Professionista con conto estero per le entrate in nero risponde di sottrazione fraudolenta
Pubblicato il 27 luglio 2017
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E’ stato confermato, anche in sede di legittimità, il sequestro preventivo di una somma di oltre 800mila euro disposto nei confronti di un professionista, un avvocato, imputato del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.
L’accusa era di aver compiuto atti fraudolenti al fine di sottrarsi alla procedura di riscossione coattiva del debito tributario esistente a suo carico, atti che si erano sostanziati nel non dichiarare l’esistenza di somme di cui egli, in realtà, aveva disponibilità, nel non aver compilato il quadro RW della dichiarazione dei redditi, nell'essersi presentato come finanziariamente incapiente ed aver ottenuto, in questo modo, una rateizzazione del debito con il Fisco.
La decisione di legittimità
A fronte del ricorso del professionista, il quale sollecitava alla Corte di cassazione una “lettura alternativa e più favorevole” degli elementi di fatto già valutati dal Tribunale del riesame in ordine al fumus commissi delicti, i giudici di legittimità hanno ricordato, in primo luogo, come una valutazione di tal genere non fosse loro consentita.
Ad ogni modo, per la Cassazione – sentenza n. 37136 del 26 luglio 2017 – la doglianza doveva essere disattesa alla luce della logica motivazione con cui, in sede di riesame, era stato ritenuto sussistente il fumus, in coerenza con le numerose risultanze processuali.
Nel dettaglio, il Tribunale, in risposta alle censure difensive, aveva ancorato il fumus del reato al vasto compendio probatorio, costituito anche da intercettazioni telefoniche e ambientali, da cui era emersa la disponibilità di ingenti somme in un conto corrente estero sul quale erano confluiti i pagamenti “in nero” delle parcelle relative all’attività professionale del ricorrente, somme che, come anticipato, non erano state indicate nel quadro RW della dichiarazione dei redditi ed erano state rimpatriate in maniera occulta in occasione di trasferte e viaggi.
Questo, senza contare che, per quanto riguarda i debiti che l’avvocato aveva con l’Erario, lo stesso si era dichiarato incapiente al fine di ottenere una rateizzazione.
Confermato il sequestro preventivo del profitto
Per la Terza sezione penale di Cassazione, in definitiva, era da ritenere corretto che il Tribunale del riesame avesse giudicato sussistente, in capo all’imputato, la condotta del reato di sottrazione fraudolenta.
Il complesso delle operazioni poste in essere, infatti, aveva comportato una diminuzione, anche se non totale, della garanzia patrimoniale generica offerta dal patrimonio del debitore fiscale.
Il sequestro preventivo del profitto del reato, quindi, andava confermato.
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