Rifiuto all’alcoltest. Sospensione della patente non raddoppia
Pubblicato il 25 novembre 2015
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Con sentenze n.ri 46624 e 46625 depositate il 24 novembre 2015, la Corte di Cassazione, Sezioni Unite penali, pare suggerire che vi sia un trattamento meno “aspro” per chi rifiuta di sottoporsi ad alcoltest rispetto a chi invece ne sia risultato positivo. In caso di rifiuto, infatti, non scattano le medesime sanzioni accessorie previste per la positività al test.
Nella prima pronuncia, le Sezioni Unite (sentenza n. 46624) si occupano della vicenda di un conducente condannato per rifiuto di sottoporsi a test alcoolemico ex art. 187 codice della strada, cui era stata comminata la sanzione accessoria della sospensione della patente in misura raddoppiata, appartenendo l’autovettura guidata a soggetto estraneo.
Ma il conducente ricorreva in Cassazione, argomentando che il richiamo operato dall’art. 186 comma 7 (all'ipotesi di riscontrato stato di ebbrezza) andava interpretato come riferito alle sole sanzioni penali, e non anche alle sanzioni amministrative quali - come nella specie - la sospensione della patente, come tale, sottoposta ad un regime autonomo.
Sul punto la Cassazione – facendo proprie dette osservazioni – ha stabilito che il rinvio contenuto nel comma 7 art. 187 codice della strada, deve intendersi limitato alle sole modalità e procedure contenute nell’art. 186 comma 2 c.d.s. che regolano il sistema della confisca del veicolo, con esclusione del rinvio alla disciplina del raddoppio della durata della sospensione della patente di guida, qualora la vettura appartenga a persona estranea al reato.
Conseguentemente, la sospensione della patente che accede, quale sanzione accessoria, al reato di rifiuto al test (e che va da sei mesi a due anni), non deve essere raddoppiata nel caso il veicolo appartenga a soggetto estraneo.
La seconda pronuncia (n. 46625) punta invece sulla differenza ontologica tra conducente il cui stato di ebbrezza è riscontrato (e per il quale è esplicitamente previsto il raddoppio delle sanzioni accessorie in caso di incidente) e quello che rifiuta il test (per il quale detta espressa previsione non sussiste). E non si tratta – chiarisce la Corte dopo ampia disamina delle numerose modifiche intervenute al testo dell’art. 186 c.d.s.) di un difetto di coordinamento, bensì di una precisa scelta del legislatore.
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