Permessi retribuiti per grave infermità

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Ai sensi dell’art. 4, comma 1, Legge n. 53 dell’8.3.2000, i lavoratori dipendenti hanno diritto ad un permesso retribuito di tre giorni lavorativi all'anno in caso di decesso o di documentata grave infermità:

• del coniuge;
• di un parente entro il secondo grado;
• del convivente, purché la stabile convivenza risulti da certificazione anagrafica.

La disciplina di dettaglio relativa ai suddetti permessi è regolamentata dal D.M. n. 278 del 21.7.2000 (Regolamento recante disposizioni di attuazione dell'articolo 4 della Legge 8 marzo 2000, n. 53).

Soggetti


Innanzitutto, dall’analisi del Decreto emerge che i soggetti per i quali è possibile fruire dei permessi in questione sono:

• il coniuge, anche legalmente separato;
• un parente entro il secondo grado, anche non convivente;
• un soggetto componente la famiglia anagrafica del lavoratore.

Modalità

Ai sensi dell’art. 2, del DM n. 278/2000, per fruire del permesso, l'interessato deve previamente comunicare al proprio datore di lavoro l'evento che dà titolo al permesso nonché i giorni nei quali intende utilizzarlo.

I giorni di permesso devono essere utilizzati entro sette giorni dal decesso o dall'accertamento dell'insorgenza della grave infermità o della necessità di provvedere a conseguenti specifici interventi terapeutici.

Tra i giorni di permesso non sono considerati i festivi e i non lavorativi.

Modalità alternative

In caso di grave infermità dei soggetti sopraelencati, il lavoratore può - in alternativa all'utilizzo dei giorni di permesso – concordare, con il datore di lavoro, diverse modalità di espletamento dell'attività lavorativa, anche per periodi superiori a tre giorni.

In tal caso, però, l'accordo va stipulato in forma scritta, sulla base della proposta del lavoratore, e nello stesso vanno indicati i giorni di permesso sostituiti dalle alternative modalità di espletamento dell'attività.

Le diverse modalità devono comportare una riduzione dell'orario di lavoro complessivamente non inferiore ai giorni di permesso che vengono sostituiti.

ESEMPIO 1

Un dipendente lavora 5 gg. la settimana per 8 ore al giorno. Nel caso in cui vorrà sostituire un giorno di permesso con diverse modalità di espletamento dell’attività lavorativa, la sostituzione potrà comportare una riduzione della prestazione pari ad 8 ore.

Spetterà al lavoratore proporre la loro distribuzione in un periodo determinato in base alle sue necessità (ad esempio 1 ora di prestazione lavorativa in meno per 8 giorni lavorativi, oppure 2 ore per 4 giorni, ecc.).

ESEMPIO 2

Un dipendente lavora 6 gg. la settimana per 6 ore al giorno. Nel caso in cui vorrà sostituire due giorni di permesso con diverse modalità di espletamento dell’attività lavorativa, la sostituzione potrà comportare una riduzione della prestazione pari a 12 ore.

Spetterà al lavoratore proporre la loro distribuzione in un periodo determinato in base alle sue necessità (ad esempio 1 ora di prestazione lavorativa in meno per 12 giorni lavorativi, oppure 3 ore per 4 giorni, ecc.).

Importante è la previsione ex art. 1, comma 4, DM n. 278/2000, in forza della quale è necessario che:

• nell'accordo fra datore e lavoratore vengano anche indicati i criteri per le eventuali verifiche periodiche della permanenza della grave infermità;
• la riduzione dell'orario di lavoro, conseguente alle diverse modalità concordate, deve avere inizio entro sette giorni dall'accertamento dell'insorgenza della grave infermità o della necessità di provvedere agli interventi terapeutici.

Grave infermità

La questione relativa all’identificazione della casistica che rientri nella grave infermità che dà diritto alla fruizione dei permessi retribuiti ex art. 4, comma 1, Legge n. 53/2000, è sempre stata un problema per i datori di lavoro ed i lavoratori in quanto non esiste una norma che fornisca un elenco esaustivo delle patologie riconducibili al concetto di “grave infermità”.

In data 10.6.2008, con la risposta ad un interpello (n. 16/2008) il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali sostenne che, per fruire dei permessi in questione, il richiedente avrebbe dovuto fornire al proprio datore una certificazione di accertamento clinico-diagnostico rilasciata dalla competente struttura medico-legale che poteva esprimere il proprio giudizio circa la natura dell’infermità, facendo riferimento alla documentazione sanitaria proveniente da strutture sanitarie pubbliche.

Quindi, sulla scorta di quanto sopra, nel caso in cui il lavoratore presenti un certificato che attesti la “grave infermità”, rilasciata da struttura pubblica, non ci sarebbe sicuramente nessun problema di interpretazione ma in alternativa spetterebbe alle strutture medico legali delle AA.SS.LL. territorialmente competenti, rilasciare la certificazione afferente la valutazione in termini di grave infermità del soggetto di cui all’art. 1 comma 1, del D.M. n. 278/2000.

Tuttavia, lo stesso Ministero è dovuto tornare sulla questione con la nota prot. 16754 del 25.11.2008, in quanto le strutture medico legali delle AA.SS.LL. si sono dichiarate non disponibili a rilasciare la suddetta certificazione in quanto:

• non sussistono riferimenti normativi concernenti i criteri di riscontro delle ipotesi di grave infermità, salve le disposizioni contenute nel D.M. del Ministero della Difesa del 26/03/1999;
• le stesse non intendono esprimere una valutazione sul merito delle certificazioni clinico-diagnostiche rilasciate dagli specialisti.

In considerazione dei detti motivi, riesaminando la problematica il Ministero del Lavoro ha constatato che il concetto di grave infermità, pur non trovando un’espressa definizione nelle norme di legge, costituisce una species del più ampio genus dei gravi motivi indicati nell’art. 2, comma 1, lett. d) del D.M. n 278/2000.

La citata nota ministeriale ha concluso che le patologie elencate nel D.M. n. 278/2000, c.1, lett. d), numeri da 1 a 4, possono dunque essere considerate figure sintomatiche della grave infermità.

Quindi, in pratica, si possono considerare gravi infermità le situazioni derivanti dalle seguenti patologie:

1) patologie acute o croniche che determinano temporanea o permanente riduzione o perdita dell'autonomia personale, ivi incluse le affezioni croniche di natura congenita, reumatica, neoplastica, infettiva, dismetabolica, post-traumatica, neurologica,neuromuscolare, psichiatrica, derivanti da dipendenze, a carattere evolutivo o soggette a riacutizzazioni periodiche;
2) patologie acute o croniche che richiedono assistenza continuativa o frequenti monitoraggi clinici, ematochimici e strumentali;
3) patologie acute o croniche che richiedono la partecipazione attiva del familiare nel trattamento sanitario;
4) patologie dell'infanzia e dell'età evolutiva aventi le caratteristiche di cui ai precedenti numeri 1, 2, e 3 o per le quali il programma terapeutico e riabilitativo richiede il coinvolgimento dei genitori o del soggetto che esercita la potestà.

Contrattazione collettiva

Si sottolinea, infine, che il D.M. n. 278/2000 all’art. 4, comma 1, fa salve le più favorevoli previsioni della contrattazione collettiva in materia.

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Norme e prassi

Art. 4, comma 1, Legge n. 53/2000
Art. 2, Dm n. 278 del 21.7.2000
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali - Interpello n. 16/2008
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali - Nota prot. 16754 del 25.11.2008
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