Riders: un cambio di passo con la direttiva UE?
Pubblicato il 29 aprile 2024
In questo articolo:
- Riders: fotografia di una realtà complessa
- Riders: disciplina in Italia
- Riders: a chi si applica la direttiva UE
- Riders e nozione di piattaforma di lavoro digitale
- Riders: corretta determinazione della situazione occupazionale
- Riders e uso di algoritmi sul posto di lavoro
- Riders: nuova protezione contro il licenziamento
- Promozione della contrattazione collettiva nel lavoro mediante piattaforme digitali
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Contrastare il lavoro autonomo fittizio nel lavoro mediante piattaforme digitali e, in particolare, dei ciclo-fattorini, i c.d. riders, per consentire il miglioramento delle condizioni di lavoro e un loro esatto inquadramento, anche sotto il profilo previdenziale.
È questo l’obiettivo principale della direttiva (UE) del Parlamento europeo e del Consiglio, approvata in via definitiva il 25 aprile 2024 dal Parlamento UE.
Ma non è il solo.
La direttiva, a cui gli Stati membri dovranno adeguarsi entro due anni, vuole allo stesso tempo superare la frammentazione delle legislazioni nazionali, regolando, per la prima volta e in modo uniforme in assoluto nell'UE, l'uso di algoritmi sul posto di lavoro.
Riders: fotografia di una realtà complessa
Prima di analizzare nel dettaglio i contenuti della direttiva UE adottata in via definitiva dal Parlamento UE, è importante delineare il contesto di partenza.
Attingendo dall’analisi della Commissione europea del 2021, emerge un quadro generale caratterizzato da un alto livello di eterogeneità in termini sia di tipi di piattaforme di lavoro digitali, sia di settori interessati e di attività svolte, nonché di profili delle persone che svolgono un lavoro mediante piattaforme digitali.
Al 2021 risultano più di 500 piattaforme di lavoro digitali attive, molte delle quali sono imprese internazionali che sviluppano le loro attività e i loro modelli di business in diversi Stati membri o a livello transfrontaliero, esponendo le PMI a un concreto rischio di concorrenza sleale.
Oltre 28 milioni sono inoltre le persone impiegate nel settore, cifra che dovrebbe raggiungere i 43 milioni entro il 2025.
Tra queste, 22,5 milioni sono ritenuti correttamente classificati come lavoratori subordinati e, per la grande maggioranza, come lavoratori autonomi.
Per 5,5 milioni di persone esiste invece il concreto rischio di classificazione errata.
Classificazione errata che, oltre ad essere causa di un vivace contenzioso (con oltre 100 sentenze e 15 decisioni amministrative), è fonte di incertezza economica e di inadeguatezza delle tutele sociali riconosciute ai lavoratori che prestano l'attività lavorativa mediante piattaforme digitali.
Riders: disciplina in Italia
La disciplina italiana che regola il lavoro svolto mediante piattaforme digitali è contenuta nel decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, come modificato dal decreto legge 3 settembre 2019, n. 101, convertito con modificazioni in Legge 2 novembre 2019, n. 128.
Il Capo V bis riconosce ai riders tutele differenziate a seconda della natura della loro attività, riconducibile alla nozione generale di etero-organizzazione (articolo 2 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81), ovvero a quella di lavoro autonomo (articolo 47 bis del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81), ferma restando la possibilità che l'attività sia invece qualificabile quale prestazione di lavoro subordinato ai sensi dell'art. 2094 del Codice civile (cfr. anche circolare del Ministero del lavoro n. 17 del 19 novembre 2020 e la circolare n. 7 del 30 ottobre 2020 dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro).
Ai riders autonomi sono riconosciute specifiche tutele economiche e normative.
Il legislatore prevede inoltre l'obbligo di eseguire le comunicazioni obbligatorie (CO) secondo le specifiche modalità definite dal decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 31 del 23 febbraio 2022 (articolo. 27, comma 2 decies, decreto Legge 6 novembre 2021, n. 152, convertito con modificazioni in Legge 29 dicembre 2021, n. 23).
Riders: a chi si applica la direttiva UE
Ampio è l'ambito di applicazione della direttiva UE, che interessa tutte le piattaforme di lavoro digitali che organizzano il lavoro mediante piattaforme digitali svolto nell'Unione, a prescindere dal luogo di stabilimento e dal diritto altrimenti applicabile.
Riders e nozione di piattaforma di lavoro digitale
Una particolare importanza va attribuita alle definizioni generali e, in particolare alla definizione, di "piattaforma di lavoro digitale"
Per “piattaforma di lavoro digitale", si legge nella direttiva UE, si intende qualsiasi persona fisica o giuridica:
- che fornisce un servizio, almeno in parte, a distanza con mezzi elettronici quali un sito web o un'applicazione mobile, su richiesta di un destinatario del servizio;
- tale servizio comporta, quale componente necessaria ed essenziale, l'organizzazione del lavoro svolto dalle persone fisiche a titolo oneroso, indipendentemente dal fatto che tale lavoro sia svolto online o in un determinato luogo, nonché l'uso dei sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati.
NOTA BENE: L'art. 47-bis del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, al comma 2, definisce "piattaforme digitali i programmi e le procedure informatiche utilizzati dal committente che, indipendentemente dal luogo di stabilimento, sono strumentali alle attività di consegna di beni, fissandone il compenso e determinando le modalità di esecuzione della prestazione"
Riders: corretta determinazione della situazione occupazionale
La direttiva UE impone agli Stati membri di disporre procedure adeguate ed efficaci per verificare e garantire la corretta determinazione della situazione occupazionale delle persone che svolgono un lavoro mediante piattaforme digitali, al fine di accertare l'esistenza di un rapporto di lavoro quale definito dal diritto, dai contratti collettivi o dalle prassi in vigore negli Stati membri, tenuto conto della giurisprudenza della Corte di giustizia.
La determinazione dell'esistenza di un rapporto di lavoro si basa principalmente sui fatti relativi all'effettiva esecuzione del lavoro, compreso l'uso di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati nell'organizzazione del lavoro mediante piattaforme digitali, indipendentemente dal modo in cui il rapporto è classificato in un eventuale accordo contrattuale tra le parti interessate.
La sussistenza di un rapporto di lavoro può essere accertata anche attraverso l'applicazione della nuova presunzione legale che opera a favore del lavoratore.
In particolare, si presume che il rapporto contrattuale tra una piattaforma di lavoro digitale e una persona che svolge un lavoro mediante tale piattaforma sia un rapporto di lavoro quando si riscontrano fatti che indicano un potere di controllo o direzione, conformemente al diritto nazionale, ai contratti collettivi o alle prassi in vigore negli Stati membri, tenuto conto della giurisprudenza della Corte di giustizia.
Spetta alla piattaforma di lavoro digitale l’onere di provare che il rapporto contrattuale in questione non è un rapporto di lavoro quale definito secondo le stesse fonti di diritto.
Va al riguardo segnalato che la direttiva UE estente l'applicazione della presunzione legale a tutti i pertinenti procedimenti amministrativi o giudiziari in cui è in gioco la corretta determinazione della situazione occupazionale della persona che svolge un lavoro mediante piattaforme digitali.
A tale regola generale fanno eccezione solo i procedimenti che riguardano questioni fiscali, penali e di sicurezza sociale, procedimenti a cui tuttavia gli Stati membri possono applicare la presunzione legale n base al diritto nazionale.
Riders e uso di algoritmi sul posto di lavoro
La direttiva UE, a tutela del lavoratore, riconosce che la persona che esegue un lavoro su piattaforma non può essere allontanata o licenziata sulla base di una decisione presa da un algoritmo o da un sistema decisionale automatizzato.
Viene peraltro imposto alle piattaforme di garantire in tutti i casi il controllo umano su decisioni importanti che incidono direttamente sulle persone che svolgono un lavoro tramite piattaforme digitali.
Gli Stati membri devono imporre infatti alle piattaforme di lavoro digitali di informare le persone che svolgono un lavoro mediante piattaforme digitali, i rappresentanti dei lavoratori delle piattaforme digitali e, su richiesta, le autorità nazionali competenti, in merito all'uso di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati.
Tali informazioni devono essere fornite alle persone che partecipano a una procedura di assunzione o di selezione prima dell'avvio delle procedure, in modo conciso e devono riguardare solo i sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati utilizzati nella procedura.
Gli Stati membri devono prevedere limitazioni del trattamento dei dati personali mediante sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati.
Le piattaforme di lavoro digitali non possono trattare dati personali relativi allo stato emotivo o psicologico della persona che svolge un lavoro mediante piattaforme digitali ovvero relativi a conversazioni private, compresi gli scambi con altre persone che svolgono un lavoro mediante piattaforme digitali e i loro rappresentant, o dati biometrici.
Esclsuso anche il trattamento dei dati personali per desumere l'origine razziale o etnica, lo status di migrante, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, la disabilità, lo stato di salute, comprese le malattie croniche o la sieropositività, lo stato emotivo o psicologico, l'adesione a un sindacato, la vita sessuale o l'orientamento sessuale di una persona.
Le piattaforme di lavoro digitali non raccolgono inoltre dati personali quando la persona che svolge un lavoro mediante piattaforme digitali non sta svolgendo un lavoro mediante le stesse o non si sta offrendo per svolgerlo.
Gli Stati membri dovranno provvedere affinché le persone che svolgono un lavoro mediante piattaforme digitali abbiano il diritto di ottenere, senza indebito ritardo, una spiegazione dalla piattaforma di lavoro digitale per qualsiasi decisione presa o sostenuta da un sistema decisionale automatizzato.
La spiegazione, in forma orale o scritta, è presentata in modo trasparente e intelligibile, utilizzando un linguaggio semplice e chiaro.
Riders: nuova protezione contro il licenziamento
La direttiva UE sancisce l'obbligo per dli Stati membri di adottare tutti i provvedimenti necessari al fine di vietare il licenziamento, la risoluzione del contratto, o l'adozione di misure equivalenti, e ogni misura destinata a preparare il licenziamento, la risoluzione del contratto o l'adozione di misure equivalenti, di persone che svolgono un lavoro mediante piattaforme digitali per il fatto di aver esercitato i diritti previsti dalla stessa direttiva.
Alle persone che svolgono un lavoro mediante piattaforme digitali e che ritengono di essere state ingiustamente licenziate è riconosciuto il diritto di chiedere alla piattaforma di lavoro digitale di fornire i motivi debitamente giustificati del licenziamento, della risoluzione del contratto o di qualsiasi misura equivalente.
La piattaforma di lavoro digitale è tenuta a fornire le motivazioni richieste, per iscritto e senza indebito ritardo.
Promozione della contrattazione collettiva nel lavoro mediante piattaforme digitali
Viene infine previsto che gli Stati membri, fatta salva l'autonomia delle parti sociali e tenendo conto della diversità delle prassi nazionali, adottino misure adeguate per promuovere il ruolo delle parti sociali e incoraggiare l'esercizio del diritto alla contrattazione collettiva nel lavoro mediante piattaforme digitali.
La direttiva, a seguito dell’adozione formale anche del Consiglio UE, sarà pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'UE.
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