Reato di indebita percezione per chi autocertifica il falso per ricevere più aiuti statali

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Reato di indebita percezione per chi autocertifica il falso per ricevere più aiuti statali

Commette reato di indebita percezione la professionista che presenta una dichiarazione dei redditi falsa per ottenere un finanziamento garantito dallo Stato, dichiarando, inoltre, di aver subito danni all’attività d’impresa a causa del Covid, anche se i redditi 2019 e 2020 sono rimasti invariati rispetto a quelli del 2018.

A precisarlo è la Corte di Cassazione nella sentenza n. 2125, depositata il 18 gennaio 2022.

Indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato

Il caso di specie vede coinvolta una professionista che subito dopo l’inizio dell’emergenza sanitaria causata dalla pandemia da Covid accedeva ad un prestito erogato dalla banca, avvalendosi della garanzia del Fondo garanzia PMI, come previsto dal decreto legge n. 23/2020 (cosiddetto Decreto "Liquidità").

Dalle indagini condotte dalla Guardia di Finanza emergeva la falsità della dichiarazioni dei redditi presentata per ottenere il finanziamento.

Inoltre, visto che in base alla normativa richiamata l’importo finanziabile era pari al 25% del reddito e comunque non superiore a 25mila euro, la professionista aveva ottenuto un finanziamento garantito dallo Stato superiore a quello che le poteva essere concesso. Carente era anche il presupposto che l’attività d’impresa fosse stata danneggiata dall’emergenza Covid-19.

Inizialmente, il Gip ha ritenuto che il reato contestabile fosse quello di truffa aggravata (articolo 640-bis del Codice penale), per poi riquaificare l’illecito nell’indebita percezione di erogazioni a danni dello Stato (articolo 316-ter), disponedo il sequestro preventivo della somma.

La misura viene confermata da parte del Tribunale del riesame e l’interessata ricorre in Cassazione, che respinge il ricorso.

L’intervento del Fondo di garanzia è aiuto pubblico

Nell’analizzare il caso, i Supremi giudici rilevano che tutti gli interventi di sostegno alle attività effettuati dalle amministrazioni pubbliche rientrano nella nozione di finanziamento pubblico, come anche i crediti di imposta, i bonus fiscali e le concessioni di garanzie. Stessa considerazione vale anche per la garanzia del Fondo, rilasciata alle condizoni previste dalla legge per agevolare l’erogazione di finanziamenti concessi ai soggetti che possono beneficiarne.

Da rilevare, inoltre, come l’assunzione della garanzia da parte del Fondo centrale sia automatica e come l’erogazione del finanziamento sia subordinata alla verifica formale del possesso dei requisiti da parte del soggetto finanziatore.

Dato, però, che la garanzia a carico del Fondo garanzia Pmi si distingue dalle altre agevolazioni che comportano l’impiego di risorse pubbliche in cui lo Stato è il diretto finanziatore che eroga il prestito, il tema centrale che viene affrontato – con riferimento al caso di specie – è quello della delimitazione della rilevanza penale delle due fattispecie di reati contestati: art. 316-ter e art. 640-bis del Cofice penale.

Queste fattispecie sono state spesso oggetto di controversie, facendo entrambe rifeirmento alla nozione di “contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate”, e distinguendosi tra loro per aspetti che riguardano non la tipologie delle erogazioni a carico dello Stato, ma soltanto per le modalità con cui tali erogazioni vengono conseguite dai beneficiari

Discrimine tra truffa aggravata e indebita percezione

La Suprema Corte ricorda come il discrimine tra i due reati abbia trovato una definitiva e condivisa soluzione nella sentenza n. 16568/2007 delle Sezioni Unite della Corte, che ha affermato che i due reati sono in rapporto di specialità e non di sussidiarietà, così che l’indebita percezione è configurabile solo quando difettino nella condotta gli estremi della truffa.

Infatti, nel caso dell’indebita percezione di cui all’art. 316-ter il soggetto erogatore è chiamato esclusivamente ad operare una presa d’atto dell’esistenza della formale dichiarazione da parte del privato del possesso dei requisiti autocertificati e non anche a compiere un’autonoma attività di accertamento.

Chiariti i rappoti tra i due reati, la Corte ritiene ora che il reato configuarbile per il caso analizzato sia quello di cui all’articolo 316 ter del Codice penale, trattandosi della condotta di chi consegue una garanzia sulla base di una autodichiarazione che attesti la ricorrenza dei requisiti necessari, in realtà non sussistenti.

Tale condotta “non costituisce raggiro integrante una truffa con l’inganno” del solo finanziatore, dal momento che quest’ultimo non era tenuto a svolgere alcun accertamento sulla veridicità del contenuto delle autocertificazioni e di conseguenza non poteva essere indotto in errore.

Da qui la conferma che nell’indebita percezione di erogazioni pubbliche, che integra il reato di cui all’articolo 316-ter, rientra non solo l’ottenimento di una somma di denaro, ma anche la prestazione di una garanzia pubblica, quale quella rilasciata dallo Stato per l’erogazione al privato del finanziamento previsto dal decreto “Liquidità”.

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