Reati tributari. Sequestro ridotto di valore dopo l'accertamento con adesione
Pubblicato il 15 marzo 2022
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La Corte di cassazione ha provveduto ad annullare, con rinvio, l'ordinanza con cui il Tribunale del riesame aveva rigettato l'istanza di riduzione del valore del sequestro preventivo avanzata da un uomo, indagato in ordine al reato di dichiarazione fraudolenta.
L'istanza era stata presentata a seguito dell'accertamento con adesione tra lo stesso e l'Agenzia delle Entrate, con successivo pagamento di quanto concordato.
Con sentenza n. 8564 del 14 marzo 2022, la Suprema corte ha richiamato alcuni principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di reati tributari e applicazione di misure cautelari.
Ha, in particolare, rammentato l'assunto secondo cui il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del profitto del reato, corrispondente all'ammontare dell'imposta evasa, può essere legittimamente mantenuto fino a quando permane l'indebito arricchimento derivante dall'azione illecita, che cessa con l'adempimento dell'obbligazione tributaria.
Allo stesso modo, nel caso di parziale adempimento del debito tributario a seguito dell'accordo di rateizzazione ed alla conseguente riduzione del profitto illecito e della confisca, non v'è dubbio che il sequestro non possa essere mantenuto - né la confisca possa essere disposta - sull'intero ammontare del profitto derivante dal mancato pagamento dell'imposta evasa, dovendo il quantum essere ridotto in misura corrispondente ai ratei versati per effetto della convenzione.
Diversamente opinando, infatti, verrebbe a determinarsi una inammissibile duplicazione sanzionatoria, in contrasto con il principio secondo il quale l'ablazione definitiva di un bene non può mai essere superiore al vantaggio economico conseguito dall'azione delittuosa.
Nel caso in esame, quindi, ciò che rilevava, ai fini del mantenimento del sequestro in funzione della successiva confisca, era se l'evasione fiscale originata dal reato ipotizzato fosse stata o meno elisa dal pagamento delle imposte dovute per gli anni a cui le contestazioni si riferivano: se risultava che il debito nei confronti del Fisco fosse stato onorato non sarebbe residuato più un profitto di reato suscettibile di confisca.
I richiamati principi - ha puntualizzato la Corte - hanno trovato sostanziale codificazione nell'art. 12 bis D. Lgs. n. 74/2000, introdotto dal D. Lgs. n. 158/2015, il cui secondo comma prevede che "la confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all'erario anche in presenza di sequestro".
Su questo punto, tuttavia, l'ordinanza impugnata, pur dando atto del pagamento delle imposte dovute per come quantificate nell'accordo con adesione, era priva di motivazione.
Da qui la declaratoria di annullamento della decisione, con rinvio al Tribunale del riesame per un nuovo esame di merito.
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