Riciclaggio: amministratore di diritto non automaticamente responsabile

Pubblicato il



Riciclaggio: amministratore di diritto non automaticamente responsabile

Condotte illecite poste in essere dai gestori di fatto? L'amministratore di diritto della società non può essere ritenuto responsabile solo perché ha assunto la carica.

Non sussiste, infatti, un obbligo generalizzato che imponga di vigilare sulla regolare osservanza di qualsiasi norma penale da parte dei soggetti comunque coinvolti nelle attività sociali.

E' stato confermato, dalla Corte di cassazione, l'annullamento della misura cautelare degli arresti domiciliari, per come disposta dal GIP nei confronti dell'amministratore di diritto di una società, indagato dei reati di associazione a delinquere, riciclaggio e reimpiego di denaro.

La Suprema corte, con sentenza n. 43969 del 18 novembre 2022, ha aderito alle conclusioni cui era giunto il Tribunale della libertà, secondo cui l'avere ricoperto, l'indagato, la carica di amministratore di diritto, quale mero prestanome delle società utilizzate per la consumazione di una serie di condotte di riciclaggio e reimpiego di denaro, non poteva, di per sé, integrare la gravità indiziaria dei delitti contestati.

Non vi era, infatti, alcuna prova della condivisione delle finalità elusive né della consapevolezza, al momento dell'accettazione della carica fittizia, della strumentalizzazione di quella società alla realizzazione di attività di riciclaggio ed autoriciclaggio, per come poste in essere da parte degli amministratori di fatto della compagine.

Questi ultimi, trovati in possesso della documentazione relativa alle società e anche dei codici bancari utilizzati per effettuare bonifici, risultavano coloro che esercitavano in concreto i poteri gestori.

L'accettazione della gestione altrui, ciò posto, non poteva comportare anche l'accettazione delle singole azioni delittuose commesse da altri, in assenza di qualsiasi elemento a dimostrazione della consapevolezza, in capo all'indagato, delle finalità elusive delle operazioni.

Responsabilità degli amministratori di diritto

Nel confermare tali argomentazioni, gli Ermellini hanno richiamato quanto affermato dalla giurisprudenza di Cassazione sul tema della responsabilità dell'amministratore di diritto.

E' stato così osservato che, nei reati tributari, la prova del dolo specifico del prestanome può essere desunta dal complesso dei rapporti tra lo stesso e l'amministratore di fatto, nell'ambito dei quali assumono decisiva valenza la macroscopica illegalità dell'attività svolta e la consapevolezza di tale illegalità. Con particolare riferimento, poi, al reato di omessa presentazione della dichiarazione, si è sottolineato che, mentre l'amministratore di fatto risponde quale autore principale, quello di diritto è responsabile a titolo di concorso per omesso impedimento dell'evento, a condizione che ricorra l'elemento soggettivo richiesto dalla norma incriminatrice.

Secondo la Corte, tali considerazioni riferite ai reati tributari - per i quali, peraltro, incombe sull'amministratore di diritto l'onere della regolare tenuta delle scritture e del pagamento delle imposte - dovevano a maggior ragione essere ribadite in relazione alla posizione del prestanome a fronte di condotte di riciclaggio e autoriciclaggio, compiute dai gestori di fatto della società.

Concorso nel reato del prestanome

Se l'amministratore di diritto è certamente tenuto, come detto, alla tenuta delle scritture contabili e al regolare pagamento delle imposte, non sussiste invece né potrebbe altrimenti prevedersi - se non in violazione del principio di tassatività della norma penale - una previsione che impone all'amministratore delle persone giuridiche di vigilare sulla regolare osservanza di qualsiasi norma penale da parte dei soggetti comunque coinvolti nelle attività sociali.

Le condotte come quelle nella specie contestate costituiscono un quid pluris rispetto alle semplici attività di evasione fiscale, richiedendo la prova che, attraverso le attività di quella società, siano state effettuate operazioni mirate a sostituire il profitto illecito dei reati commessi.

Di conseguenza, la responsabilità a titolo di concorso sotto il profilo soggettivo può essere affermata solo in presenza di indici rivelatori del concorso morale, vale a dire della consapevolezza da parte dell'amministratore di diritto che la società verrà utilizzata anche per il compimento di azioni di quel particolare tipo, non essendo sufficiente una generica consapevolezza della destinazione della struttura ad attività di elusione fiscale.

Nella fattispecie esaminata, tale dimostrazione sembrava mancare, poiché il ricorso della Procura si dilungava in un'analisi dei precedenti giurisprudenziali, senza però in nessun modo illuminare circa i rapporti concreti che sussistevano tra l'indagato e i gestori di fatto.

Per contro, la responsabilità dell'amministratore di diritto per le condotte poste in essere da questi ultimi poteva essere affermata solo in applicazione dei criteri generali sul dolo nel concorso di persone ex art. 110 c.p.

Le medesime conclusioni e i medesimi principi sono stati richiamati dalla Corte di cassazione anche nella sentenza n. 43968, depositata sempre il 18 novembre 2022, relativamente ad una collegata vicenda processuale.

Allegati

Ricevi GRATIS la nostra newsletter

Ogni giorno sarai aggiornato con le notizie più importanti, documenti originali, anteprime e anticipazioni, informazioni sui contratti e scadenze.

Richiedila subito