Reati tributari a carico del Cda: responsabilità solidale
Pubblicato il 23 agosto 2023
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A fronte di un sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente posto a carico di un membro di consiglio di amministrazione di una società cooperativa integrata sociale per i reati ex articoli 2 e 8 del decreto legislativo 74/2000, viene presentato ricorso in Cassazione.
Motivo del ricorso è, secondo la difesa, l’attribuzione da parte del tribunale di una responsabilità “da posizione”, fondata sul solo ruolo rivestito dall'inquisito in seno alla società nel periodo sotto indagine.
Dunque, oggetto della causa è la responsabilità dei membri del consiglio di amministrazione per i reati tributari: sul punto si esprime la Corte di cassazione, terza sezione penale, con sentenza n. 35314 pronunciata il 22 agosto 2023.
Amministratori di società: responsabilità
I giudici ricordano che è l’art. 2392 del codice civile a prevedere che gli amministratori devono adempiere ai doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze; essi sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza di tali doveri, a meno che si tratti di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di funzioni in concreto attribuite a uno o più amministratori.
Da ciò emerge che va distinto il caso in cui il consiglio di amministrazione operi con o senza deleghe.
E’, dunque, stabilito il principio per cui tutti i consiglieri sono responsabili in solido degli illeciti deliberati dal Cda, anche se non decisi da tutti i componenti.
L’eccezione è il caso:
- di attribuzioni delegate al comitato esecutivo;
- dell’esternazione dell’opinione in contrasto da parte del consigliere dissenziente e immune da colpa.
Nella fattispecie trattata, posta l’assenza di deleghe, deve concludersi per la responsabilità solidale dei componenti dei reati ascritti.
Fatture per operazioni inesistenti: concetto
Per quanto concerne il “fumus commissi delicti” alla base del sequestro, la Corte di legittimità rammenta come rientrano tra le fatture per operazioni inesistenti anche quelle che si connettono al compimento di un negozio giuridico apparente diverso da quello realmente intercorso tra le parti.
E’, infatti, pacifico in giurisprudenza come oggetto della sanzione di cui all’art. 2 del Dlgs. 74/2000 è ogni tipo di divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale, tenuto conto dello speciale coefficiente di insidiosità che si connette all’utilizzazione della falsa fattura.
Pertanto, è reato anche il caso di inesistenza relativa (l’operazione è avvenuta ma per quantitativi inferiori a quelli descritti in fattura) e di sovrafatturazione qualitativa (se la fattura attesta la concessione di beni o servizi con prezzi maggiori di quelli forniti).
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