Reati tributari. Messa alla prova positiva? No alla confisca
Pubblicato il 21 novembre 2019
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E’ legittimo disporre la confisca per equivalente quando sia stata dichiarata l’estinzione del reato di evasione fiscale a seguito di esito positivo della messa alla prova?
La risposta a questo interrogativo è stata resa dalla Corte di cassazione, con sentenza n. 47104 del 20 novembre 2019.
La Suprema corte si è pronunciata nell’ambito di una vicenda in cui il Tribunale, in un processo penale per omesso versamento di Iva, aveva dichiarato di non doversi procedere nei confronti dell’imputato, in quanto il reato a lui ascritto era estinto per esito positivo della messa alla prova.
Contestualmente, però, aveva disposto la confisca per equivalente di quanto sottoposto a sequestro preventivo.
L’imputato aveva impugnato quest’ultima statuizione, asserendo che la confisca per equivalente, ordinata ai sensi dell’articolo 12-bis del D. Lgs. n. 74/2000, poteva essere applicata, in realtà, solo in presenza di sentenza di condanna o di patteggiamento e non, invece, insieme alla decisione di estinzione del reato emessa ai sensi degli articoli 464-septies c.p.p. e 168-ter c.p.
Reato di omessa Iva estinto, confisca annullata
Doglianza, questa, ritenuta fondata dalla Corte di legittimità la quale, aderendo alle ragioni del ricorrente, ha deciso di annullare, senza rinvio, la decisione di merito, limitatamente alla disposta confisca che, così, è stata eliminata.
Nella pronuncia, la Terza sezione penale ha ricordato come la confisca per equivalente, per espressa previsione normativa, può essere disposta solo con la sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti, e ciò in considerazione della sua natura tipicamente penale.
Si tratta di una misura ablatoria che, non costituendo sanzione amministrativa accessoria, non può essere ordinata con sentenza con la quale il reato contestato venga dichiarato estinto per esito positivo della prova.
In detta ultima ipotesi, infatti, potrebbero applicarsi solo le sanzioni amministrative accessorie, ove previste dalla legge.
In definitiva – ha concluso la Corte – la declaratoria estintiva non può essere equiparata alla pronuncia di una sentenza di condanna, in quanto prescinde dall’accertamento della penale responsabilità.
Messa alla prova, condizioni
La messa alla prova, si rammenta, è un istituto previsto dall’articolo 168-bis c.p. che, in presenza di determinati presupposti, permette di sospendere il processo penale in attesa dei risultati raggiunti dall’imputato, salvo poi riprenderlo in caso di esito negativo.
La sospensione per messa alla prova può essere concessa:
- per reati puniti con la sola pena pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a 4 anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, nonché per i delitti indicati dal comma 2 dell'articolo 550 del c.p.p.;
- una sola volta;
- salvo i casi in cui l’imputato sia stato dichiarato delinquente abituale o per tendenza.
A seguito della sospensione del procedimento, l'imputato viene affidato all'ufficio di esecuzione penale esterna per lo svolgimento di un programma di trattamento che prevede la prestazione di condotte volte all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato.
Al termine del periodo fissato, il giudice valuta in udienza l’esito della prova e, in caso positivo, dichiara l’estinzione del reato.
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