte del principio generale in base al quale tutti i lavoratori hanno diritto ad eque condizioni di lavoro, invita gli Stati membri a garantire l’adeguatezza dei salari minimi, considerando adeguati i salari “equi rispetto alla distribuzione salariale dello Stato membro pertinente” e che “consentono un tenore di vita dignitoso ai lavoratori sulla base di un rapporto di lavoro a tempo pieno”.
La direttiva, si ricorda, in presenza di salari adeguati stabiliti dai contratti collettivi non impone ai Paesi UE l’introduzione di un salario minimo legale, ma invita a promuovere la diffusione dei contratti collettivi al fine di migliorare la tutela garantita dal salario minimo dei lavoratori.
Solo lo Stato membro in cui il tasso di copertura della contrattazione collettiva risulti inferiore alla soglia minima dell'80% è tenuto a prevedere un quadro di condizioni favorevoli alla contrattazione collettiva, per legge a seguito della consultazione delle parti sociali o mediante un accordo con queste ultime nonché a definire un piano d'azione per promuovere la contrattazione collettiva, sottoposto a riesame con cadenza almeno quinquennale.
Se è vero che l’Italia, secondo la relazione del CNEL del 12 ottobre 2023, non è obbligata a introdurre un salario minimo legale, presentando un tasso di copertura della contrattazione collettiva che si avvicina al 100% (il contratto collettivo risulta infatti applicato al 95% dei lavoratori dipendenti secondo i dati 2022) è altrettanto vero che i lunghi ritardi nel rinnovare i contratti collettivi nazionali di lavoro determinano un'elevata percentuale di lavoratori con retribuzioni non rivalutate.
Inoltre l'Italia è l'unico Paese del G7 senza un salario minimo legale.
Salario minimo e divario di genere
Vi è poi una questione non del tutto secondaria, legata al divario di genere.
Nel settembre 2015 tutti i 193 Paesi membri dell'Onu hanno sottoscritto l'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, la quale unisce 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile in un grande programma d'azione per un totale di 169 traguardi.
L'obiettivo 5 si propone di eliminare ogni forma di discriminazione e violenza per tutte le donne, mirando alla parità tra tutte le donne e le ragazze nei diritti e nell'accesso alle risorse economiche, naturali e tecnologiche, nonché alla piena ed efficace partecipazione delle donne e alla pari opportunità di leadership a tutti i livelli decisionali politici ed economici;
La direttiva UE 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio ha stabilito che, per quanto riguarda uno stesso lavoro o un lavoro al quale è attribuito un valore uguale, occorre eliminare la discriminazione diretta e indiretta basata sul sesso e concernente un qualunque aspetto o condizione delle retribuzioni;
La direttiva UE 2023/970, riprendendo la direttiva 2006/54, ha stabilito prescrizioni minime intese a rafforzare l'applicazione del principio della parità di retribuzione per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore tra uomini e donne: tali obiettivi dovranno essere conseguiti, in particolare, tramite la trasparenza retributiva e il rafforzamento dei relativi meccanismi di applicazione
Salario minimo e pari retribuzione: cosa farà il Governo
La mozione D'Alessio, approvata dalla Camera dei deputati il 10 aprile 2024, impegna il Governo a:
- a sostenere iniziative volte ad assicurare, per quanto di competenza, la reale collaborazione con il Parlamento in merito all'attuazione della direttiva UE sul salario minimo;
- a proseguire il dialogo con le parti sociali per rafforzare le misure contro la povertà e la precarietà e per sostenere il lavoro giovanile e femminile;
- ad adottare iniziative volte ad attuare tempestivamente la direttiva UE 2023/970 per la parità retributiva di genere;
- ad adottare iniziative di competenza volte a monitorare l'utilizzo del part time involontario al fine di promuovere interventi normativi specifici finalizzati a disincentivarne la diffusione.
In risposta all’interrogazione parlamentare poi il Governo evidenzia l’interesse che sta ponendo nell’affrontare un tema rilevante come delle basse retribuzioni e del riconoscimento di un salario minimo adeguato.
In tale direzione, evidenzia, vanno le misure già introdotte, come, ad esempio, gli sgravi contributivi e specifici incentivi che favoriscono assunzioni e contratti stabili, in particolare, con l'occupazione di giovani e di donne.
E in tale direzione vanno anche gli interventi volti a aumentare il potere di acquisto come, ad esempio, il taglio del cuneo fiscale.
“Il Governo intende stimolare la professionalità dei lavoratori promuovendo percorsi formativi che possano accrescere le competenze e, conseguentemente, le retribuzioni per lavoro stabile e di qualità”
A tal fine continuerà a impegnarsi nel perseguire l'obiettivo di assicurare ai lavoratori trattamenti retributivi equi e dignitosi:
- rafforzando la contrattazione collettiva e stimolando il rinnovo dei contratti collettivi scaduti;
- prevedendo strumenti volti a favorire il progressivo sviluppo della contrattazione di secondo livello, con finalità adattive, anche per far fronte alle esigenze diversificate derivanti dall'incremento del costo della vita;
- disciplinando modelli di partecipazione dei lavoratori alla gestione e agli utili di impresa, fondati sulla valorizzazione dell'interesse comune tra i lavoratori e l'imprenditore alla prosperità dell'impresa.
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