Professionisti: niente risarcimento per sanzione disciplinare ridotta in appello

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Professionisti: niente risarcimento per sanzione disciplinare ridotta in appello

Va esclusa la sussistenza di un diritto al risarcimento del danno in favore del professionista solo perché una decisione disciplinare è stata modificata in sede di impugnazione.

L’unica eccezione a tale regola deriverebbe dalla dimostrazione che l’organo disciplinare abbia adottato un provvedimento abnorme o al di fuori dei suoi poteri.

Così la Corte di cassazione, Terza sezione civile, con ordinanza n. 2816 del 5 febbraio 2025, pronunciata in riferimento a una controversia avente ad oggetto la richiesta di risarcimento danni avanzata da un commercialista nei confronti dell’Ordine professionale di appartenenza che gli aveva irrogato la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione.

Negato il risarcimento danni chiesto dal commercialista

La richiesta di risarcimento

Il professionista aveva lamentato che l’immediata esecuzione della sanzione, successivamente ridotta in appello alla sola censura, gli aveva arrecato danni economici, reputazionali e personali.

Secondo la sua tesi, l’Ordine avrebbe dovuto adottare un atteggiamento più prudente, evitando di mettere in esecuzione la sanzione disciplinare prima della decisione definitiva.

A suo avviso, la riduzione delle sanzioni in sede di impugnazione dimostrava che la decisione originaria fosse eccessiva, e dunque ingiusta.

La conseguenza diretta di questa erronea applicazione della disciplina era un danno patrimoniale e morale di cui l’Ordine avrebbe dovuto rispondere.

Il rifiuto del risarcimento da parte dei giudici di merito  

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano negato il risarcimento al commercialista, escludendo la responsabilità dell’Ordine, che aveva agito nel rispetto della normativa.

Secondo i giudici di merito, l’esecutività immediata delle sanzioni disciplinari, prevista dall’art. 55 del Decreto Legislativo n. 139/2005, non imponeva la sospensione automatica del provvedimento impugnato.

Inoltre, la riduzione della sanzione in appello non costituiva di per sé un danno ingiusto, a meno che non fosse dimostrata un’anomalia o un abuso da parte dell’Ordine, ipotesi non verificata nel caso concreto.

Il rigetto definitivo da parte della Cassazione  

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di merito, ribadendo che l’esecuzione della sanzione disciplinare non configura di per sé un illecito suscettibile di risarcimento.

Il principio fondamentale affermato dalla Suprema Corte è che il risarcimento del danno può essere riconosciuto solo in presenza di un illecito civile ai sensi dell’art. 2043 del Codice civile, il che implica la violazione di una norma giuridica e la produzione di un danno ingiusto.

Nel caso in esame, l’Ordine dei commercialisti territoriale si era limitato ad applicare una sanzione prevista dall’ordinamento professionale, nel rispetto della disciplina vigente.

L’eventuale modifica della sanzione in appello non rappresentava un errore giuridicamente rilevante, né un presupposto per la responsabilità risarcitoria.

Difatti, laddove si ammettesse che sia sufficiente la riduzione di una sanzione in grado di impugnazione per configurare un diritto al risarcimento, si arriverebbe a una distorsione del sistema, attribuendo una forma di responsabilità oggettiva alle autorità disciplinari ogniqualvolta la loro decisione venga riformata.

Le conclusioni della Cassazione

La Corte di Cassazione, in definitiva, ha escluso la sussistenza di un diritto al risarcimento per il solo fatto che la sanzione disciplinare fosse stata modificata in appello.

Di conseguenza, il ricorso è stato rigettato e il commercialista è stato condannato alle spese processuali.

Tabella di sintesi della decisione

Sintesi del caso Un dottore commercialista aveva chiesto il risarcimento per danni subiti a seguito dell'esecuzione immediata di una sanzione disciplinare, poi ridotta in appello.
Questione dibattuta Se l'immediata esecuzione della sanzione disciplinare, poi riformata, possa costituire un danno ingiusto e dare diritto a un risarcimento.
Soluzione della Cassazione La Cassazione ha negato il risarcimento, confermando che l’immediata esecutività delle sanzioni è legittima e non costituisce un danno ingiusto, salvo provvedimenti abnormi, non provati in questo caso.
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