Privacy: Pec dei professionisti senza spam

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Privacy: Pec dei professionisti senza spam

Il Garante per la Privacy ha vietato l’invio, senza consenso, di e-mail promozionali a liberi professionisti, utilizzando i loro indirizzi di Pec.

Lo ha fatto attraverso un provvedimento rivolto ad una società che, dopo aver reperito, on line, gli indirizzi Pec di avvocati, commercialisti, revisori contabili, consulenti del lavoro e notai, attraverso modalità contrarie ai principi fondamentali sul trattamento dei dati personali, aveva poi spedito a questi diverse e-mail pubblicitarie, coinvolgendo più di 800mila professionisti.

Nel dettaglio, gli indirizzi Pec, oltre ad essere stati trattati senza consenso, erano stati reperiti in modo illecito dal registro Ini-Pec, dal sito www.registroimprese.it e dagli elenchi pubblicati da alcuni ordini provinciali, con modalità, ossia, contrarie ai principi di liceità e correttezza nonché di finalità. Ne derivava l’illiceità del trattamento effettuato.

Il Garante ha, quindi, proibito l'ulteriore trattamento dei dati personali raccolti, con prescrizione, altresì, di cancellazione dei dati trattati in violazione di legge senza ritardo, e comunque entro e non oltre 30 giorni dalla ricezione del provvedimento.

Lo si apprende dalla Newsletter del Garante n. 438 del 28 febbraio 2018, dove è stata data anche notizia di un ulteriore provvedimento in tema di accesso civico e sentenze integrali.

Parere su accesso civico a sentenze integrali

L’Autority, in particolare, ha reso il proprio parere su un’istanza di accesso agli atti avanzata ad un Comune da parte di un’associazione e che aveva ad oggetto la copia integrale delle sentenze e dei provvedimenti di condanna al pagamento di somme in favore dell'ente, nonché di tutti i procedimenti di riscossione ancora aperti.

E’ stata condivisa, da parte del Garante, la scelta dell'Ente comunale di concedere solo parzialmente quanto richiesto, consegnando all'associazione solo un elenco anonimo, contenente gli elementi oggetto dell'interesse pubblico alla trasparenza, compresi il numero di sentenza con anno di emanazione, l'autorità giudiziaria, l'oggetto della lite, lo stato attuale dell'azione esecutiva intrapresa dall'Amministrazione e l'eventuale riscossione.

Negli atti giudiziari richiesti in integrale, infatti, erano contenute informazioni delicate dei soggetti coinvolti, come la qualità di debitore, l'impossibilità di restituire le somme a causa di un Isee basso, l'esistenza di vertenze in materia di lavoro, o altri dati di tipo sensibile e giudiziario.

L’istanza di accesso civico agli atti giudiziari – ha concluso il Garante - deve essere valutata con attenzione dalla Pa, in modo tale da evitare un'indiscriminata diffusione di informazioni delicate sulle persone coinvolte.

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